Marco Polli: La fata birichina

Marco Polli: La fata birichina

 

Marco Polli: La fata birichina

Pubblichiamo, così come previsto dal Regolamento del nostro Concorso LetterarioIl Macinino” le opere dei primi tre classificati nelle Sezioni Poesie e Racconti.

L’autore Marco Polli, con la sua opera La fata birichina, si è classificato al 3° posto nella Sezione Racconti.

L’opera, gradevole, è un incantesimo scherzoso in un reame da fiaba in attesa del lieto fine.

Marco Polli: La fata birichina

 L’opera:

La fata Birichina

“Tanto tempo fa, nel reame di Arcadia sul Colle, in un grande palazzo sulla Montagna Incantata, viveva la fata Birichina, che era la Dama protettrice del villaggio di Ramoscello Fiorito.

La cura del suo palazzo era affidata agli gnomi e ai piccoli elfi delle campagne circostanti che si presentavano all’alba e scomparivano al calar del sole, mentre la sua unica compagnia era costituita da due vecchie oche, Abracadabra e Alakazam, che vivevano nel giardino del palazzo.

Il rappresentante di Ramoscello Fiorito era, invece, il Sindaco che i cittadini sceglievano tra gli abitanti più meritevoli durante la Festa dell’Arcobaleno, che si svolgeva a inizio primavera. Da molti anni era confermato nella carica Mastro Quercia, che era la memoria storica del villaggio, amministrava coscienziosamente le risorse di Ramoscello Fiorito e impartiva la giustizia con equità, oltre a curare le richieste che i suoi concittadini rivolgevano, periodicamente, alla Dama della Montagna.

A turbare la quiete di Ramoscello Fiorito, a sentire le dicerie dei paesi confinanti, sul reame di Arcadia sul Colle aleggiava un incantesimo scherzoso per cui, ogni volta che la Fata Birichina chiamava le oche, appena l’eco della Montagna Incantata risuonava con il suo Abracadabra Alakazam, subito, nel villaggio, capitava qualcosa di buffo a chi, in quel momento, era occupato in qualche attività. Poteva così accadere, per esempio, che il giardiniere che aveva appena finito di potare le siepi le ritrovasse subito cresciute o che il cuoco dovesse cucinare nuovamente le pietanze che aveva appena messo in tavola.

La cosa attirava a Ramoscello Fiorito molti curiosi, desiderosi di divertirsi per tornare alle proprie case con qualcosa da raccontare, ma non vi era nessuno che fosse disposto a trasferirsi a vivere nel villaggio. Mastro Quercia era ovviamente disperato per il lungo protrarsi di questa situazione che affliggeva Ramoscello Fiorito ormai da tempo immemore e ogni qualvolta si presentava al palazzo della fata Birichina per chiedere udienza perorando la causa dei suoi concittadini ormai scoraggiati, la stessa si divertiva a chiamare le oche per fare in modo che al villaggio ottenessero il risultato opposto di quello sperato.

Un giorno che Mastro Quercia, nel corso di uno degli incontri di palazzo, si accorse che le oche, appena si sentivano chiamare, correvano subito dalla loro padrona sperando così che la smettesse, perché capivano che il suo intento era di creare un magico disagio e le fece notare che pure i due pennuti prendevano le difese del villaggio, Birichina, stizzita, rimandò Abracadabra e Alakazam in giardino e, dopo essersi arrabbiata col Sindaco pensando che fosse stato lui a metterle contro i suoi adorati animali. Diede sei mesi di tempo al villaggio di Ramoscello Fiorito perché trovasse qualcuno capace di farla ridere senza dover chiamare le oche. Durante i sei mesi concessi la fata si sarebbe impegnata a chiamare le oche una per volta senza attivare l’incantesimo. Mastro Quercia tornò al villaggio sollevato per la tregua raggiunta e raccontò ai concittadini il risultato dell’incontro. Subito, da Ramoscello Fiorito, cominciarono ad inviare ambasciate nei reami vicini cercando qualcuno in grado di far ridere Birichina sperando di sciogliere, così, l’incantesimo scherzoso.

Il tempo però passava e nessuno si presentava finché una sera Mastro Quercia, ormai rassegnato, sentì bussare alla porta del Municipio, aprì e si trovò di fronte un nano, conosciuto nei Regni confinanti col nome di Re Trottola perché era solito spostarsi molto velocemente girando su se stesso proprio come una trottola. Re Trottola disse che era venuto a Ramoscello Fiorito per liberare il villaggio dall’incantesimo scherzoso e chiese di poter passare lì la notte dopo aver parlato, da solo, con il Sindaco. Il mattino seguente prese congedo e ripartì per raggiungere la Montagna Incantata.

Appena giunto al palazzo della fata Birichina e presentatosi dichiarando il motivo per cui era venuto, la fata, decisa a non dare alcuna possibilità al nano, visto che mancavano ormai pochi giorni allo scadere del tempo concesso al villaggio e poi sarebbe tornata a divertirsi con le sue oche, pensò di cominciare a divertirsi da subito facendo qualche scherzo al nuovo venuto e lo invitò ad entrare, dicendogli che avrebbe soggiornato a palazzo come si conveniva ad un Re Trottola per il tempo che mancava allo scadere dei sei mesi. Re Trottola, dal canto suo, avrebbe aiutato Birichina nei lavori di palazzo che non erano di competenza della servitù.

Vista la velocità e la bravura di Trottola nel portare a termine i compiti affidatigli, Birichina, che cominciava a provare simpatia per quel nano sempre paziente nell’esaudire i suoi capricci, gli chiese di costruire un laghetto nel giardino per le sue oche a cui voleva fare un regalo. In un lampo nel giardino comparve un grazioso specchio d’acqua in cui Abracadabra e Alakazam si tuffarono a nuotare felici. Incuriosita da un improvviso starnazzare prolungato che non sentiva da tanto tempo, Birichina si precipitò nel giardino per vedere cosa stesse accadendo alle sue oche e appena vide gli animali che giocavano senza pensieri, contenta per il lavoro svolto, chiamò il nano che saltò fuori dal laghetto delle oche facendo “ qua qua” come se fosse stato anche lui un’oca, bagnando da capo a piedi la fata che si mise a ridere divertita per lo scherzo ben riuscito.

Quella notte, quando andò a dormire, Birichina sognò di un tempo passato quando il palazzo sulla Montagna era un castello e lei era la principessina dispettosa che vi abitava con il Re e la Regina suoi genitori. Sognò anche di un ragazzino che correva velocemente girando su se stesso come una trottola e accompagnava lo zio, che era il Sindaco di Ramoscello Fiorito, quando era convocato dai sovrani al castello, mentre i due fanciulli facevano sempre degli scherzi tanto agli abitanti del villaggio per mezzo della servitù quanto alla servitù stessa, finché un giorno lo Spirito della Montagna Incantata, stanco di vedere trattati così gli gnomi e i piccoli elfi, dopo aver messo Mastro Quercia a conoscenza dei suoi piani futuri, attivò l’incantesimo scherzoso che sarebbe terminato solo quando Birichina e Trottola avessero imparato a divertirsi tra di loro senza fare troppi dispetti agli altri. Al risveglio Birichina si trovò nella camera di un bellissimo castello. Il re e la regina erano in piedi a bordo letto per darle il buongiorno. Subito corse ad aprire la finestra per guardare nel giardino dove erano vissute le oche. Vicino al laghetto un ragazzo che ricordava di conoscere fin da bambina la salutava con la mano. Tutti avevano ripreso le loro sembianze di un tempo: lei, i suoi genitori, Trottola. L’incantesimo era stato sciolto.

Nel Reame di Arcadia sul Colle era tornata la felicità e, a eterno ricordo dell’evento, a Ramoscello Fiorito fu organizzata una grande festa che durò molti giorni. Nell’occasione vennero celebrate le nozze fra Trottola e Birichina e si decise che le oche sarebbero sempre state le benvenute nel reame di Arcadia sul Colle. Ne vennero pure scolpiti due esemplari nello stemma del villaggio e quando venne il loro momento di governare Birichina e Trottola si dimostrarono una saggia Regina per Arcadia sul Colle ed un Sindaco giusto e coscienzioso per Ramoscello Fiorito, per i molti anni che vissero, insieme, felici e contenti.”

La Commissione di valutazione costituita da scrittori, poeti e giornalisti rinnovano i complimenti a Marco Polli per l’eccellente componimento; congratulazioni.

A breve pubblicheremo l’intervista a lui dedicata.

Informazioni più dettagliate dell’autore sono reperibili nella sua pagina Facebook

https://www.facebook.com/marco.polli.5

Grazie

Flavio Provini poeta: la nostra intervista

Flavio Provini poeta: la nostra intervista

 

Flavio Provini poeta: la nostra intervista

Flavio Provini, classificatosi al posto nella Sezione Poesie del Concorso Letterario Internazionale Il Macinino edizione 2019 con la sua opera “Lettera di un bambino dall’inferno

Abbiamo già pubblicato il suo componimento il 31/10/2019 https://www.lamacinamagazine.it/flavio-provini-lettera-di-un-bambino-dallinferno/ sui vari Social e su altra testata in reciprocità https://fai.informazione.it/5F07A436-C11C-4E3E-AE6E-D667E7FF0D13/Flavio-Provini-Lettera-di-un-bambino-dall-Inferno

Flavio, giurato in molteplici concorsi letterari, è da sempre appassionato di poesia e narrativa.

Lettore instancabile di romanzi, racconti, saggi, articoli di cronaca di vario genere, ha conseguito considerevoli risultati nei concorsi letterari nazionali e internazionali per opere inedite ai quali ha partecipato nel periodo 2016-2019 annoverando primi posti, diversi podi e numerose menzioni e segnalazioni di merito.

Alcuni suoi lavori sono pubblicati online o editi nelle antologie in formato cartaceo o e-book; di alcuni di essi è stato gratuitamente realizzato un audio-video facilmente reperibile sul web.

Figura di non comune spessore artistico e, nel contempo, amabilmente gioiosa.

Flavio Provini poeta: la nostra intervista

L’intervista è condotta dal Dr. Andrea Lepone, poeta, scrittore, giornalista e Presidente di Giuria del Concorso

“Intervistiamo oggi il Dr. Flavio Provini che, oltre ad esercitare la sua professione di valente avvocato, è ben noto nel mondo della cultura per le sue capacità di raffinato scrittore di poesie avendo ottenuto molteplici encomi e premi ai Concorsi dove si è presentato.

Per stabilire da subito un clima di dialogo propongo di passare al “tu”.

Certamente, Andrea. Per me è un piacere ed un onore insieme essere intervistato da te, operatore culturale, autore e critico letterario di notevole spessore nonostante la giovane età.

Buongiorno Flavio, grazie per la tua disponibilità e complimenti per il riconoscimento conseguito nell’ambito del Concorso Letterario “Il Macinino”. Puoi dirci com’è nata l’opera “Lettera di un bambino dall’Inferno”, con cui ti sei aggiudicato il primo posto nella sezione dedicata alla poesia?

La lirica nasce da una riflessione sulla guerra, vista, anzi subìta, dalla prospettiva innocente di un bambino. I bambini sono infatti le prime vittime di un meccanismo perverso, illogico perché soltanto distruttivo. E’ la demolizione che si pone al centro dell’opera tutta: demolizione delle vite umane, dell’ambiente, dei luoghi dei giochi e degli affetti, persino della scuola, generalmente invisa ai minori, e poi paradossalmente rimpianta da chi è rimasto abbandonato a se stesso. Ho scelto di ambientare l’opera in Siria, nella periferia orientale di Damasco, teatro della nota, disastrosa guerra civile, ma la tragica descrizione di fatti, persone, cose è la risaputa costante di ogni conflitto bellico.

Nelle tue liriche spesso vengono trattati delicati argomenti di attualità sociale. Ritieni che la poesia possa essere un valido strumento di sensibilizzazione per i lettori, nei confronti di tali tematiche?

Senza dubbio. Parlare di un argomento, anche attraverso il linguaggio poetico e il suo nutrito impianto di figure retoriche, significa puntare – continuare a puntare – i riflettori su di esso, in un’ottica di biasimo e di prevenzione delle condotte deplorevoli.

V’è chi pensa che se i media non si occupano di un problema, esso non esista, sia superato e risolto, ma non è affatto così, purtroppo.

E su certi argomenti guai ad abbassare la guardia!

Per questo, nei miei lavori tratto frequentemente tematiche sociali dal carattere sempre attuale: ad esempio, la povertà, la solitudine, il disagio degli anziani, dei malati gravi, dei disabili e di altri soggetti fragili, la pedofilia e lo sfruttamento dei minori, la prostituzione, l’ingiustizia sociale, l’illegalità, la violenza di genere e di ogni altra forma in cui si possa manifestare.

Flavio Provini poeta: la nostra intervista

Come consideri ed interpreti il ruolo del poeta nell’attuale società?

Mi piace rispondere ricordando una riflessione di Baudelaire: “nell’arte c’è un elemento trascendente e un elemento contingente, una parte divina e una parte umana, un sapore d’eterno e un gusto di moda. Senza il primo l’arte si ridurrebbe ad una cosa effimera, senza il secondo diventerebbe una cosa sovrumana. Senza il primo la storia dell’arte si perderebbe nella cronaca, senza il secondo nella mitologia”. Ecco, oggi la cronaca è rimessa al giornalista, lo studio della religione e la diffusione dello spirito religioso, rispettivamente, al teologo e al ministro di culto. Potremmo pensare all’Artista e quindi anche al Poeta, che con il Narratore condivide il ruolo di “artista della parola”, come un tertium genus: colui che, partendo da una personale e originale interpretazione della realtà, si rivolge ai suoi lettori animato da un’autentica, profonda spiritualità. E spirituale dovrebbe essere il suo messaggio, con la precisazione che il termine “spirituale” non deve necessariamente intendersi in un’accezione religiosa, ma in quella universale di osservanza e propaganda dei valori fondanti il vivere civile, come la solidarietà, l’aiuto per il bisognoso, il rispetto della dignità umana, la non violenza, la costante ricerca del dialogo e del confronto, l’integrazione, l’accettazione e il rispetto delle diversità.

Quale è stato il tuo percorso di avvicinamento al mondo dell’arte poetica? Ci sono autori ai quali ti ispiri?

Forse tutti noi siamo poeti, senza saperlo.

Certamente qualcuno sarà più portato di altri per la scrittura, vuoi per inclinazione naturale, vuoi per gli studi seguiti, o vuoi ancora per la passione per la lettura coltivata negli anni.

Tuttavia credo che la poesia, quale apprezzamento e ricerca del concetto del Bello, sia presente, ancorché spesso latente, nell’animo umano di ogni persona ben educata. L’architetto la coglierà nella geometria perfetta di una cupola, lo scienziato nella scoperta della formula innovativa di un vaccino, il medico nell’appropriatezza di una cura, l’ecologista nella riqualificazione di un’area inquinata, e via dicendo. Chi ama scrivere la individuerà nell’originalità del testo, nella potenza del suo messaggio, nell’armonia del verso, nel rigore metrico, in rime, assonanze, allitterazioni non banali e ben calibrate, tali da colpire positivamente il lettore e al contempo indurlo ad una sana riflessione.

Sono sempre stato affascinato dalla poesia, ma soltanto da circa tre anni ho deciso di mettermi in gioco partecipando a concorsi letterari, come occasione di conoscenza e confronto con altri autori che coltivano questa passione, e in genere come nuova ed arricchente esperienza di vita…sono soddisfatto della mia scelta.

Fra i classici a cui mi ispiro non posso non ricordare Pascoli, il mio autore preferito, Trilussa, maestro di stile applicato alla pungente ironia e perché no…anche De André, che a mio avviso, oltre ad essere il grande cantautore che sappiamo, dimostrò nei suoi testi doti poetiche straordinarie.

Poesia e senso civico… un nesso che secondo te può avere una valenza?

Certamente, e lo hanno capito molti organizzatori di concorsi poetici che inseriscono nei bandi, oltre alla tradizionale sezione a tema libero, anche la sezione a tema civico; anzi, in alcuni agoni il partecipante può portare esclusivamente opere di valenza civile.

Del resto, il rapporto fra “poesia” e “senso civico” ha radici antiche; la tensione della poesia ad incidere sulla realtà proponendo con fermezza un altro mondo possibile la si può ravvisare già in scritti del Medio e Nuovo Regno egizio e più tardi, nella civiltà occidentale, in un verso di Eschilo nel suo “Prometeo incatenato”, allorché il titano protagonista Prometeo, perseguitato da Zeus per aver donato il fuoco ai mortali, afferma: “quello che soffro è contro la giustizia!”.

In tal modo il semidio esprime il sentimento di inadeguatezza verso la legge non scritta, la consuetudine, il potere precostituito (la volontà di Zeus), che è prodromo e causa di un atto di ribellione consapevole, di autodeterminazione etica per affermare il valore della solidarietà, della democratica condivisione di un bene prezioso e utile collimante con il progresso civile.

Orbene, in epoca moderna la letteratura si è fregiata di una pregnante valenza civica; che Primo Levi e Sciascia siano da esempi indelebili per tutti noi, con la loro denunzia degli orrori della Shoah l’uno, e delle mafie l’altro. E a pensarci bene, sia la Shoah sia la mafia non sono che “ordini costituiti” imposti in determinati contesti spazio-temporali, tali da affossare tragicamente il primo valore civico in assoluto, la libertà dell’uomo, la sua dignità.

Flavio Provini poeta: la nostra intervista

Qual’è il tuo componimento preferito, che ancora adesso ti suscita particolari emozioni?

Difficile stilare una classifica, semplicemente perché ogni autore è affezionato a tutte le proprie creature, anche a quelle non apprezzate dalle giurie tecniche o dal variegato pubblico di un social network.

Se devo proprio rispondere, scelgo “Fame antica”, l’opera classificatasi prima assoluta al Concorso Letterario “L’arte della parola” Ed. 2017, indetto da La Macina Onlus. Non solo perché sia stata onorata di un riconoscimento tanto prestigioso, poi seguito da altri attestati di gradimento, ma anche perché in trenta versi liberi ho affrontato per la mia prima volta un tema spinoso, da sempre sotto gli occhi di tutti: la vita misera del clochard, del senzatetto vagabondo, con quell’alone di impietosa indifferenza sociale che la circonda.

E’ il dramma dell’ “abitare la pelle della strada”, come scrivo, pelle che può diventare un letto di morte prima che spunti l’alba, intesa come chance di riscatto. Dietro a chi non-vive così si annida sovente la disfatta della nostra società, l’inerzia o l’inefficienza delle istituzioni. Quando ho creato questa lirica, mi sono emozionato e insieme arrabbiato contro chi dovrebbe fare e non fa, e io stesso ho pensato che, nel mio piccolo, potrei fare di più a favore di chi versa in tali condizioni.

Grazie Flavio per il tempo che ci hai concesso, con l’auspicio che ci seguirai con il tuo apprezzamento nei prossimi Concorsi Letterari che bandiremo.

Sicuramente, non mancherò.

Grazie infinite, Andrea, e tanta fortuna alla tua preziosa attività culturale.”

Franco Salvatore Grasso: La figlia della provvidenza

Marco Polli: La fata birichina

 

Franco Salvatore Grasso: La figlia della provvidenza

Pubblichiamo, così come previsto dal Regolamento del nostro Concorso LetterarioIl Macinino” le opere dei primi tre classificati nelle Sezioni Poesie e Racconti.

L’autore Franco Salvatore Grasso, con la sua opera La figlia della provvidenza, si è classificato al 2° posto nella Sezione Racconti.

Franco Salvatore Grasso: La figlia della provvidenza

Iniziamo con una breve sinossi dell’opera:

La Figlia della Provvidenza

Sinossi

L’eccessivo trasporto affettivo di un cane per il suo padrone a volte determina una svolta decisiva nella vita di quest’ultimo. Tutto ciò può verificarsi quando la persona in questione attraversa un periodo triste e oscuro del suo arco vitale determinato soprattutto da aspirazioni non soddisfatte. L’animale domestico, infatti, in questo caso una cagnolina di razza dalmata, risolve in una certa misura il desiderio prioritario del nostro personaggio chiave del racconto: l’aspirazione smisurata di potere avere un figlio.

La soluzione “adottata” dalla delicata e premurosa bestiola presenta però sviluppi inediti a tal punto da creare situazioni incresciose e imbarazzanti connesse all’esistenza già angosciata del protagonista cui non resta altro che pagarne amaramente la contropartita.

 

L’opera:

La Figlia della Provvidenza

“Le esposizioni canine si presentano per lo più come uno spettacolo abbastanza entusiasmante: gli stessi animali, affidati ai rispettivi accompagnatori, sfilano all’interno del recinto coadiuvati da una severa vigilanza e dalle espressioni critiche del giudice di turno. Quegli eleganti e leggiadri dalmata, dallo splendido manto bianco a macchie nere, procedono a passo veloce in fila indiana guidati soltanto con un sottile guinzaglio dai relativi proprietari; soltanto la mia Morgana è condotta da un handler, (conduttori cinofili di esposizione ENCI specializzati nella presentazione dei cani sui ring durante le esposizioni. (n. d. a.) poiché in questa circostanza non credo di ritenermi all’altezza per accompagnarla a dovere a causa dei miei preoccupanti problemi fisici relativi ad un fastidioso dolore alla gamba.

         In seguito l’ufficiale giudicante si predispone a vagliare singolarmente le qualità degli stessi cani in riferimento ai canoni di valutazione della specifica razza per poi, dopo un’accurata riflessione, annunciare il nome del vincitore. Ecco il risultato fra i tanti della giornata: la mia cagnetta è proclamata vincitrice nella categoria libera femmine.

         La gioia è immensa a tal punto da stringere Morgana al mio cuore. Dopo quell’impulsivo abbraccio, tuttavia, subentra quasi subito un velo di tristezza; non credo di mostrarmi sprovveduto né ingenuo, comprendo benissimo, infatti, che il partecipare a queste tipologie di esibizioni nasconde velatamente un desiderio inappagato. Avverto una profonda solitudine, percepisco inoltre una carenza di una relazione affettiva con una compagna; in altre parole vorrei poter trascorrere una comunissima condizione familiare. In special modo sono pervaso da quel rimpianto per non aver potuto svolgere, fino ad ora, alla mia età di cinquantatré anni compiuti, il ruolo di padre.

         Morgana osserva attentamente i miei stati d’animo, guarda in silenzio, immobile, senza un minimo lamento. Continua a scrutarmi assiduamente come se volesse penetrare all’interno dei pensieri ed emozioni; chissà se in cuor suo riesce a comprendere tutte le mie intime insoddisfazioni?

         Il mio amico Alberto, che svolge l’attività di veterinario a cui affido le cure del dalmata, notando il mio sconforto, mi consiglia di chiedere in ufficio qualche giorno di ferie per svagarmi. Mi promette inoltre di prendersi cura della cagnetta durante la vacanza breve. Dopo un attento esame prendo in considerazione il suo consiglio decidendo più tardi di partire per passare il weekend in una località turistica adiacente al lago.

         Al mio ritorno, però, ricevo la triste notizia della fuga di Morgana dall’ambulatorio dove era custodita; fortunatamente la ritrovo in un secondo tempo davanti al portone di casa. Ad Alberto, allibito per l’impensato avvenimento, non resta che chiedere scusa senza riuscire a comprendere come l’animale abbia potuto fuggire dal suo studio.

         In effetti la mia cagnetta è particolarmente strana, ha un atteggiamento inconsueto. A dispetto delle considerevoli carenze nelle mie facoltà di memoria rammento vagamente che mi fu regalata qualche anno addietro dal proprietario di un importante allevamento di dalmata finlandese e, da questi, definito come un animale straordinario e di grandi capacità caratteriali. Da allora ho compreso di esserle profondamente legato assumendo talvolta, nei suoi riguardi, una condotta incomprensibile.

         I giorni si susseguono apparentemente in maniera serena sebbene continui a soffrire per quelle irrequietudini ormai radicate e che minacciano di minare la tranquillità personale. La mia Morgana, oltre a scandagliare il mio animo, tenta in tutti i modi di distrarmi dalla propensione a deprimermi cercando, attraverso svariate moine, di accentrare su di lei ogni attenzione.

         C’è la consuetudine, tra i residenti vicini alla mia abitazione, di frequentare i giardinetti del quartiere; è bello vedere le famiglie incontrarsi in quel parco insieme ai loro pargoli e ai loro amici a quattro zampe. Qualche bambino si avvicina addirittura al mio cane, incuriosito e attratto dalla sua naturale avvenenza; è proprio in quell’istante che mi sento attanagliare da un sentimento colmo di una marcata invidia verso quegli stessi genitori; si rivela difficile, appunto, sottrarmi a quell’insidiosa aspirazione di avere anch’io dei figli a tutti i costi.

         Alberto prova in ogni modo a convincermi che la smania di divenire padre deve necessariamente cedere il posto a quella di avere una donna con la quale condividere una esistenza familiare; dopo di che tutto ciò che ne potrebbe conseguire accadrà sicuramente in un secondo tempo. A tale proposito lui cita come esempio eclatante quel detto derivante dalla saggezza popolare riguardante il carro che non si può collocare davanti ai buoi.

         Un fatidico giorno mi accorgo di un accentuato gonfiore addominale della dalmatina che porto immediatamente dal mio amico veterinario il quale conferma un mio sospetto: Morgana sta attraversando in pieno il periodo di gravidanza. Non riusciamo a capire la causa dell’accaduto, quasi certamente l’increscioso imprevisto è potuto avvenire quando era fuggita temporaneamente dall’ambulatorio.

         Durante la fase di gestazione il mio animo è più rilassato, molto probabilmente ciò è dovuto alla distrazione e all’impegno di prestare le cure necessarie per la futura genitrice. Fra qualche mese la mia cagnetta sarà la mamma di chissà quanti cuccioli; a un tratto mi ritornano in mente strane congetture, in altre parole quelle riguardanti i suoi futuri figli e alla possibilità oramai preclusa di averne anch’io.

         La giornata successiva ricevo un’insolita telefonata da parte dell’ufficio organizzativo della recente esposizione canina; mi si comunica che, dopo svariati e solerti accertamenti svolti relativi alle iscrizioni della manifestazione, la vittoria attribuita a Morgana risulta invalida a tutti gli effetti poiché non in regola con l’iscrizione anagrafica canina. Oltre a ciò non è in possesso di alcun pedigree e, come se non dovesse bastare, l’allevatore citato da me ha dichiarato di non avermi mai conosciuto e che non ha mai posseduto né donato nessun cane con quel nome.

         In un secondo tempo decido di parlare di questa imbarazzante questione con Alberto il quale non può far altrimenti che confermarne la tesi: la bestiola in mio possesso non è censita all’anagrafe, non possiede alcun tatuaggio né microchip. Lui sostiene che molto probabilmente l’avrei adottata dopo averla prelevata dal canile municipale senza poi adempiere, per mera superficialità e dimenticanza, alla registrazione di rito; oltretutto non ricorda affatto di alcuna donazione da nessun allevamento.

         A me non resta altro che subire passivamente le recenti vicissitudini, la memoria è visibilmente appannata, ho dato per scontato avvenimenti che si sono rivelati fuori dalla realtà.

         I mesi trascorrono inesorabilmente fino alla data prevista per il parto. In quella predestinata giornata il colpo di telefono del mio amico medico giunge inaspettato ed inopportuno; in effetti la sua conversazione telefonica mi appare come una improvvisa pugnalata alle spalle.

Morgana non è riuscita, purtroppo, a sopportare il corso conclusivo della maternità; la spiegazione di questo incidente si potrebbe attribuire presumibilmente a un improvviso malore che ha contribuito a uno sforzo eccessivo della partoriente causandole un gravissimo e fatale scompenso cardiaco.

         Raggiungo precipitosamente l’ambulatorio per essere vicino alla mia creatura ma disgraziatamente è ormai priva di vita. La mia reazione immediata è quella di abbracciarla almeno per l’ultima volta; non riuscendo poi a controllare le mie emozioni “sbotto” in un pianto convulso. In seguito, trascorso un lungo periodo di lamentele e dopo aver placato leggermente il mio dolore chiedo, con una espressione di rassegnazione e con le lacrime agli occhi, notizie dei neonati.

Alberto, alle mie legittime richieste, assume un aspetto esteriore simile a una statua di pietra; non riesce inizialmente a pronunziare alcun discorso,  cerca in tutti i modi di soddisfare la mia richiesta ma le sue parole si rivelano incerte, come se stesse balbettando.

         Non è venuto al mondo nemmeno un cucciolo ma, al di là di ogni ordine del creato, è nata una bambina! Sì esattamente un organismo umano di sesso femminile. Il mio amico non riesce a spiegare l’origine di questa evoluzione innaturale ed inverosimile. Dapprima la mia opinione è quella di un discutibile scherzo fuori luogo del veterinario, poi comincio molto gradualmente ad adattarmi alla nuova e assurda circostanza; osservo quell’esserino innocente e, successivamente all’esame dei fatti accaduti, ne deduco che possa trattarsi nientemeno che “la figlia della provvidenza

         In mancanza della madre naturale non possiamo che somministrare il nutrimento alla neonata con il latte tramite un biberon; il bebè cresce in prosperità tanto che dopo breve tempo si trasforma in una deliziosa frugoletta.

         Alberto fa presente la necessità di trovare una soluzione per iscrivere la bambina all’ufficio anagrafe per evitare problemi e dubbi sulle sue origini alquanto miracolose, per non dire pazzesche. Per mezzo di alcune sue conoscenze agli uffici del Comune riesce a trovare la possibilità di regolare la posizione della neonata; le diamo il nome di Fortunata. Adesso si può giustamente affermare, nell’assurdità totale di quanto accaduto, che sono diventato padre a tutti gli effetti.

         A volte penso che gli accadimenti recenti siano il frutto di un dono della mia cagnetta, l’aver osservato intimamente il mio animo e vagliato affettivamente le segrete frustrazioni, abbia compiuto l’estremo sacrificio della propria vita per quel dono inatteso di una figlia.

         Sfortunatamente non abbiamo considerato che la poppante sia di origine canina e non riesce a parlare, cammina carponi usando mani e piedi, mangia dentro una ciotola con la sola bocca, ma soprattutto quello che sbalordisce e preoccupa è che l’infante ha una crescita accelerata: dopo due anni la bambina si trasforma in un’adolescente.

La ragazza è molto graziosa nell’aspetto esteriore però non sa ancora articolare le parole e ovviamente non sa leggere né scrivere. Poichè a causa della crescita repentina sono sorti grossi problemi di età anagrafica non corrispondenti all’aspetto manifesto, si rende veramente difficile farla andare regolarmente in una scuola pubblica come prescritto dalla legge; in conclusione Alberto applicandosi con impegno riesce a farle figurare tramite un espediente l’effettiva frequenza scolastica in una struttura privata.

         Nutro seri dubbi sull’efficienza di tutti queste soluzioni illegittime per eludere e giustificare alle Autorità di competenza il singolare percorso della fanciulla; d’altronde mi fido ciecamente del mio amico e soprattutto del suo operato, io invece mi sento frastornato, confuso, per assumere la responsabilità di decisioni importanti. Alberto mi ricorda che alla nostra umana crescita temporale di un anno ne corrispondono, per la costituzione fisica e per l’origine della bambina, ben sette.

         Il desiderio di uscire con Fortunata in prossimità del parco dove prima uscivo con Morgana sovrasta tutte le difficoltà incontrate; adesso sono un papà come tutti gli altri, anch’io per la prima volta mi sento uguale a quei genitori che portano a spasso la prole. L’atteggiamento della ragazza nei riguardi dei suoi coetanei non è corrispondente alle mie aspettative, il comportamento è decisamente goffo a tal punto da far sembrare di avere seri problemi psicologici. Ascoltare i vari commenti poco gratificanti della gente sui requisiti mentali di Fortunata ferisce i miei sentimenti.

         Dopo qualche anno “la figlia della provvidenza” si trasforma in una signorina assai carina e educata, ha seguito con diligenza i miei insegnamenti imparando tutte le forme basilari della scrittura tuttavia, per il momento, non riesce a pronunciare nessuna parola.

         È veramente bello passeggiare con lei persino lungo i marciapiedi della città, le vetrine addobbate con i diversi articoli di abbigliamento attraggono la sua curiosità; sventuratamente gli incontri con persone che camminano conducendo cani al guinzaglio la innervosiscono considerevolmente a tal punto che riesco a captare vagamente il digrignare dei suoi denti. Gli altri cani rispondono abbaiando ed io sono costretto a trascinare la ragazza verso di me allontanandola da quella spiacevole “canizza”.

         Un notevole problema, imprevisto, verificatosi di recente, è quello riguardante la sessualità, lei è entrata da poco in calore e, per effetto della anomala situazione, è attratta a fare l’amore con me. Nel mondo animale tutto ciò è naturale e, dopo un primo periodo di svezzamento, non sussistono distinzioni tra genitori e figli.

Essendo io una persona rispettosa dell’etica conduco un contegno consono alla rettitudine e alla morale. Alberto mi aiuta in proposito somministrando a Fortunata calmanti per acquietare il suo istinto e, in una qual maniera si riesce a superare provvisoriamente il problema sorto.

         Gli anni trascorrono implacabili, ho raggiunto l’età di sessanta anni, mentre mia figlia, al conteggio di esistenza canina, entra nel quarantanovesimo assumendo l’aspetto di una bella ed elegante signora. Nonostante le sembianze di donna raffinata, non riesce ancora a parlare, le persone che ci conoscono e che ci frequentano pensano che sia muta.

         Con il tempo che incalza inesorabilmente oltre alla caratteristica spossatezza generale, dovuta ovviamente anche allo stress cui sono sottoposto, si aggiunge quella relativa alla pesante situazione psicologica e tiro le somme, con le dovute mille riflessioni, sull’andamento della mia conduzione genitoriale.

La brama incessante di diventare padre cosa ha cambiato radicalmente nella mia esistenza? Nulla, se non quella di ospitare una presunta figlia, una figura umana che racchiude, però, la vera conformazione animale. Ho vissuto questi ultimi anni nella finzione di essere papà, tutto il mio arco vitale si è rivelato costellato da falsità e apparenza ed inoltre nell’immediato futuro mi sarà precluso per sempre un modo di vivere ordinario. Non mi resta che pagarne adesso l’amara contropartita.

         Il dalmata è un cane piuttosto delicato con la disposizione naturale a specifiche insufficienze renali. Fortunata si ammala gravemente e Alberto è costretto a malincuore ad accertarne la malattia senza riuscire però a trovare una soluzione adeguata e mirata ad una pronta guarigione. Dopo qualche mese mia figlia si aggrava ulteriormente e nessun medicinale sembra appropriato come risolutivo per la sua salute. Tutti gli sforzi e tentativi terapeutici per curarla si dimostrano inefficaci, non rimane che pregare e aspettare nel dolore che mi attanaglia.

         Questo lasso di tempo relativo alla dolorosa patologia di Fortunata è drammatico, la sua sofferenza intacca completamente il mio stato d’animo fino a quando intuisco di essere sopraggiunto all’epilogo del paradossale corso degli eventi; la paziente, sventuratamente, è in procinto di terminare la propria permanenza su questa terra. Inaspettatamente ecco che, in quella tragica circostanza la sento parlare anche se con molta difficoltà, pronunciando, incespicando con estrema fatica, le seguenti parole “Papà ti voglio bene, è stato bello, sei stato un ottimo padre, adesso ti devo lasciare per raggiungere la mamma, addio papà!”

La mia reazione a quel luttuoso evento non riesco a descriverla nemmeno adesso. Sì, quell’esperienza di genitore, quantunque fosse anomala e, allo stesso tempo irrazionale, si è dimostrata meravigliosa tanto da non poterla mai dimenticare. Alberto mi si avvicina e con le lacrime agli occhi mi porge le condoglianze.

         Alla luce dell’evidenza questa pazzesca esperienza mi ha lasciato solchi indelebili di gioia mista a dolore; adesso mi sento interiormente vuoto, non so più cosa fare. L’incommensurabile aspirazione di diventare papà mi ha trascinato in un genere di avventura ai confini dell’assurdità più totale; la mente stessa è stata succube di questa irragionevolezza. Sarà per l’età avanzata o forse per tutto ciò che mi è capitato, non provo alcun desiderio se non quello del totale oblio.

Tornando a casa dopo una lunga passeggiata, davanti alla porta del mio appartamento è accucciato un cane, una femmina di dalmata.

Lo stupore provato è smisurato e allo stesso tempo preoccupante, mi guarda con insistenza fissando i miei occhi intensamente; la fisionomia mi suscita un particolare ricordo; quel musetto è straordinariamente familiare, chi sarà mai?”

Franco Salvatore Grasso: La figlia della provvidenza

La Commissione di valutazione costituita da scrittori, poeti e giornalisti rinnovano i complimenti a Franco Salvatore Grasso per l’eccellente componimento; congratulazioni.

A breve pubblicheremo l’intervista a lui dedicata.

Informazioni più dettagliate dell’autore sono reperibili nella sua pagina Facebook

https://www.facebook.com/franco.grasso.524

Grazie

 

 

 

 

 

 

Monica Gori: Tempesta di ghiaccio

Marco Polli: La fata birichina

 

Monica Gori: Tempesta di ghiaccio

Pubblichiamo, così come previsto dal Regolamento del nostro Concorso LetterarioIl Macinino” le opere dei primi tre classificati nelle Sezioni Poesie e Racconti.

L’autrice Monica Gori, con la sua opera poetica Tempesta di ghiaccio, si è classificata al 3° posto nella Sezione Poesie.

Monica Gori: Tempesta di ghiaccio

Ecco una breve sinossi dell’opera:

Non si scappa dalla propria storia ed io sarò come la roccia immobile nel fiume impetuoso dove le acque scorrono gelide e rumorose. Ed io stanca come una statua corrosa dal tempo proverò indifferenza per ogni cosa. Perché l’indifferenza è un’arma più violenta della violenza stessa.

L’opera poetica:

TEMPESTA DI GHIACCIO

 

Il vento boreale

sparge scaglie di ghiaccio.

L’ aurora luminosa anima del cielo

respiro glaciale.

Il mio spirito sfiora l’albore della luna.

Sono viva nel battito dei miei ricordi.

Prenderò le mie lame

le macchierò di verità

e le bagnerò di lacrime.

Solo allora scriverò

che voi siete stati la mia più cara bugia,

il mio incubo più bello,

la sofferenza più grande.

Solo allora dipingerò tra un graffio e un graffito

che i miei baci erano intinti di veleno

La Commissione di valutazione costituita da scrittori, poeti e giornalisti rinnovano i complimenti a Monica Gori per l’eccellente componimento; congratulazioni.

A breve pubblicheremo l’intervista a lei dedicata.

Informazioni più dettagliate dell’autrice sono reperibili nella sua pagina Facebook

https://www.facebook.com/monica.gori.39

 

Pietro Catalano: La mia città

Marco Polli: La fata birichina

 

Pietro Catalano: La mia città

Pubblichiamo, così come previsto dal Regolamento del nostro Concorso LetterarioIl Macinino” le opere dei primi tre classificati nelle Sezioni Poesie e Racconti.

L’autore Pietro Catalano, con la sua opera poetica La mia città, si è classificato al 2° posto ex aequo nella Sezione Poesie.

Pietro Catalano: La mia città

“La mia città

Io sono zolla di memorie,

mio nonno con mani callose,

mia madre col seno zeppo

di latte, pane duro di ieri.

Sono mio padre orfano, montagne

brulle dove pecore brucano

erba tra sassi roventi.

Sono ruscello che scorre

fino al mare, albero con braccia

aperte al cielo, pioggia che disseta

campi abbandonati al crocidio dei corvi.

E questa città dimentica

il canto del mattino, chiese abbandonate

al bisbiglio di turisti, porfido antico

immolato alla nera pece, ragazzi soli

col domani nelle tasche bucate.

E’ sempre roseo il sole che tramonta

accarezzando il Cupolone, notte chiara

ai lampioni di luce fioca, rifugio

di coppiette sbocciate al bagliore della luna.

E questa città dimentica il suo futuro.”

La Commissione di valutazione costituita da scrittori, poeti e giornalisti rinnovano i complimenti a Pietro Catalano per l’eccellente componimento; congratulazioni.

A breve pubblicheremo l’intervista a lui dedicata.

Informazioni più dettagliate dell’autore sono reperibili nella sua pagina Facebook

https://www.facebook.com/pietro.catalano.585

Grazie