Le aperture del FAI accolgono la primavera

Sarà un weekend all’insegna dell’arte, della bellezza e delle occasioni quello del 19 e 20 marzo quando tutti gli appassionati, e non solo, potranno partecipare alle Giornate FAI di Primavera 2016. Giunge infatti alla sua 24ª edizione il più importante evento di piazza dedicato ai beni culturali del nostro Paese: sabato e domenica sarà possibile effettuare oltre 900 visite straordinarie a contributo libero in 380 località in tutte le regioni d’Italia.

Venezia, Teatro Verde, Fondazione Cini

Venezia, Teatro Verde, Fondazione Cini

Durante questi due giorni di aperture eccezionali i visitatori avranno l’opportunità di accedere a luoghi e ammirare monumenti che di solito sono chiusi, invisibili o spesso ignorati perché frequentati abitualmente: si tratta di aree archeologiche, villaggi industriali, palazzi, percorsi naturalistici, borghi, giardini, chiese, musei, castelli ma anche stazioni, fabbriche e porti che i giovani volontari e Apprendisti Ciceroni del FAI faranno rivivere attraverso il racconto delle loro storie, anche in lingua, grazie al progetto “Arte. Un ponte tra culture” dedicato a tutti i cittadini stranieri che vorranno partecipare.

Siamo tutti invitati ad andare, dunque, e ad approfittare di questa occasione per conoscere, imparare e confrontarsi; le Giornate FAI di Primavera sono aperte a tutti, ma un trattamento di favore verrà riservato agli iscritti all’associazione e a quelli che intenderanno iscriversi durante il weekend. A chi sostiene la Fondazione con partecipazione e concretezza saranno dedicate visite esclusive, corsie preferenziali ed eventi speciali. È già il secondo anno consecutivo, infatti, che questa iniziativa conclude la settimana di raccolta fondi dedicata dalla Rai ai beni culturali e al progetto FAI “Insieme cambiamo l’Italia”, attraverso la quale vengono raccontati i luoghi e le storie che testimoniano la varietà, la bellezza e l’importanza del nostro patrimonio artistico-culturale.

E anche se l’elenco delle aperture è molto lungo e ricco di interessanti sorprese, vale la pena segnalare alcune tra le proposte in giro per le numerose regioni: si parla, ad esempio, dell’l’Istituto Storico e di Cultura dell’Arma del Genio, a Roma, chiuso per un lungo periodo a causa di lavori di restauro, nella cui area museale sono raccolte impo

rtanti testimonianze di ingegneria e architettura militare e della Villa del Sovrano Militare Ordine di Malta sull’Aventino con gli interventi architettonici di Giovanni Battista Piranesi; a La Spezia, invece, sarà aperto il Deposito rotabili storici di Fondazione FS Italiane, costruito nel 1936, un’area vastissima dove sono conservati rotabili in perfetto stato che hanno fatto la storia della ferrovia; ancora, a Matera si andrà alla scoperta della Chiesa di Santa Maria della Valle: chiusa al pubblico da moltissimi anni, è la più grande chiesa rupestre della città.

L’elenco completo è disponibile al sito www.giornatefai.it

Peggy Guggenheim: una vita per l’arte

“Peggy Guggenheim: art addict” è il titolo del nuovo documentario di Lisa Irmondino Vreeland in uscita domani nelle principali sale cinematografiche italiane. Per lei l’esordio dietro alla macchina da presa risale a quattro anni fa quando, cimentandosi per la prima volta nella creazione di qualcosa del genere, portò sul grande schermo, per la gioia di tutti gli appassionati del settore, la storia di un’icona della moda: con “Diana Vreeland: The Eye Has to Travel” ha aperto una finestra sulla vita e la carriera di una delle giornaliste e pilastri del mondo del fashion, nonché nonna di suo marito.

Locandina Peggy Guggenheim
Quest’anno torna con l’obiettivo di fare lo stesso regalo ai fanatici dell’arte raccontando la storia di una donna che ha fatto del collezionismo lo scopo della propria esistenza. Il film racconta le affascinanti vicende della vita dell’eccentrica mecenate Marguerite, Peggy, Guggenheim attraverso le sue stesse parole: basato sull’unica biografia autorizzata, il libro di Jacqueline Bogard Weld “Peggy: The Wayward Guggenheim”, la pellicola prende spunto ed insieme sostanza da una vecchia registrazione che la stessa Weld credeva fosse andata perduta; è grazie alla voce di Peggy che tutto il progetto si anima e si realizza, anche attraverso l’alternarsi di documenti originali e interviste appositamente realizzate per delineare il profilo di una donna all’avanguardia.

Figlia di Benjamin Guggenheim e Florette Seligman, Marguerite nasce a New York nel 1898 in una famiglia che aveva costruito la sua fortuna lavorando nell’industria del metallo. Dapprima la morte del padre nel naufragio della nave Titanic, poi quella dell’amata sorella, costituiscono il fondamento tragico della sua infanzia e del suo carattere ribelle. Le due guerre mondiali, e in mezzo il fermento culturale che hanno caratterizzato i primi cinquant’anni del ventesimo secolo, hanno fatto il resto nel dare forma al carattere di un personaggio che ha svolto un ruolo centrale nella nascita e nell’affermazione di tutte le avanguardie artistiche a lei contemporanee. Peggy non collezionava soltanto l’arte, ma anche gli artisti: le sue vicende personali hanno visto entrare a far parte della sua vita per frequentazioni, affari o matrimoni, figure come quella di Samuel Beckett, Max Ernst, Jackson Pollock, Marcel Duchamp e molti altri. Nonostante fu costretta a lottare per fronteggiare le difficoltà della sfera privata, riuscì fortunatamente a mantenere sempre alta l’attenzione sul mondo a lei circostante, abilità che le permise di costruire una delle più importanti collezioni d’arte moderna del mondo.

Lo Spartacus del Bolshoi – Il balletto al cinema

Anche quest’anno si rinnova l’appuntamento che Nexo Digital e Pathè Live propongono per far incontrare due mondi apparentemente lontani ma in realtà molto vicini come quello del teatro e del cinema. Domenica 13 marzo alle ore 16, infatti, in oltre trenta sale cinematografiche sparse per tutto il Paese verrà trasmesso via satellite “Spartacus”, il balletto ispirato alle eroiche vicende dello schiavo-gladiatore.

Spartacus 1

Registrato dal vivo a Mosca, l’Orchestra del Bolshoi Teatro Accademico di Stato con i solisti del Bolshoi e il Corpo di Ballo e le Etoiles del Bolshoi presentano la storia di Spartaco proprio come raccontata nel romanzo dello scrittore, patriota e politico nostro connazionale Raffaello Giovagnoli nella seconda metà del 1800. A coreografarlo il maestro Yuri Grigorovic che, dalla sceneggiatura originale di Nikolai Volkov, con le musiche del compositore e pianista di origini armene Aram Il’ič Chačaturjan, ha contribuito a rendere lo spettacolo famoso in tutto il mondo già dal 1968, anno della prima rappresentazione.

Nell’antica Roma, Spartaco, re della Tracia, viene fatto prigioniero insieme all’amata Frigia per volere del generale Crasso; separato dalla moglie, è costretto a combattere come gladiatore, schiavo al servizio dei suoi padroni. Fino al giorno della rivolta: circondato dai propri compagni schiavi guida l’insurrezione contro l’esercito oppressore che si conclude con una temporanea vittoria di Spartaco su Crasso. Il generale romano, infatti, desidera vendicarsi a tutti i costi e per farlo si serve dell’aiuto di Egina, una cortigiana a lui interessata, che raggira i gladiatori del re della Tracia facendo fallire la loro rivolta. Spartaco viene crocifisso e alla moglie Frigia non rimane che prendersi cura delle sue spoglie e affidare al cielo la memoria del suo amato.

Questa spettacolare produzione è un tour de force epico in grado di dare piena espressione alla virilità e forza per le quali ballerini del Bolshoi sono rinomati: il primo ballerino Mikhail Lobukhin è perfetto nel ruolo del leggendario gladiatore, insieme a Svetlana Zakharova, Egina, e Vladislav Lantratov, Crasso.

Teatro ed impegno sociale: la parola ad Isabel Russinova

Fare informazione non è semplice, soprattutto quando si tratta di argomenti come quello dei matrimoni forzati e precoci; sensibilizzare le coscienze intorpidite dalla sovraesposizione mediatica è un compito ancora più arduo. Amnesty International Italia, in collaborazione con l’Università degli Studi di Roma Tre, ha voluto ed è riuscita a farlo attraverso una campagna che, tra gli altri, ha saggiamente sfruttato tutta la potenza comunicativa del teatro per raggiungere questo scopo. Isabel Russinova, in qualità di testimonial dell’organizzazione, per supportare questa iniziativa ha messo a disposizione tutto il talento e l’esperienza di un’artista che, attrice professionista da molti anni, ha dimostrato quanto ancora si possa fare sfruttando la magia dell’interpretazione.

La intervistiamo per farci raccontare come ha vissuto questa esperienza.

ISABEL RUSSINOVA
A una settimana di distanza dalla ricorrenza della festa della donna è salita sul palco del Teatro Palladium di Roma per interpretare “Safa e la sposa bambina”, un racconto tristemente ispirato alla storia vera di una donna siriana. Il tema della condizione femminile nei paesi devastati dalla guerra del Medioriente è tanto scottante quanto attuale, anche se poco presente nei discorsi dei media generalisti. Quali sono stati i vantaggi e quali le difficoltà di parlarne alla maniera del teatro?

– La scrittura teatrale permette di animare personaggi e storie focalizzando sentimenti, drammi e ansie: il protagonista compie azioni, ricorda e descrive anche le proprie emozioni. Questo lo avvicina a chi ascolta e così qualcosa di quel personaggio, di quella storia, entra dentro di noi e finisce per appartenerci: possiamo riconoscere la sua sofferenza, la sua ansia, la sua disperazione, percepirla sulla nostra pelle tanto da sentirci vicini alla sua realtà. È così che si può riuscire a sensibilizzare il pubblico alle tematiche che si vogliono trattare. Non è sempre un’impresa facile, ma il cinema, il teatro, la musica, la letteratura e le arti figurative sono i più alti e unici strumenti che l’uomo ha per fissare la memoria, i fatti e i personaggi dell’umanità da sempre.
L’informazione svolge un ruolo molto importante e la rete ci permette di poter sapere, vedere, sentire e parlare di tutto e con tutti. Le televisioni generaliste propongono, ma siamo noi a scegliere e a decidere.
I telegiornali e i settimanali di approfondimento occupano i palinsesti, si intervista, si parla, di tanto, di tutto e di tutti, si mostrano immagini, ma alla fine la distrazione, l’abitudine, la svogliatezza inghiottono molto e poco rimane impresso, e quello che rimane a volte è distante dalla realtà, diventa quasi fiction.
Il teatro, il cinema, la letteratura e la musica possono avere la forza di scaraventarci proprio lì, in mezzo all’azione, accanto al protagonista, per sentire il cuore in gola, gli occhi lucidi, le mani sudate. La cultura è il più efficace strumento che l’uomo ha per difendersi.

Vestire i panni di una donna siriana che ha vissuto un simile dramma deve essere stato difficile ma allo stesso tempo utile ad assumere un punto di vista più interno, se vogliamo, alla questione. Cosa le ha insegnato Safa?

– Safa è una donna che ha perso tutto, l’amore, la maternità, la serenità: è rimasta sola. È terribile. Come Safa ci sono milioni di donne oggi, da sempre, ma lei, come tutte quelle che sono venute prima di lei, va avanti, cercando di dare dignità a quello che resta della sua vita, quella stessa vita che sembra le abbia voltato le spalle .
Ecco, storie come questa ci danno la possibilità di percepire cosa è davvero importante ci fanno vergognare quando osserviamo, invece, quanto valore si dà al “nulla”, alla futilità, all’apparenza. È importante raccontare storie come questa, soprattutto ai giovani, in modo da stimolare la loro coscienza, il loro pensiero critico e la curiosità per la conoscenza.

Il racconto della protagonista di queste tragiche vicende si svolge nell’arco di una notte. Giochi di luci ed ombre, accompagnati dall’alternarsi di una dolce musica al il rumore della pioggia, hanno creato una tensione narrativa che ha reso il monologo estremamente intenso per tutta la sua durata. Come ha affrontato la sfida posta da questa particolare tecnica teatrale?

– Il racconto di una storia è come la vita, dove la pioggia, il canto del vento, l’oscurità misteriosa della notte, la grazia del sole e il cinguettio degli uccelli ci accompagnano giorno dopo giorno, misteriosi , discreti o prepotenti: sono loro che sottolineano, colorano o annullano la nostra storia; e così quando siamo noi a raccontarne o ad inventarne una, dobbiamo farci aiutare da loro per descriverla al meglio.

Prima di supportare “Mai più spose bambine”, la campagna di Amnesty International per combattere il fenomeno dei matrimoni precoci e forzati, aveva già collaborato con questa organizzazione partecipando alla realizzazione del docufilm “Il Popolo di re Heruka! – Storia del popolo di re Heruka, un popolo antico che amava l’acqua e sfidava il vento”, proiettato durante un evento volto ad approfondire la conoscenza e la comprensione del popolo rom. Qual è il valore che attribuisce al ruolo dell’arte nella lotta per il sociale?

– Si, come testimonial ufficiale di Amnesty ho realizzato diversi progetti. “Il popolo di re Heruka” è uno di questi: una ballata tra teatro e documento atto a raccontare la storia del popolo rom. Vorrei anche ricordare “ Una donna spezzata”, toccante monologo di Simon de Beauvoir, madre del femminismo moderno, che da tempo propongo e fa parte del mio repertorio e che è stato appena pubblicato anche in versione dvd. Inoltre “Briganta”, un mio testo per il teatro ispirato alla storia di Rosina Donatelli Crocco, sorella del generale dei briganti Carmine Crocco: il brigantaggio è un momento importante nella storia della liberazione donna del nostro Ottocento.

Leggendo la sua biografia emerge che l’incontro con Rodolfo Martinelli Carraresi, agli inizi degli anni ’90, ha rappresentato un punto di svolta per la sua sfera privata (lo definisce “compagno di vita”), ma anche e soprattutto per quella lavorativa: insieme avete fondato la società di produzione “Ars Millennia” e la casa della Drammaturgia Contemporanea Internazionale “Bravò”. Come sono nati questi progetti divenuti importanti realtà?

– Tra noi c’è una grande affinità elettiva, una buona sintonia che ci ha portato ad essere compagni di vita da quasi 25 anni. Grande rispetto e libertà reciproca ci hanno aiutato a scegliere ogni giorno come missione di vita, la nostra famiglia, i nostri figli e i nostri progetti volti al sociale.

“Ars Millennia” si occupa anche di editoria e Isabel Russinova è, inoltre, una scrittrice: in aggiunta a diverse sceneggiature per il cinema, nel 2006 ha pubblicato “Ti racconto quattro storie”, il sua primo libro per ragazzi, e poi, nel 2009, “Antonio, l’isola e la balena”. Cosa ci può raccontare di questa avventura, ancora diversa da tutte le precedenti?

– Amo molto scrivere, raccontare storie, cercare e studiare personaggi che hanno vissuto e dato alti contributi all’umanità nel corso della loro vita e che magari oggi rischiano di essere dimenticati. Attraverso la scrittura, il teatro e il cinema si può dare loro la possibilità di raccontarsi ancora e di lasciare ancora, soprattutto ai giovani, la conoscenza della loro lotta, delle loro imprese e della loro energia. Solo conoscendo bene il nostro passato possiamo costruire il nostro futuro.

Tv, teatro, cinema, libri: premesso che ognuno di essi gode di una peculiarità che lo rende unico ed incomparabile, qual è il canale espressivo che preferisce?

– Amo costruire progetti capaci di raccontare storie e lasciare un messaggio, animare personaggi e la loro vita, indipendentemente dal linguaggio. Alla fine si può dire che è la storia a scegliere il suo percorso e il suo linguaggio.

Su quale progetto futuro può fornirci qualche anticipazione?

– Stiamo lavorando sul montaggio del film che abbiamo appena finito di girare e che porterà la nostra firma: “L’incredibile storia della signora del terzo piano”, un’amara favola contemporanea. Il progetto sarà pronto il prossimo anno.

Isabel Russinova: un evento teatrale per il sociale

evento teatrale

Una storia di solidarietà femminile è quella che andrà in scena in prima nazionale domani 1 marzo al teatro Palladium di Roma. A raccontarla Isabel Russinova che, per la regia di Rodolfo Martinelli Carraresi, con il patrocino di Amnesty International e la collaborazione dell’Università Roma Tre, vestirà i panni di Safa, una donna a cui il destino crudele e soprattutto la guerra hanno tolto non solo i propri cari ma anche il futuro.

Evento RussinovaEppure Safa è più forte e il motivo per continuare a lottare lo trova di nuovo: si chiama Awa, una bambina di 10 anni che la famiglia, costretta dai debiti, ha dovuto concedere in moglie ad un uomo molto più grande di lei. Una triste sorte che la accomuna a quella di migliaia di bambine che hanno la sfortuna di nascere in paesi dove la guerra esaspera ogni condizione e che non si ferma nemmeno davanti alla violenza e alle torture del singolo; la tragedia continua nelle mani dei soldati Daesh che, una volta comprata, la trasformano in una loro schiava, trattamento che riservano a tutte le donne catturate ed imprigionate per volere dell’Is. È qui che Safa e Awa si incontrano e che la donna decide di accogliere la piccola nel suo cuore come una figlia. Insieme cercheranno una via d’uscita.

Un evento teatrale, il racconto di due drammatiche esistenze a doloroso esempio di quella che ancora oggi è la condizione della donna tra le popolazioni martoriate dal conflitto mediorientale e a favore della quale Amnesty International ha lanciato la campagna “Mai più spose bambine”. Per promuoverla, all’inizio e alla fine della rappresentazione, gli attivisti di questa organizzazione saranno presenti con uno stand informativo dove sarà possibile firmare l’appello indirizzato al Governo del Burkina Faso per combattere questo turpe fenomeno.

Teatro Palladium
Piazza Bartolomeo Romano, 8
Martedì 1 marzo, ore 20.30

Info e prenotazioni
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Ufficio Stampa
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