Cannavacciuolo allo Stadio Olimpico

Sarà un’intera giornata dedicata al mondo della ristorazione quella del 19 aprile, quando lo chef Antonino Cannavacciuolo replicherà il fortunato evento formativo dello scorso 9 novembre a Milano in una delle più ambite location della Capitale.

Patron del Relais & Chateaux Villa Crespi, lo chef stellato è divenuto noto e amato al grande pubblico per vestire i panni del Gordon Ramsey nostrano nella versione italiana del programma “Cucine da Incubo”, lo show televisivo record di ascolti, dove il suo compito è quello di aiutare i ristoranti in crisi a scongiurare il rischio della chiusura. Inoltre, in qualità di nuovo giudice e conduttore di Masterchef Italia, si è trovato a lavorare fianco a fianco con giovani aspiranti cuochi ai quali sta rivelando i suoi segreti per diventare davvero dei numeri uno della cucina.

Antonino CannavacciuoloQuesto è un po’ anche quello che farà il prossimo martedì all’interno della suggestiva cornice dello Stadio Olimpico di Roma dove, insieme a formatori del settore che collaborano con lui da anni, darà l’occasione a molti imprenditori e futuri cuochi professionisti di apprendere tutti i consigli utili a trasformare un ristorante in un’impresa di successo. “Pure tu vuoi fare lo chef?” è uno show formativo che si propone come un grande momento di aggregazione, formazione e carica per chi ogni giorno decide di intraprendere il mestiere della ristoratore, uno dei più belli e difficili al mondo: durante l’evento, infatti, verranno approfonditi i temi legati al successo delle imprese con la presentazione di “case history” ed esempi pratici d’immediata applicazione per tutti. In quattro momenti diversi della giornata poi, lo Chef Antonino si cimenterà in spettacolari show cooking durante i quali mostrerà come creare piatti straordinari in maniera semplice e creativa, dando a tutti l’opportunità di portarsi a casa i veri “trucchi” del mestiere; non mancherà, per alcuni fortunati estratti, l’occasione di partecipare direttamente alla performance dal vivo.

Insieme allo chef Cannavacciuolo interverranno:

Paolo Toffanello: conduttore dell’evento, consulente e business coach che collabora da diversi anni con lo Chef e con lui ha studiato e promosso l’iniziativa.

Flavio Cabrini: formatore, esperto di motivazione del personale e gestione delle risorse umane.

Bruno Bruni: formatore e consulente per l’incremento delle abilità di vendita e comunicazione in sala.

Stefano Quarta: Restaurant advisor che ha costruito il suo successo nella bellissima terra del Salento aiutando più di 100 ristoratori ad ottenere più visibilità e a migliorare la propria offerta al pubblico

Rudy Bandiera: noto esperto di digital branding e di strategie di comunicazione per promuoversi e posizionarsi sul mercato.

Per info:

www.antoninocannavacciuolo.it

Una domenica a teatro: “La Storia di mezzo”

Quando la realtà supera la fantasia è possibile che quella di un uomo che si suicida perché ha perso il lavoro si trovi ad essere il tragico spunto che la cronaca fornisce ad un autore per tornare a raccontare qualcosa. Egli dunque lo interiorizza e poi restituisce al suo pubblico vestito di nuovo, così trasformato da non poter più scivolare addosso come quando era ancora una delle tante cattive notizie ascoltate per caso al telegiornale. Questo Gabriele Mazzucco lo sa o, quantomeno, questa è l’impressione che si ha quando, uscendo dal teatro, si cerca di ricostruire il percorso che lo ha portato a scrivere “La Storia di mezzo”. Eppure durante l’intervista ci aveva anticipato che la sua esperienza personale nel mondo del lavoro mista alla percezione della realtà circostante erano state la principale fonte di ispirazione; ciò che invece difficilmente avremmo potuto immaginare è quello che abbiamo visto sul palco.

Dopo il suo licenziamento, il trentenne Simone (Luca Restagno) decide che legarsi un cappio al collo è l’unica cosa che gli è rimasta da fare; è un uomo così insicuro che, quando apre gli occhi e si ritrova sdraiato a terra con la corda penzolante, stenta a credere di essere riuscito in qualcosa una volta tanto. Tuttavia, ancora non del tutto convinto, inizia a vagare per casa cercando il coraggio di ripetere il gesto. Quasi per caso, ad interromperlo in questo momento così delicato intervengono per farlo ragionare una serie di personaggi, dal bizzarro portiere (Gigi Palla) e la sua infelice moglie (Federica Orrù) alle personificazioni dei suoi animali domestici, la seducente gatta Cleopatra (Chiara Fiorelli) e Nino (Andrea Alesio), il pesce rosso ubriacone: persino l’incarnazione della sua passione per la musica, l’androgina ed inevitabilmente hippie musa Angie (Armando Sanna), non gli risparmia il discorsetto. Come per magia quella sera sono tutti lì a svelargli finalmente i segreti di un’esistenza felice, tutti riuniti nel pozzo dove il suo gesto l’aveva gettato a ricordargli e ad insegnarli qualcosa durante l’ultimo passaggio della vita dopo la morte. Adesso Simone ha capito e non vede l’ora di tornare indietro; sarà però una pallottola a ricordargli che purtroppo non è più possibile e che il suo destino ormai è di rimanere in quel pozzo.

La scenografia essenziale ma completa, ricca di colori anche vivaci, fa da sfondo a quella che si rivela essere una commedia che prende le mosse dall’iniziale tragedia avuta luogo quella notte in quel salotto, a casa del protagonista. Spettacolo complesso ed originale, presenta situazioni comiche e surreali piene di battute e riferimenti sempre freschi e mai banali arricchite da un dovuto tributo al dialetto romanesco che, lungi dall’appesantire le scenette caricaturandole, viene utilizzato per delineare con precisione i contorni dei personaggi.

Mazzucco e Orrù: la loro “Storia di mezzo”

Sarà il Teatro S. Luigi Guanella di Roma ad ospitare gli attori della Compagnia degli Arti che questo venerdì, sabato e domenica torneranno a calcare il palco per riproporre, con un cast in parte rinnovato, una pièce dai toni comici ma con un grande significato sociale.

Gabriele Mazzucco, autore e regista dello spettacolo, e Federica Orrù, attrice co-protagonista, rispondono ad alcune domande sulla rappresentazione e ci raccontano la loro esperienza da artisti.

Dopo recente successo, questo weekend torna in scena “La Storia di mezzo”, lo spettacolo record di presenze e incassi nella stagione 2014-2015 del teatro romano Ambra alla Garbatella nonché vincitrice dei premi Thealtro 2012 e Teatro Araldo di Torino. Gabriele, è pronto per questo nuovo debutto?

– Non credo di essermi mai sentito realmente pronto prima di un debutto. Il carico di ansie che mi porto prima di qualsiasi replica riesco ad alleggerirlo solo nel momento dei ringraziamenti. Spesso si trasforma in gioia, altre volte in rabbia (se qualcosa non è andata come volevo); diciamo che vivo in modo profondo e viscerale ogni rappresentazione, dalle prime fasi fino all’ultima replica. Quando seguo gli spettacoli dalla regia ripeto una dopo l’altra le battute in parallelo agli attori in scena. Spesso mi lascio andare a digressioni e valutazioni in tempo reale. Molti colleghi o amici che hanno visto con me in regia i miei spettacoli, parlano del mio modo di vivere le repliche come “di uno spettacolo nello spettacolo”: il bello è che in quel momento non me ne accorgo assolutamente.

Scritta nel 2009, questa che lei stesso definisce una “tragicommedia”, diventata anche un libro, racconta la storia di un neo-licenziato, una figura che ormai siamo tristemente abituati a conoscere. Com’è nata l’ispirazione?

– Erano gli anni in cui studiavo all’università e parallelamente vivevo di lavori saltuari: impiegato in più sale scommesse, cameriere, organizzatore di tornei di calcetto, buttafuori. Intorno a me vedevo i miei coetanei affannati nella ricerca del posto fisso; in realtà sentivo che il precariato estremo sarebbe stato il nostro futuro e che il posto fisso ormai apparteneva al passato o comunque a pochi, pochissimi privilegiati. Di qualche anno ho anche tristemente anticipato i tanti casi di suicidio che ci sarebbero stati con l’avvento della crisi. Immaginavo che questo cambio radicale della percezione del lavoro, unito alle tante spese e allo stile di vita ai quali eravamo abituati, avrebbero preso alla sprovvista fino alla disperazione tante persone. Purtroppo i fatti si sono rivelati tali… nonostante le tante parole di certi politici.

Come e in quale misura i toni comici e le situazioni a tratti surreali hanno aiutato a raccontare quella che invece è una realtà di disperazione assoluta? Quali sono stati, se ne hai incontrati, invece i limiti?

– La disperazione, il dramma, la tragedia raccontate per come sono non mi hanno mai interessato. Siamo capaci tutti a piangere quando le cose ci fanno male; alcuni invece riescono meglio a controllare il proprio dolore evitando le lacrime. Diverso è riuscire a trasformare il pianto in riso: lì c’è una volontà che somiglia tanto alla vita, è spirito di adattamento ed istinto di sopravvivenza. La risata è una ricchezza che va oltre qualsiasi situazione e che per quanto mi riguarda non mostra limiti, se non forse quello di non essere presi subito sul serio. Le persone superficiali ad esempio non prendono sul serio le risate ma a me viene soltanto da ridere.

C’è qualcosa di autobiografico in questa opera oppure si è semplicemente lasciato ispirare dalla realtà circostante?

– Come detto la società in cui sono cresciuto mi ha sicuramente ispirato; in egual misura ha avuto una forte influenza anche il mio ambiente famigliare e quello degli amici più stretti che ho frequentato dai 16 fino ai 26 anni (quando ho scritto La Storia di mezzo). C’è un po’ di tutto e un po’ di pochi in questo mio testo. Credo sia per questo che piaccia ad un pubblico così ampio di persone.

A proposito della sua formazione, in un’occasione si è trovato a riportare le parole di chi usa definire la sua Dams (Disciplina delle Arti, della Musica e dello Spettacolo) la “laurea del nulla”, un titolo che le avrebbe potuto assicurarle soltanto una carriera da eterno precario. Secondo la sua esperienza, il futuro di chi sceglie di fare dell’arte il proprio mestiere è davvero così incerto?

Ora il futuro è incerto per tutti. Negli anni a cavallo tra la nuova realtà e la percezione che la gente aveva di quanto stava succedendo ho scelto di seguire l’istinto e di buttarmi a capofitto nel mestiere del precario per antonomasia… l’artista. Se proprio devo vivere come vogliono loro, mi sono detto, almeno voglio farlo a modo mio.

Anche Federica Orrù, attrice professionista, sarà sul palco durante questo weekend. Cosa ci può raccontare del suo personaggio senza svelare troppo gli intrighi della trama?

– Il personaggio che interpreterò è quello di Maria, moglie del protagonista Simone. Maria è una perfetta donna moderna, divisa tra lavoro, casa, palestra e problemi di coppia. Una donna che ha voglia di vivere ed essere felice ma insoddisfatta di quello che la vita le sta offrendo e che non fa più nulla per nascondere questa sua infelicità anche se nel profondo del suo cuore nutre ancora la speranza che le cose, un giorno, possano cambiare… saranno gli avvenimenti improvvisi e continui a decidere che direzione prenderà la sua vita e quella di tutta la sua bizzarra famiglia.

Ha intrapreso la strada della recitazione perfezionandosi per anni e lavorando per la televisione, il cinema e il teatro. Quanto incide avere una buona preparazione per chi decide di dedicarsi a questa professione?

– Credo che Il mestiere dell’attore sia sicuramente uno dei più impegnatavi a livello di studio e preparazione tecnica: diventare attore è prima di tutto un lavoro su sé stessi e un percorso di studio intenso, che una volta intrapreso, richiede approfondimento continuo e costante e che può e deve durare l’arco di un’intera carriera. Ritengo quindi che la preparazione sia fondamentale, come in tutti i campi della vita, per diventare dei professionisti, ma allo stesso tempo c’è bisogno che la tecnica appresa diventi un connubio inscindibile anche con un qualcosa che è un di più, qualcosa che è simile ad una specie di “magia”, qualcosa che non si può insegnare: talento, personalità, fantasia, immaginazione, curiosità, espressività, vissuto personale… e tutto quello che del proprio mondo interiore l’attore riesce a comunicare al pubblico, in quel modo che dovrà essere solo suo, attraverso il personaggio che sta interpretando in quel momento.

Quale consiglio si sente di dare a chi ha timore di inseguire il proprio sogno da performer?

– Come già detto non è un mestiere semplice, bisogna determinarsi e volerlo veramente essendo disposti ad affrontare i sacrifici che richiede ma anche pronti a ricevere le grandi soddisfazioni che può dare. Iniziare dai primi passi. Per cui suggerirei di provare, con entusiasmo e serietà, ad incontrarlo quel sogno, quello che ognuno sa e conosce dentro di sé.

Progetti futuri sui quali sentite di poterci dare qualche anticipazione?

Finite le rappresentazioni de “La Storia di mezzo” inizieremo a lavorare su un monologo che porteremo in scena a maggio al Teatro Ambra alla Garbatella. In scena ci sarà Andrea Alesio per la regia di Gigi Palla. Il testo ancora lo sto rivedendo per proporre qualcosa che sia profondamente stimolante per noi e per il pubblico. Dimenticavo, il titolo del monologo è “Il Catamarano”.

Seconda tappa del Vanilla Tour

Quella del 3 aprile sarà una domenica all’insegna del buon cibo e del divertimento. A partire dalle ore 9, per il suo secondo appuntamento, il tour gastronomico “Vanilla” farà tappa a Roma, in via Oderisi da Gubbio (zona Marconi) proponendo un viaggio alla scoperta del territorio, delle bellezze e dei sapori tipici del nostro Paese.Vanilla

Ispirati dal motto del filosofo e scrittore Francois de La Rochefoucauld, il quale, già nel ‘600, scriveva “Mangiare è una necessità. Mangiare intelligentemente è un’arte”, si potrà fare una passeggiata tra i numerosi stand che esporranno le migliori produzioni di molte realtà artigianali emergenti tra le più innovative: questo permetterà di conoscere e di confrontarsi con i produttori locali che offriranno la possibilità di fare la spesa a chilometro zero oppure di ordinarla per riceverla direttamente a casa.

Tra le tante proposte, ampio spazio sarà dedicato ai prodotti biologici con “Vanilla Bio”: un’alimentazione sana ed equilibrata è alla base del benessere sia fisico che mentale e le aziende dedicate ci dimostreranno come sia possibile mantenerla ed al contempo rispettare l’ambiente. E per gli amanti della tradizione assaggi e curiosità per mantenere il contatto con il meglio della gastronomia e dell’arte culinaria italiana.

Ci sarà anche, e soprattutto, da divertirsi: due i laboratori a tema gratuiti per bambini durante i quali i futuri chef potranno insegnare i segreti del cake design oppure la lavorazione dei “dolci portafortuna”. In ambito sportivo, invece, a partire dalle 16 gli atleti della Freestyle Italia intratterranno il pubblico con palleggi, evoluzioni ed acrobazie sul tema del calcio.Vanilla 2

Laboratori gratuiti per bambini:

Ore 10.30 “Zuccherando”, laboratorio di cake design. Tema: la primavera

Ore 16.30 “Caramellando”, laboratorio di pasticceria. Tema: la fortuna

Ore 16.00 acrobazie di calcio a cura degli atleti della Freestyle Italia

Le uova di Pasqua tra storia e leggenda

Mai come quest’anno le origini pagane e quelle cristiane della Pasqua si fondono sotto il segno dell’arrivo della bella stagione: solo il 20 marzo scorso, infatti, abbiamo assistito al tanto atteso Equinozio di Primavera ed è fra poco, il 27 marzo, che festeggeremo una tra le più importanti ricorrenze legate alla religione cristiana.

Ostera o Eostre erano i nomi della dea anglosassone della primavera (da cui poi il termine inglese “Easter” per indicare la festività), ma ancora prima Iside per gli Egizi, Ishtar per i Babilonesi, Afrodite per i Greci, Venere per i Romani e Ashtoreth per gli Ebrei; per secoli ogni civiltà ha venerato la propria divinità protettrice della fertilità che, come tale, si manifestava agli uomini sotto forma di bel tempo ed abbondanza. E certamente non mancavano, già all’epoca, cerimonie e riti propiziatori organizzati allo scopo di celebrare il periodo più fecondo dell’anno e delle quali ancora oggi manteniamo alcune usanze.

Uova di Pasqua 2Una di queste è senz’altro l’attenzione dedicata alle uova, il simbolo della vita per eccellenza. Per gli ebrei costituiscono da secoli una delle pietanze servite durante la celebrazione di Pesach per ricordare la liberazione dalla schiavitù attraverso la fuga dall’Egitto. Con l’avvento del Cristianesimo le celebrazioni religiose, di fatto, assorbirono l’antica festa pagana arricchendo le tradizioni di nuovi significati: le uova, che già gli antichi Egizi decoravano e donavano ai loro pari o, in segno di adorazione, agli dèi, divennero il simbolo della resurrezione di Cristo per via del loro guscio resistente e simile alla pietra (quella del sepolcro) posto a protezione di una nuova vita (quella di Gesù dopo la morte).

Nel Medioevo venne ripresa l’usanza di decorarle e donarle agli schiavi oppure, in Germania e nei paesi del nord Europa, regalarle la domenica di Pasqua: a partire da questo momento iniziarono a trasformarsi in veri e propri oggetti di lusso grazie all’aggiunta di metalli e pietre preziose. Fu poi il famoso gioielliere e orafo russo Peter Carl Fabergè che, negli anni ’80 dell’Ottocento, creò, su commissione dello zar, il primo uovo di platino smaltato di bianco contenente un ulteriore uovo d’oro e ben due doni, una miniatura della corona e un pulcino.

Ancora, sembrerebbe che sempre negli stessi anni venne introdotto il costume di preparare uova di cioccolato per abbellire ed addolcire i banchetti pasquali delle corti francesi e tedesche dell’epoca: dapprima completamente pieni, poi vuoti per contenere una piccola sorpresa, questi dolci erano delle vere e proprie specialità artigianali. Soltanto dopo la Seconda Guerra Mondiale la produzione delle uova di cioccolato si fece industrializzata per giungere poi numerosi sugli scaffali dei nostri supermercati.