Andrea Lepone: Riflessioni in chiaroscuro
Recensione di Alberto Raffaelli
La poesia del ventiquattrenne Andrea Lepone è una meditazione sul “nostro” (“suo”, “universale” che dir si voglia) posto nel mondo. Sull’essere in cammino dal mattino alla sera, dal giorno alla notte: facile quindi individuare il motivo del titolo, ispirato da questo riflettere in chiaroscuro, nei diversi momenti del dì e del buio accompagnati dalle rispettive luci e ombre, com’è naturale e fisiologico che sia…
Ma quello che si evince da questa raccolta è anche un lavoro sul linguaggio, come nota Angelo Nardi nella sua “Prefazione” individuandone uno dei perni ispirativi nel differenziarsi “dal poetizzante tipicamente giovanile per porsi nel canone della poesia” (in base a una distinzione adatta per l’analisi creativa delle ultime generazioni).
Decenni di sperimentazioni e avanguardismi hanno condotto sempre più a considerare i confini e le qualità dello scrivere versi: anche Andrea Lepone s’inserisce in questa scia, raccontando pensieri, dubbi ed emozioni che infarciscono il suo cammino. Per forma e contenuto, “Riflessioni in chiaroscuro” è un esempio di disamina praticabile dalle persone sensibili su quella “somma forma di comunicazione” tra gli umani – la poesia, appunto –, che però oggi conserva la propria altezza in una maniera sommessa, sacrificata non solo nell’apparato mediale e sociale, ma spesso anche nelle gerarchie tra i generi.
Ma Andrea con le sue liriche intende dimostrare proprio come la poesia conservi uno straordinario potere di resistenza, una capacità di andare oltre la constatazione di uno scacco dell’esistenza e di intravedere qualcosa, bypassando le tentazioni del nichilismo. Si può invece progettare una salvezza e mirare a nuove sintesi (mentre quelle vecchie si sono rivelate illusorie), superando “la perversa dittatura dell’egocentrismo” che riduce gli individui a ruoli di “ribelli condannati”.
La parola in “Riflessioni in chiaroscuro” ha immagini potenti, dense, tra il simbolico che rinvia a grandi verità e l’immanenza del concreto. Molte ed eterogenee le influenze dichiarate dall’autore (Dylan Thomas, Montale, Bukowski), ripercosse su una scrittura “forte” e dagli accostamenti talvolta ermetici, ma che mantiene, se non una scorrevolezza, una certa “liquidità” d’impostazione: nei versi scorrono pensieri e immagini, ma sempre con una presenza di un io consapevole non troppo nascosto, che distanzia i componimenti di Andrea Lepone dal flusso di coscienza.
In definitiva questa raccolta comunica i risultati di una ricerca che nello scoprirsi ardua, difficoltosa, all’apparenza persino poco appagante, sembra raggiungere il proprio scopo nella conferma di uno degli assiomi più gratificanti del fare poesia/arte: la consapevolezza che quest’ultima è forse la maggiore opportunità posseduta dall’uomo per lasciare una traccia nella Storia.
La Macina Onlus Editore – Roma, 2018
Grazie ad Alberto Raffaelli per l’ottima recensione.
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