MURI – Sketch tratto dalla serie web “Fuorionda”

MURI – Sketch tratto dalla serie web “Fuorionda”

Una serie web graffiante quella diretta da Francesco Bonelli, in cui spiccano le doti attoriali del veterano Alberto Patelli, che incarna perfettamente la tagliente ironia che caratterizza lo sketch “Muri” e, più in generale, l’intero progetto denominato “Fuorionda”.

Circa cinque minuti di dialoghi, di scambi di battute a ritmo sostenuto e coinvolgente, di amare riflessioni. I grandi temi di attualità che si scontrano fragorosamente con i problemi della cruda ordinarietà; ne sono un esempio il discorso, intrapreso dal regista, riguardante la muraglia che il presidente americano Donald Trump vorrebbe erigere al confine tra Stati Uniti e Messico, e le preoccupazioni espresse dal barista circa il conto della consumazione che i suoi clienti dovranno pagare.

In mezzo, c’è spazio per il divertente, ma quanto mai rappresentativo, conflitto generazionale tra un padre, che vorrebbe responsabilizzare la propria figlia in maniera definitiva, e quest’ultima, che invece preferisce rifugiarsi nel suo tecnologico mondo fatto di smartphone e auricolari, quasi volesse escludersi dal contesto sociale che la circonda.

E poi l’eterna, spinosa diatriba tra dipendente e datore di lavoro, contornata dal consueto intreccio amoroso. Ottima la prova fornita dai vari interpreti, abili nel tratteggiare al meglio i vari personaggi. Così, in un angolo di mera quotidianità, Francesco Bonelli dà voce ai pensatori e agli uomini comuni, dimostrando che i “muri”, simboli dell’incomprensione e della mancata comunicazione, possono attecchire in tutti gli strati sociali della moderna collettività, senza fare sconti a nessuno, acuendo la latente solitudine (talvolta mista ad egoismo e menefreghismo) che avvolge ciascun individuo.

Un concetto espresso magnificamente da Alberto Patelli con l’accaldata esclamazione: “Sette miliardi di muri!”.

Andrea Lepone

Sei mia. Un amore violento

Sei mia. Un amore violento

Emozioni, intensità letteraria, eleganza mista a semplicità, disperazione, coraggio: questa è la sintesi del romanzo “Sei mia. Un amore violento” scritto dalla giornalista Eleonora De Nardis ed edito da Bordeaux.

Il libro narra la storia di Elisabetta, madre di due figli che si è appena separata dal marito, e del suo incontro con Massimo, avvocato affascinante ma dalla personalità ambigua, torbida. La loro relazione si trasformerà da un’iniziale amore appassionato in un rapporto morboso, una vera e propria lotta per la supremazia in cui lo spietato carnefice tenterà in ogni modo di piegare la vittima al suo volere.

L’opera, redatta sotto forma di diario, risulta fruibile e accattivante, la solenne e cruda testimonianza di uno tra i drammi più taciuti e indegni della società odierna, quello della violenza di genere.

Sei mia. Un amore violento

Un tema che l’autrice tratta con grande potenza espressiva ed emotiva. Ammaliante in tal senso è il vigore lessicale dei dialoghi che consentono al lettore di vivere quasi sulla propria pelle tutte le ponderazioni della protagonista, nonché i suoi lancinanti dilemmi sentimentali, raccontati da Eleonora De Nardis con una franchezza che lascia ben poco all’immaginazione.

Lo stile dell’autrice, caratterizzato da un registro elegante, talvolta alto e formale, che tuttavia scorre tra le pagine del volume in modo semplice e lineare, illustra in modo impeccabile le ambientazioni e le situazioni in cui gli animi dei personaggi collidono tra loro in un vortice di tensione alimentato da tremendi, continui soprusi domestici.

Il significato più profondo del romanzo è racchiuso nell’antico ossimoro che vede contrapposte follia e normalità, un sadico dualismo in cui la protagonista Elisabetta finirà inesorabilmente per annegare, aprendo e chiudendo ritmicamente i suoi occhi, ora per vedere ciò che potrebbe scaldarle il cuore, ora per nascondersi da un dolore troppo grande per essere rivelato.

Sei mia. Un amore violento

Un inferno ordinario, una scalata per riappropriarsi della propria dignità, del proprio essere donna, un impervio cammino per riprendere pieno possesso di se stessa. Questo il percorso umano che la protagonista dovrà intraprendere per salvarsi da un abisso apparentemente senza fondo, per aprire definitivamente gli occhi e per farli aprire con decisione a tutti i lettori perché quella che potrebbe sembrare solo “una storia”, un’eccezione, una goccia nell’oceano, è invece parte integrante dell’ordinaria quotidianità di migliaia di donne, troppo spesso calpestate e dimenticate.

Andrea Lepone

Alessandra Celentano: La Docente

Alessandra Celentano: La Docente

Alessandra Celentano: La Docente

La Maestra Alessandra Celentano non ha necessità e disapprova che i mass media tentino di scovare notizie o, ancor peggio, pseudo notizie per farla comparire in primo piano.

NO, non è nel suo stile.

La sua carriera professionale, a tutto tondo, è la migliore testimonianza del percorso artistico condotto e sempre contrassegnato da un rigore, da una forte volontà di apprendere e dalla tenacia di conseguire risultati sempre di maggiore profilo.

Queste sono state le sue armi vincenti che l’hanno condotta ad essere apprezzata in un contesto mondiale nei ruoli di coreografa, ballerina, maitre de ballet ed insegnante di danza.

La danza è dedizione, studio intenso, sacrificio, prove su prove in sala; la danza è formativa, è un amore coinvolgente, totalizzante ed esaltante ma chiede però che le venga riservato il massimo impegno.

Alessandra Celentano: La Docente

Si può anche “cadere” – in alcuni momenti della vita – ma la danza forgia anche il carattere ed è proprio questa forza che consente di risollevarsi e fare tesoro degli errori commessi grazie – e soprattutto –  agli insegnamenti offerti dal Docente che trasferisce il proprio sapere e la propria arte.

Un danzatore è completo quando la sua esibizione è non solo artisticamente perfetta ma riesce anche a creare una intima sintonia con il pubblico.

Riteniamo che siano esattamente questi gli aspetti costituenti il valore aggiunto che la Maestra Alessandra Celentano applica ai suoi insegnamenti ed è il messaggio che intende trasmettere ai suoi allievi; è un messaggio che sottolinea la sua grande dignità professionale.

Lo Stage di Danza Classica in Accademia delle Arti:

Alessandra Celentano: La Docente

Accenniamo brevemente ad alcuni passaggi della sua carriera che vanta importanti collaborazioni con prestigiosi nominativi che meritano la nostra ammirazione quali, ad esempio, Elisabetta Terabust, Alessandra Ferri, Carla Fracci, Roberto Bolle, Vladimir Derevianko, Gheorghe Iancu, Massimo Murru

A metà degli anni 80 la Maestra Alessandra Celentano entrò a far parte dell’Aterballetto, prestigiosa Compagnia fondata e diretta da Amedeo Amodio, interpretando ruoli di prima ballerina e prendendo parte a tournèe in tutto il mondo.

Ha danzato nei più importanti teatri e ricordiamo Teatro alla Scala di Milano, Teatro dell’Opera di Roma, Teatro S. Carlo di Napoli, Teatro di Firenze ed altri sia in Italia che all’estero.

Alessandra Celentano: La Docente

L’Arte espressa della Maestra Alessandra Celentano si unisce ora con l’Accademia delle Arti che è orgogliosa di accoglierla per uno Stage di Danza Classica che si terrà domenica 3 marzo 2019.

Lo Stage è suddiviso in:

  • Principianti dalle ore 9,00 alle 10,00
  • Principianti Intermedio dalle ore 10,15 alle 11,45
  • Intermedio Avanzato dalle ore 12,00 alle 13,30

presso la sede dell’Accademia delle Arti sita in Roma, Via Isacco Newton 9

Tel. 06 6571702

Sarà un incontro di alto valore artistico, ricco di insegnamenti, suggerimenti che la Maestra Alessandra Celentano e la Direttrice Artistica dell’Accademia delle Arti Catia Di Gaetano – saranno liete di trasmettere agli allievi.

Lo Stage di Danza Classica prevede anche il rilascio di Borse di Studio da parte della Maestra Alessandra Celentano.

Alessandra Celentano: La Docente in Accademia delle Arti

Vi aspettiamo, grazie.

Souvenir d’Italie – Un viaggio onirico tra gli scheletri della società moderna

Souvenir d’Italie – Un viaggio onirico tra gli scheletri della società moderna.

Dopo il successo de “Il poetattore”, Angelo Mancini è tornato a pubblicare una propria silloge poetica, questa volta intitolata “Souvenir d’Italie” ed edita da Manni.

Molto più che un semplice libro, il volume si presenta come un vero e proprio viaggio onirico tra gli scheletri della società moderna, intrapreso dall’autore con dolore e coraggio. Le liriche, talvolta vicine ai classici testi prosaici, sono caratterizzate da un’ironia tagliente, puntuale, disarmante, che non ammette repliche e rifiuta qualsiasi compromesso. Perché Angelo Mancini è un “autore tutto d’un pezzo”, un poeta visionario che combatte contro un mondo sempre più tecnologico, che ha relegato in un sudicio anfratto la propria umanità, dimenticandola.

Evidenti le contaminazioni neorealistiche che connotano lo stile dello scrittore, il quale a tratti pare strizzare l’occhio a quel Charles Bukowski paladino del movimento letterario americano “dirty realism” e che inveisce contro ogni strato sociale, perché non ci sono innocenti, bensì solo colpevoli, fautori di un mondo arido, superficiale, irriconoscibile agli occhi dello stesso poeta, che evoca a più riprese Pier Paolo Pasolini, simbolo di quella frangia intellettuale inghiottita dal tempo e dalle nuove tecniche comunicative, nonché dall’ignoranza di un popolo insensibile.

Souvenir d'Italie

 

Nei versi più che mai minimalisti di Angelo Mancini traspare lo sconforto di un artista che tuttavia non è intenzionato ad abdicare in silenzio, redarguendo sino alla fine i responsabili dell’attuale decadimento culturale nostrano, studenti in primis, poco avvezzi alle letture, decisamente più interessati ai festini.

Le situazioni, gli aneddoti e le riflessioni dell’autore sono tratteggiate in modo conciso, essenziale, spesso scarno, disilluso, con aggettivazioni elementari che non lasciano alcuno spazio ai fraintendimenti ma piuttosto affidano al semplice contesto il compito di suggerire ai lettori il significato più profondo di ciascuna opera. Souvenir d’Italie è forse un immenso manifesto del pensiero poetico anticonvenzionale, che descrive e al contempo aborre il concetto di “ordinario” applicato alla fredda e triste quotidianità antropologica del nuovo millennio, aspramente criticata dallo scrittore, consapevole del fatto che “un nuovo Pasolini non esisterà più”.

Ad impreziosire la raccolta poetica, vi è la prefazione precisa e puntuale del Prof. Aldo Onorati, il quale definisce la silloge come “un crescendo di forza verbale e ideale, di sdegno civile, di presa di coscienza di un mondo che non va”.

Andrea Lepone

Concorso Letterario Internazionale “L’Arte della parola – Premio Paolo Zilli”

L’Arte della parola

Torna il Concorso Letterario Internazionale “L’Arte della parola – Premio Paolo Zilli”, giunto alla sua terza Edizione. Anche quest’anno, la manifestazione è organizzata e promossa da La Macina Onlus Editore, nonché sponsorizzata dal “Barnum Seminteatro”, dal “Barnum Gianicolense” e dal giornale La Macina Magazine.

Per aderire alle richieste che ci sono pervenute, da questa Edizione il Concorso si arricchisce di 2 nuove Sezioni: corto teatrale e testo giornalistico; ci sono quindi 4 Sezioni:

Sezione A, poesia edita o inedita di massimo 30 versi;

Sezione B, racconto edito o inedito di massimo 25.000 battute;

Sezione C, testo di un corto teatrale edito o inedito di minimo 10 cartelle editoriali e massimo 15 (una cartella corrisponde ad una pagina di 1800 battute, spazi inclusi);

Sezione D, testo giornalistico a tema “L’arte della parola nel mondo della comunicazione” di massimo 5.500 battute (spazi inclusi).

L'Arte della parola

 

Gli autori che intendono partecipare al Concorso “L’Arte della parola” potranno inviare le proprie opere direttamente all’indirizzo email de La Macina Onlus Editore, che riportiamo qui di seguito: lamacinaonlus@gmail.com

E’ prevista una quota di iscrizione di euro 12,00 per aderire ad una singola Sezione con un’opera. Per ogni opera aggiuntiva alla prima, presentata in una Sezione differente, vi è un supplemento di euro 5,00.

La cerimonia di premiazione del Concorso “L’Arte della parola” si terrà venerdì 10 maggio 2019 presso il Teatro “Barnum Gianicolense” in Via Vittorio Spinazzola 44, a Roma. Se dovesse sopraggiungere l’impossibilità di organizzare l’evento nella suddetta location l’Associazione ne darà tempestiva notizia indicando una sede alternativa.

Saranno premiati i primi tre autori classificati di ciascuna Sezione. L’Associazione si riserva inoltre la facoltà di conferire ulteriori segnalazioni e menzioni di merito. Tutti gli iscritti al Concorso riceveranno un attestato di partecipazione.

Vi aspettiamo, grazie.