L’arte della danza: Roberto Bolle al cinema

roberto bolle_l'arte della danza

Roberto Bolle oltre al vanto di essere uno dei migliori ballerini al mondo, ha anche il merito di aver fatto avvicinare alla danza un pubblico vasto e tantissimi giovani, ipnotizzati dal suo talento, dal suo fascino, dalle sue doti comunicative.

La danza, prima di lui, non si era mai tanto avvicinata al grande pubblico, era sempre rimasto un settore d’elite, per “addetti ai lavori”. Senza mai sminuirla, anzi, elevandola sempre a forma d’arte a tutti gli effetti, senza mai snaturarla, senza mai volgarizzarla, Roberto Bolle è però riuscito a renderla più comprensibile e apprezzabile a quel grande pubblico che ora si accosta con entusiasmo alla danza, un po’ più propenso a coglierne la bellezza e la sacralità. Ponendosi come icona pop a tutti gli effetti, ha preservato l’aurea aulica della danza senza però farla percepire come vecchia e distante, bensì come preziosa ed emozionante.

Abbiamo visto Roberto Bolle cimentarsi in sketch comici, lo abbiamo visto in prima serata sul piccolo schermo, abbiamo ascoltato le sue interviste in radio e tv, abbiamo ammirato le sue foto sui giornali, letto il suo libro: ora sbarca anche al cinema.

Infatti l’étoile sta per portare la sua arte nelle principali sale cinematografiche italiane: Roberto Bolle – L’arte della danza, il lungometraggio che lo vede protagonista, sarà proiettato dal 21 al 23 novembre.

Roberto Bolle – L’arte della danza

Roberto Bolle – L’arte della danza è diretto da Francesca Pedroni, la quale snoda il suo docu-film attraverso i gala Roberto Bolle and Friends che si sono svolti all’Arena di Verona, al Teatro Grande di Pompei e alle Terme di Caracalla.

La macchina da presa coglie le fasi di preparazione dello spettacolo, dall’organizzazione alla messa in scena, ci mostra gli allenamenti, i dietro le quinte, ci consegna un ampio ventaglio di emozioni e sensazioni, dalla fatica alla soddisfazione, dalla determinazione alla responsabilità. Il tutto, corredato da interviste e commenti, sia di Bolle che dei dieci “friends” scelti per accompagnarlo nei Gala, tutti eccezionali danzatori provenienti dai migliori teatri mondiali: Nicoletta Manni (Teatro alla Scala), Melissa Hamilton, Eric Underwood, Matthew Golding (Royal Ballet di Londra), i gemelli Jiři e Otto Bubeníček (rispettivamente del Semperoper Ballet di Dresda e dell’Hamburg Ballett), Anna Tsygankova (Dutch National Ballet di Amsterdam), Maria Kochetkova e Joan Boada (San Francisco Ballet), Alexandre Riabko (Hamburg Ballett).

Il percorso di Roberto Bolle – L’arte della danza è un viaggio umano e professionale che ha come sfondo tre suggestivi luoghi dallo sconfinato valore culturale, la cui bellezza impreziosisce e fa da cornice ad un Gala che, a sua volta, è esaltazione della bellezza: quella del corpo in movimento.

E proprio la bellezza, così come una rigorosa disciplina, sono valori portanti per Bolle, il quale mantiene, da una vita intera, un rapporto totale con la danza, perfettamente sovrapposta ed allineata alla sua vita; ne è impalcatura ed essenza. Il lavoro di Francesca Pedroni vuol rendere omaggio proprio a questo rapporto, portarlo sul grande schermo per far emozionare il pubblico, per riempirne gli occhi di bellezza e i cuori di orgoglio.

La danza è il fuoco che ho dentro. Mi ha formato, mi ha dato un’identità. L’uomo che sono ora lo devo alla danza – Roberto Bolle

Roberto Bolle – L’arte della danza: programmazione nelle sale

Roberto Bolle – L’arte della danza è distribuito nei cinema italiani da Nexo Digital in collaborazione con i mediapartner Radio Deejay e MYmoè, prodotto da Classica e da Artedanza S.r.l.

Sarà nelle sale cinematografiche italiane il 21, 22 e 23 novembre nelle principali città italiane. La programmazione completa è consultabile sul sito ufficiale.

Van Gogh Alive, a Roma la mostra

van gogh alive

Van Gogh Alive – The Experience sbarca finalmente in Italia, dopo aver incantato l’Australia, la Russia e gli Stati Uniti.

La mostra, a Roma fino al 27 marzo presso Palazzo degli Esami, è un tuffo nella produzione del pittore olandese capace, nei soli dieci anni della sua attività artistica, di lasciare un’impronta importante e rivoluzionaria, che passa attraverso oltre 900 dipinti e 1000 disegni.

Van Gogh Alive è, più che un’esposizione, un percorso sensoriale fatto di immagini, musica e parole, che vuole restituire in modo completo la figura di Van Gogh uomo e Van Gogh pittore, accostando continuamente la sua produzione pittorica a citazioni tratte dalle lettere che scriveva al fratello minore Teo. Dalle parole emerge la figura di un uomo tormentato, solitario, sensibile, appassionato profondamente d’arte, immerso completamente nella pittura, legato alla natura ancor più che alla famiglia. Un’esistenza drammatica, la sua, dominata da sentimenti violenti ed emozioni potenti spesso difficili da gestire, a causa dei disturbi mentali.

Che sarebbe la vita senza il coraggio di tentare qualcosa?

L’arco temporale oggetto di Van Gogh Alive va dal 1880 (anno della svolta artistica) al 1890 (anno di morte) per un totale di oltre 800 opere mostrate, tra cui I girasoli, Notte stellata sul fiume Rodano, Autoritratto con orecchio bendato, La sedia di Vincent, La sedia di Gauguin, La camera di Vincent ad Arles: di questo dipinto, realizzato nel 1888 e custodito presso il Van Gogh Museum di Amsterdam, è presente in sala anche una ricostruzione fedelissima all’immagine, realizzata proprio con mobili reali e oggetti. Un modo per entrare ancora di più in intimità con l’artista.

Van Gogh Alive: l’allestimento

L’allestimento è costituito da gigantografie proiettate sulle pareti, sulle colonne, sui pavimenti e sui soffitti dello spazio espositivo, utilizzando la tecnologia Sensory 4 che consente di riprodurre, coi suoi oltre 40 proiettori, immagini in alta definizione sulle diverse superfici, come se fossero reali. Ad accompagnare ed esaltare il tutto, musiche di sottofondo appartenenti al repertorio di Vivaldi, Handel, Godard, Schubert, Bach e tanti altri compositori.

Le grandi cose sono fatte dalla somma di molte piccole cose

Questo sistema è stato sviluppato da Grande Exhibitions, un’azienda australiana specializzata in proiezioni multimediali.

van gogh alive

Grazie agli schermi giganti utilizzati per Van Gogh Alive è possibile immergersi completamente nei colori vibranti, nei dettagli, nei paesaggi naturali dipinti dall’artista nel suo vagare tra Parigi, Arles, Saint-Rémy e Auvers-sui-Oise, quei luoghi che lo hanno ispirato nella realizzazione di capolavori senza tempo.

Le immagini risultato nitide, i colori vibranti, i dettagli si evidenziano con chiarezza: l’esperienza è poetica ed è affascinante immergersi in un mondo fatto di pennellate e parole, da cui si esce arricchiti e con gli occhi pieni di bellezza.

Il modo per conoscere la vita è amare tante cose

La carica emotiva che si respira nei corridoi lungo cui si snoda il percorso è alta: i 40 minuti previsti per completare il percorso sono intensi e piacevoli.

Van Gogh Alive: orari e biglietti

Van Gogh Alive – The Experience: presso Palazzo degli Esami (via Girolamo Induno 4, Roma) fino al 26 marzo 2017. Dal lunedì al giovedì giovedì ore 10.00 – 20.00, venerdì e sabato ore 10.00 – 23.00, domenica ore 10.00 -21.00. Ultimo ingresso un’ora prima.

Biglietto intero € 15,00, biglietto ridotto per bambini dai 6 ai 12 anni, studenti, over 65 e disabili € 12,00. Ulteriori riduzioni sono previste per famiglie, gruppi e scuole.

Le emozioni sono a volte così forti che lavoro senza rendermene conto. Le pennellate arrivano come parole

Incinta muore in ospedale: medico era obiettore

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Quanto accaduto a Catania lo scorso 16 ottobre potrebbe essere, più che un caso di obiezione di coscienza, un caso di omissione di servizio e negligenza medica. Toccherà verificalo agli ispettori inviati dal Ministero della Salute all’Ospedale Cannizzaro di Catania dove Valentina Milluzzo, donna di 32 anni alla 19esima settimana di gravidanza, è deceduta insieme alle creature che portava in grembo, un maschietto e una femminuccia, in circostanze da chiarire. Da chiarire soprattutto le eventuali responsabilità dello specialista che era con lei, obiettore di coscienza, denunciato dal marito di Valentina, Francesco Castro, convinto che sua moglie si sarebbe potuta salvare.

Sono dodici i medici che la Procura di Catania ha iscritto nel registro degli indagati, tra cui il primario Paolo Scollo: si ipotizza per loro il reato di omicidio colposo plurimo.

Le versioni fornite dai familiari della donna e dai medici della struttura presentano notevoli differenze e c’è un particolare dettaglio intorno a cui tutto ruota: il medico che avrebbe potuto salvare la vita di Valentina era obiettore di coscienza.

La storia di Valentina

Valentina viene ricoverata in ospedale il 29 settembre per minacce di aborto: le sue situazioni di salute peggiorano drasticamente tra il 15 e il 16 ottobre. Nel giro di poco tempo perde entrambi i bambini che porta in grembo e lei stessa muore. In questo quadro di dolore si inserisce un dettaglio che potrebbe fare la differenza: il marito della donna rivela che il medico avrebbe dichiarato sia a lui che ai genitori di Valentina la sua impossibilità di agire perché obiettore di coscienza. Il medico, dunque, si sarebbe rifiutato di intervenire e di estrarre prematuramente i feti (in crisi respiratoria), nonostante fosse a repentaglio la vita della donna.

Si è in attesa dell’autopsia, ma il Primario della struttura, pur confermando che tutti e 12 i medici della struttura sono obiettori di coscienza, ha dichiarato che nessuno di loro si sarebbe mai rifiutato di intervenire in una situazione di crisi come quella.

La causa ufficiale della morte di Valentina è, per adesso, un’emorragia causata da una violenta infezione.

L’obiezione di coscienza e il medico obiettore

In Italia, l’obiezione di coscienza è prevista da tre leggi: L. 194 del 22.5.1978, Norme per la
tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza (art. 9); L. 40 del 19.2.2004, Norme in materia di procreazione medicalmente assistita (art. 16) e L. 413 del 12 ottobre 1993, Norme in materia di obiezione di coscienza alla sperimentazione animale.

Questo diritto, previsto dalla deontologia professionale dei medici, è stato più volte oggetto di critiche e dibattiti accesi. Si inserisce in una sfera delicata, medicina, religione ed etica si contaminano ed è difficile stabilire confini netti, anche in uno Stato, come il nostro, che si definisce laico.

In Italia è obiettore di coscienza il 70% del personale medico. Il record si ha in Molise, dove oltre il 90% dei medici non pratica l’aborto. Le percentuali variano da regione a regione: in Sardegna il 49%, in Valle d’Aosta il 13%. L’obiezione di coscienza in merito all’aborto, invece, non è ammessa in Repubblica Ceca, Bulgaria, Svezia e Finlandia.

Nello specifico, l’articolo 9 della legge 194, particolarmente rilevante per il caso in questione, recita:

L’obiezione di coscienza non può essere invocata dal personale sanitario, ed esercente le attività ausiliarie quando, data la particolarità delle circostanze, il loro personale intervento è indispensabile per salvare la vita della donna in imminente pericolo.

Nel caso in oggetto, dunque, la mancata prestazione del medico obiettore, qualora confermata, sarebbe non solo moralmente inaccettabile, ma anche ingiustificata per legge, visto che un imminente pericolo di morte impedisce di invocare l’obiezione di coscienza.

Anche il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin si è espressa duramente sull’accaduto, dichiarando che «L’obiezione di coscienza attiene al profilo deontologico e riguarda la coscienza dei medici, ma non ha a che fare con casi come questo l’obiezione di coscienza attiene infatti all’interruzione volontaria di gravidanza e non in casi in cui si tratta di salvare la vita di una donna».

Morto il Nobel Dario Fo, aveva 90 anni

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Avere 90 anni e non sentirli e ancora darsi per il teatro, per la cultura, per le arti, per la satira politica, instancabilmente e con passione. Attore, regista, pittore, scrittore: Dario Fo la sua rivoluzione l’ha portata avanti per una vita intera. Sessant’anni sul piccolo schermo e sui palcoscenici, un Premio Nobel per la Letteratura nel 1997 (già candidato nel 1975), rappresentazioni acclamate in tutto il mondo, diverse lauree honoris causa: con Dario Fo oggi se ne va un immenso protagonista della cultura italiana.

Morto all’ospedale Sacco di Milano, dove era ricoverato da una decina di giorni per problemi polmonari, Dario Fo lascia un vuoto incolmabile nel teatro del nostro Paese, lo stesso lasciato, nel 2013, da Franca Rame, sua compagna di vita e di spettacolo, coppia unita anche dall’impegno politico di sinistra.

“Con Dario Fo l’Italia perde uno dei grandi protagonisti del teatro, della cultura, della vita civile del nostro paese. La sua satira, la ricerca, il lavoro sulla scena, la sua poliedrica attività artistica restano l’eredità di un grande italiano nel mondo. Ai suoi familiari il cordoglio mio personale e del governo italiano”

ha scritto in una nota il Presidente del Consiglio Matteo Renzi, commento a cui hanno fatto seguito quelli di tutti i maggiori esponenti della politica, dello spettacolo e della cultura italiana, tutti mondi, questi, che spesso avevano criticato la figura del poliedrico artista, arrivando a mettere in discussione anche il suo Nobel.

“Non è difficile essere ribelli a 20 anni, ma se sei considerato ancora un nemico irriducibile dopo gli 80, sei veramente un grandissimo rompicoglioni”

aveva scritto tempo fa Jacopo Fo, figlio di Dario e Franca Rame, ripercorrendo in un articolo il difficile rapporto dei suoi genitori con le reti televisive italiane, che più volte li avevano “censurati“.

E Dario Fo è stato certamente un personaggio un po’ scomodo, certo controcorrente, un “giullare” che col suo linguaggio che mescolava francese, italiano, veneziano, suoni e onomatopee (il grammelot, che si rifà, appunto, alle medioevali improvvisazioni giullaresche) raccontava di sacro e profano, raccontava ciò che qualcuno non voleva sentire o non era pronto a sapere, spesso prendendosi gioco del mondo ecclesiastico o criticando la morale borghese, rivolgendosi soprattutto al pubblico delle classi più deboli.

“Perché, seguendo la tradizione dei giullari medioevali, dileggia il potere restituendo la dignità agli oppressi”:

era stata proprio questa la motivazione fornita dall’Accademia per l’assegnazione del Premio Nobel per la Letteratura, nel 1997, che dedicò alla moglie Franca e ai suoi “maestri” Ruzzante e Moliere.

https://www.youtube.com/watch?v=qgr3xecacZU

Alzheimer, oggi la giornata mondiale

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Era il 1910 quando il dottor Alois Alzheimer pubblicò il suo primo studio sulla malattia da lui individuata e che ha preso il suo nome: ad oggi la ricerca su questa forma di demenza vanno avanti, per cercare sia cure che possano rallentarne il processo degenerativo che possibili cause e interventi preventivi.

Questo in corso è il V Mese Mondiale Alzheimer e il 21 settembre ricorre la Giornata Mondiale Alzheimer, istituita nel 1994 dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) e dall’Alzheimer Disease International per creare una coscienza pubblica sulla malattia e riunire malati, familiari e associazioni Alzheimer di tutto il mondo.

L’Alzheimer (per cui ad oggi non esiste cura) è una malattia dal forte impatto sulla società che mette a dura prova non solo il malato, ma soprattutto la sua famiglia e i suoi cari. Secondo gli esperti sarebbe causato da un accumulo di proteina beta-amiloide nel cervello. Di recente alcuni scienziati hanno messo a punto un farmaco (chiamato Aducanumab) capace di ridurre questa quantità e quindi rallentare il corso della malattia.

La frontiera successiva è capire se esista la concreta possibilità di una regressione dei sintomi già diagnosticati, parallelamente alla rimozione della beta-amiloide nel cervello.

Associato alla perdita di memoria, di per sé già aspetto che ne fa percepire la gravità, l’Alzheimer, nel suo decorso, si caratterizza per molteplici altri aspetti ugualmente gravi: impoverimento del vocabolario, difficoltà nell’eseguire azioni quotidiane e semplici movimenti, mancato riconoscimento di persone e luoghi, impeti di rabbia e aggressività, apatia, stanchezza.

Secondo il Rapporto Mondiale Alzheimer 2015, sono circa 47 milioni le persone affette da demenza nel mondo, cifra che, secondo le previsioni, raddoppierà nei prossimi 20 anni.

Soltanto in Italia si contano circa 600 mila malati di Alzheimer, stando all’ultima ricerca effettuata dal Censis (Centro Studi Investimenti Sociali) con l’Aima (Associazione italiana malattia di Alzheimer). Il numero è in aumento e a crescere è anche l’età media, pari oggi a 78,8 anni rispetto ai 77,8 anni del 2006, quando i malati erano 520 mila.

A preoccupare è il rischio di isolamento sociale a cui vanno incontro le famiglie, spesso abbandonate e prive di supporto e servizi adeguati; profonde sono le differenziazioni territoriali dell’offerta, in termini di assistenza e aiuto specializzati, che penalizzano soprattutto il Sud.

Giornata Mondiale Alzheimer: le iniziative

In occasione della XXIII Giornata Mondiale Alzheimer sono state organizzate, in tutta Italia, diverse iniziative.

Bologna, Trieste, Como, Milano, Bari, Perugia: da nord a sud, i vari incontri saranno utili per porre domande ad esperti del settore, per informarsi in merito alle terapie, per confrontare le proprie esperienze con quelle di altre famiglie.

Le giornate in programma si caratterizzano come importanti occasioni per medici, addetti al sociale, ma soprattutto persone che quotidianamente fanno fronte ai disagi causati dalla malattia, all’isolamento che ne consegue e al senso di incapacità nel fronteggiarla che la accompagna.

Difficile, infatti, è soprattutto capire come relazionarsi con questi malati, come comportarsi, come affrontare i loro cambiamenti e il degenerare dell’Alzheimer.

A Roma, per l’occasione, è stata organizzata una campagna di test preventivi gratuiti a cura della Fondazione Igea Onlus e dell’Università di Roma, in collaborazione con l’Associazione Alzheimer Roma Onlus: il test fornisce un controllo generale dello stato cognitivo della persona, per individuare eventuali deficit riconducibili al rischio di sviluppo della patologia nei prossimi anni.

Per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’Alzheimer e sull’isolamento a cui vanno incontro i malati e le loro famiglie, verrà inoltre proiettatato presso il Cinema Greenwich il cortometraggio Non temere, diretto da Marco Calvise, seguito da dibattito. Il film è patrocinato da Aima e dall’Associazione Alzheimer Roma Onlus.

Non temere racconta la giornata di Giuseppe, malato di Alzheimer ad uno stadio avanzato, ricoverato in un istituto: vengono messi in luce sia le relazioni umane, dal rapporto con l’infermiera che lo assiste a quello con la moglie e la figlia, che gli aspetti problematici portati dalla malattia, dalla perdita di memoria alla difficoltà di comunicare e compiere  i gesti quotidiani.

Alzheimer sui social: progetto My grandma is fading

Il progetto artistico di Luca Vallese, 23enne di Torino, prende ispirazione da un oggetto molto semplice: una fotocopiatrice. Nello specifico, il rumore visivo che si genera facendo delle fotocopie e che può stratificarsi, accumularsi sull’immagine, se si continua a fotocopiarla. E questo è esattamente ciò che ha fatto con una foto di sua nonna, malata di Alzheimer dal 2008: l’ha fotocopiata più e più volte, realizzando un progetto grafico d’impatto, che rende visivamente bene ciò che accade a queste persone, che lentamente è come se scomparissero, se si perdessero in corridoi bui, mentre i loro ricordi si dissolvono.

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Luca sta veicolando il suo progetto, intitolato My grandma is fading su Facebook e Istagram, pubblicando una foto al giorno: dalla prima, quella originale, nitida, che diventa mano a mano più sfocata.

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Il suo obiettivo, spiega, “è di natura prettamente artistica: prendere qualcosa di privato e renderlo bello e universale, nella misura in cui è possibile, qualcosa in cui anche altre persone abbiano la possibilità di riconoscersi”. La speranza che c’è dietro è che “possa generare nelle persone un cortocircuito emotivo sufficiente da permettere loro di guardare i propri familiari con gli occhi della prima volta, con lo sguardo ancora nuovo che si ha quando si ha a che fare con qualcuno ancora da conoscere”.