La voce delle donne

Dal 2006 al 2017 le donne uccise in Italia sono state 1740 e di queste più del 70% in ambito familiare; sono tragici numeri che indignano la nostra coscienza e che fanno esplodere la voce delle donne

Nella maggior parte dei casi, il femminicidio è preceduto da atti di violenza fisica e psicologica che tendono a minare la sicurezza e il senso di consapevolezza nelle donne.

 Le cronache raccontano, attraverso i potenti riflettori dei media, solo quando la tragica violenza fisica è stata ormai perpetrata con grave danno della vittima ma, la sottile e vile violenza quotidiana fatta di parole, sguardi intimidatori, scarsa o nulla considerazione, viene spesso fatta passare in secondo piano pur essendo parte integrante e humus nel quale si fonda quel retroterra culturale che ancora oggi persiste nella nostra società e condiziona in maniera distorta le relazioni umane.

Su queste basi prende vita e acquista rilevanza il progetto fotografico: La voce delle donne – considerazioni al femminile riguardo alla violenza di genere, cui hanno partecipato 21 donne che hanno aderito con entusiasmo, in assoluta libertà di forma e di contenuti concedendo la loro immagine ed esternando i loro pensieri riguardo questa piaga sociale.

 Attraverso le loro parole ed i loro sguardi veniamo introdotti nel territorio oscuro delle speranze svanite, della disillusione, del dolore, della paura ma, nel contempo anche nella voglia di luce, di rinascita e di consapevolezza, nella bramosa necessità di una sana educazione per i figli, di speranza e di futuro.

La voce delle donne, un progetto solo in parte fotografico e dedicato all’universo femminile dal quale è stato anche realizzato un libro che uscirà a fine maggio.

Oltre alla pubblicazione editoriale è stata realizzata anche un’esposizione di quadri che contengono un ritratto fotografico e le testimonianze delle 21 donne partecipanti.

La mostra fotografica, accompagnata da un reading, è un percorso fatto di volti e parole che trasportano i visitatori in un mondo intimo e straordinariamente prezioso di desideri, episodi ed esperienze realmente vissute, di quello che di buono sarebbe potuto accadere, con semplicità e schiettezza, cercando di affrontare direttamente il cuore del problema.

Ognuna ha trovato in questo progetto la possibilità di esprimersi, in modo personalizzato e autentico, con la propria voce; uno spaccato del mondo femminile raccontato coraggiosamente dalle donne che hanno avuto il grande merito ed il coraggio di testimoniare mettendoci…” la faccia”.

 

Sergio Battista nasce a Roma nel 1969, divide da sempre i suoi interessi artistici tra la musica e la fotografia. Predilige la fotografia di scena, musicale e la ritrattistica; ha partecipato a mostre personali e collettive in Italia e all’estero, collabora con il blog di critica teatrale e musicale Brainstorming Culturale; alcune sue immagini sono rappresentate dall’agenzia ART+Commerce di New York e dalla galleria SpazioGMArte di Milano. Nel 2015 ha pubblicato il libro fotografico “L’Infinita Bellezza – ritratti femminili a Roma”, a cura di Mino Freda.

 

Mostra Fotografica

Ingresso libero

Progetto e fotografie di Sergio Battista

Con la partecipazione di Arianna Ninchi e Silvia Siravo

CASA INTERNAZIONALE DELLE DONNE

Sala Atelier

Via della Lungara, 19 – Roma

20 Maggio 2017

Dalle 16,30 alle 19,30

 

Ufficio Stampa

Alma Daddario & Nicoletta Chiorri

347 2101290 – 338 4030991

segreteria@eventsandevents.it

Ai confini della meraviglia

Dal 6 maggio al 9 giugno Roma ospita la mostra “Ai confini della meraviglia”, un affascinante percorso espositivo attraverso le eccellenze delle 18 Regioni che partecipano all’iniziativa:

Borghi – Viaggio Italiano.

Oltre 1000 le destinazioni, simbolo dell’Italia più autentica, che faranno immergere i visitatori in un viaggio virtuale tra i borghi e le località della nostra Italia più autentica e, spesse volte, sottovalutata o ignorata.

Il Ministro Franceschini, sabato 6 maggio alle ore 11.00 parteciperà all’inaugurazione del primo evento di “2017 Anno dei borghi”, promosso dal MIBACT insieme alle Regioni italiane.

 

Un suggestivo allestimento, accompagnerà il pubblico fino a una grande mappa illustrata dell’Italia dove sarà possibile sperimentare un tour virtuale ed interattivo alla scoperta di un mondo magico, fatto di esperienze autentiche, prodotti enogastronomici, tradizioni e qualità del vivere.

imago_Borghi

imago_Borghi

Le 18 Regioni dell’iniziativa Borghi – Viaggio Italiano saranno protagoniste di un intenso calendario di eventi, spettacoli e animazioni per promuovere il patrimonio storico – artistico – ambientale ed il turismo sostenibile.

Borghi – Viaggio Italiano è l’iniziativa di valorizzazione di 1000 borghi; dall’entroterra alla costa, come luoghi del turismo lento, dell’autenticità e della qualità di vita.

L’iniziativa, promossa nel 2017, dichiarato dal MIBACT l’Anno dei Borghi, promuove a livello nazionale e internazionale, l’Italia dei piccoli paesi, ricchi di testimonianze del passato ed ancora custodi della storia, della tradizione e dell’identità del territorio.

Località uniche, affascinanti ma ancora poco conosciute, dove l’ospite può riappropriarsi di una dimensione di viaggio a misura d’uomo e lontano dai percorsi turistici convenzionali.

Ai confini della meraviglia, realizzata nell’ambito dei progetti interregionali di sviluppo turistico, è condivisa da 18 Regioni e la Regione Emilia-Romagna ne è capofila insieme al MIBACT.

 

La mostra si snoda attraverso 4 percorsi tematici:

Borghi d’Italia;

Borghi Storici Marinari;

Terre Malatestiane e del Montefeltro;

Località dei Paesaggi d’Autore che presenta borghi e località legate ad illustri personaggi della cultura italiana.

18 sono le Regioni interessate.

 

Riscoprire esperienze autentiche, prodotti enogastronomici, tradizioni e qualità del vivere: tutto questo è possibile grazie a un viaggio attraverso i borghi di 18 regioni italiane e tra le comunità che li abitano.

Tutto questo è Ai confini della Meraviglia.

Roma – Terme di Diocleziano

Ingresso da Viale Luigi Einaudi

6 maggio – 9 giugno 2017

Ingresso libero

Orari di apertura
da martedì a domenica · ore 10.30 – 19.30 (ultimo ingresso ore 18.30)

Chiuso lunedì

 

 

 

25 novembre: no violenza sulle donne

violenza sulle donne scarpe rosse

La cronaca italiana degli ultimi tempi ha portato in evidenza una paurosa escalation di violenza sulle donne che non accenna a placarsi: i casi di femminicidio, violenza domestica, violenza fisica e psicologica, stalking, come ci mostrano le pagine di cronaca dei giornali e i servizi dei notiziari, sono una realtà con cui la nostra società deve fare i conti, dal punto di vista umano e legislativo.

Oggi, 25 novembre, è la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1999 per sensibilizzare governi, associazioni e opinione pubblica su questo argomento delicato. La scelta di questa data non è casuale, ma rimanda all’assassinio delle sorelle Mirabal: le tre donne erano note per essere attiviste del movimento che si opponeva alla dittatura di Rafael Leonidas Trujillo nella Repubblica Dominicana. Il 25 novembre 1960 furono massacrate a colpi di bastone, torturate e strangolate, per poi essere gettate in un precipizio, da alcuni agenti del Servizio di informazione militare.

Violenza sulle donne: i dati

Il 5 giugno 2015 l’Istat ha reso noti i risultati di un’indagine avente in oggetto la violenza sulle donne dentro e fuori le mura domestiche, approfondendo anche l’aspetto delle conseguenze di questi soprusi e la loro gravità.

violenza sulle donne 25 novembre

Dai dati è emerso un numero inquietante: 6 milioni 788 mila donne hanno subito nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale, il 31,5% delle donne di età compresa tra i 16 e i 70 anni. Si tratta di un numero ancora troppo alto, ma fortunatamente in calo rispetto all’indagine precedente.

Nel 37,8% dei casi la donna ha riportato ferite, nel 36,1% ha temuto per la propria vita, la violenza è stata molto grave nel 44,7% dei casi.

Tra le conseguenze più diffuse le vittime hanno raccontato di perdita di fiducia ed autostima, ansia, fobia, attacchi di panico, disperazione e sensazione di impotenza, disturbi del sonno e dell’alimentazione, depressione, difficoltà a concentrarsi, perdita della memoria, autolesionismo o idee di suicidio.

Eppure il 23,5% delle donne non parla di questo dramma, soprattutto quando a perpetrare le violenze è il partner attuale (qui la percentuale sale a 39,9%). Ci si confida soprattutto con amici (35%) e familiari (33,7%), ma anche con carabinieri, polizia, avvocati, medici, infermieri, assistenti sociali.

Tra il confidarsi e il denunciare, però, c’è un abisso: soltanto il 12,3% denuncia la violenza alle forze dell’ordine, evidenziando una distorta percezione della gravità di quanto subito. Infatti soltanto il 35,4% delle donne che hanno subito violenza fisica o sessuale ritiene di essere vittima di un reato, il 44% sostiene che si è trattato di qualcosa di sbagliato ma non di un reato, mentre il 19,4% considera la violenza solo qualcosa che è accaduto.

La violenza sulle donne, però, non è solo fisica, non si palesa solo sotto forma di stupri o percosse. Le donne sono vittime, da parte di compagni ed ex compagni, di dinamiche quotidiane di abuso di potere, controllo, sottomissione, svalorizzazione, isolamento, intimidazione, imposizione. Nel 2014 circa 4 milioni 400 mila donne hanno dichiarato di subire o di avere subito violenza psicologica dal partner attuale, il 26,4% della popolazione femminile in coppia. La violenza psicologica è comunque in forte calo rispetto al 2006, quando era al 42,3%.

Violenza sulle donne è anche lo stalking (letteralmente “fare la posta”). Con questo termine si intendono quegli atti di persecuzione e intimidazione, ripetuti nel tempo, che causano alla vittima un’ansia e un timore tali da condizionarne le abitudini e gli stili di vita. Finalmente il Decreto Legge 23 febbraio 2009 n.11 (decreto Maroni), convertito in Legge n. 38 del 23 Aprile 2009, ha introdotto nel nostro ordinamento il reato di “Atti persecutori”, andando a colmare il vuoto legislativo fino ad allora esistente.

L’art 612 bis c.p. recita: Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque reiteratamente, con qualunque mezzo, minaccia o molesta taluno in modo tale da infliggergli un grave disagio psichico ovvero da determinare un giustificato timore per la sicurezza personale propria o di una persona vicina o comunque da pregiudicare in maniera rilevante il suo modo di vivere, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione da sei mesi a quattro anni.

Le donne che hanno subito stalking sono 3 milioni 466 mila, il 16,1%: la metà di loro lo ha subito dall’ex partner. Le forme più diffuse di questo reato riguardano la ricerca insistente di parlare con la vittima, ripetuti messaggi e telefonate, lettere e regali indesiderati, la vittima viene seguita, spiata, minacciata e offesa sui social network.

Violenza sulle donne: numero rosa 1522

1522 è il numero di pubblica utilità voluto ed attivato nel 2006 dal Dipartimento per le Pari Opportunità, che punta a contrastare il fenomeno della violenza dentro e fuori le mura domestiche, offrendo numerosi servizi a chi subisce questa situazione di disagio, a cominciare dall’ascolto e dal sostegno emotivo-psicologico, in un’ottica esclusiva di aiuto, mai giudicante.

Il numero è attivo 24 ore su 24 tutti i giorni dell’anno ed è accessibile dall’intero territorio nazionale gratuitamente, sia da rete fissa che mobile, con un’accoglienza telefonica multilingue. Gli operatori svolgono diverse azioni, compresa quella di attivare per le situazioni di emergenza la procedura di contatto e collaborazione con le Forze dell’Ordine o coi servizi specializzati presenti sul territorio.

Violenza sulle donne e self defence

In occasione della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, la Fikbms (Federazione italiana Kickboxing, Muai Thai, Savate e Shoot Boxe) col patrocinio della Polizia di Stato porterà fino al 30 novembre in diverse città italiane l’iniziativa Colpita, Affondato: si tratta di corsi e stage gratuiti di autodifesa dedicati alle donne, organizzati nelle strutture sportive aderenti alla Federazione in tutta Italia, proprio per sensibilizzare sulla violenza nei confronti del sesso femminile.

Con l’aiuto degli psicologi per la parte dedicata al supporto emotivo, i maestri daranno alle partecipanti una serie di elementi teorico-pratici per controllare la paura, migliorare la reattività in situazioni di pericolo, fronteggiare possibili aggressori, difendersi da attacchi violenti, facendo leva più sulla velocità e sulla freddezza, che sulla forza fisica.

Accostarsi allo studio della difesa personale è il primo passo verso la consapevolezza e l’amore per se stesse. Significa aver capito i propri limiti, il problema e il pericolo delle aggressioni, e scegliere una soluzione positiva e determinante! Conoscere le tecniche di autodifesa non vuol dire perdere la femminilità, diventare violente e aggressive, ma arricchirsi di nuove conoscenze, nuove tattiche per affrontare le situazioni difficili e pericolose e vivere più serenamente e tranquillamente. La vera difesa personale inizia “dentro” ciascuna di voi, dall’immagine che avete di voi stesse. Se vi sentile degne di valore e di rispetto, saprete come farvi accettare e farvi rispettare dagli altri. La difesa, comunque, dipende anche da una maggior attenzione a ciò che succede attorno a voi, dalla vostra capacità e abilità di evitare certi pericoli e le situazioni che potrebbero danneggiarvi. (Prof. W. Bassanelli – Giugno 2010)

Violenza sulle donne: le scarpe rosse

Il 27 luglio 2012 Elina Chauvet realizza, davanti al consolato messicano di El Paso, in Texas, un’installazione artistica in ricordo delle centinaia di donne uccise nella città di Juarez. Per loro, giovani di età compresa tra i 15 e i 25 anni, la stessa triste sorte: rapite, stuprate, mutilate, strangolate e abbandonate nel deserto, il tutto in un clima di indifferenza e omertà da parte delle autorità e dei cittadini. Da tutta quella impunità e tutto quel silenzio nasce il suo atto di ribellione: nel 2009 Elina raccoglie tra le sue conoscenti trentatré paia di scarpe rosse, installandole poi nello spazio urbano di Juárez.

Rifà la stessa cosa due anni dopo a Mazatlan, nello stato di Sinaloa e in quell’occasione di paia di scarpe gliene vengono donate trecento.

Per questo le scarpe rosse sono diventate il simbolo del 25 novembre, della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne.

Una società che si definisce civile non può permettere che le sue donne vengano umiliate, picchiate, stuprate o nel peggiore dei casi uccise per mano di uomini che, molto spesso, dichiarano di farlo per amore. La Giornata nazionale contro la violenza sulle donne si celebra perché si continui a parlare di Lucia Annibali (sfregiata con l’acido), di Carla Caiazzo (date alle fiamme quando era incinta all’ottavo mese), di Chiara Insidioso (picchiata fino ad essere ridotta in stato vegetativo), di Sara Di Pietrantonio (strangolata e bruciata), affinché storie come le loro non si ripetano mai più.

I diritti delle donne sono una responsabilità di tutto il genere umano; lottare contro ogni forma di violenza nei confronti delle donne è un obbligo dell’umanità; il rafforzamento del potere di azione delle donne significa il progresso di tutta l’umanità. (Kofi Annan)

Una porta sul futuro: la questione femminile oggi

 

Non sappiamo se il titolo dell’articolo del New York Times del 1943 era: “Una porta sul futuro: la questione femminile oggi“ , sappiamo però che la risposta alla domanda circa la natura del femminismo di Rebecca West è di un’attualità incredibile :“Io stessa non sono mai stata in grado di scoprire cosa è esattamente il femminismo; so solo che la gente mi chiama femminista ogni volta che esprimo sentimenti che mi differenziano da uno zerbino.”

Rispondeva cosi , infatti al New York Times durante un’intervista rilasciata nel 1943, alla domanda “cos’è il femminismo”, Rebecca West, scrittrice britannica molto impegnata nella causa femminista che si diffondeva a macchia d’olio in Europa proprio in quegli anni.

È curioso chiedersi cosa penserebbe la scrittrice se oggi dovesse scoprire che la domanda postagli è ancora incredibilmente attuale e la sua risposta ritorna come un tuono nelle menti di chi legge.
Si perchè il fenomeno spesso relegato alle pagine di storia del passato, trova oggi nuovo vigore ponendosi come una porta sul futuro, e affermando nuovamente la questione sul femminismo oggi.

Parrebbe difatti, un controsenso affrontare oggi l’argomento della questione dell’emancipazione femminile. Anacronistico quasi e invece purtroppo è di un’attualità spaventosa.

La questione esiste, e va per certi versi ancora affrontata legiferando in tal senso. Certo è che la testa sotto la sabbia non bisogna nasconderla, e senza dubbio alcuno possiamo dire che gli anni dei movimenti femministi, l’avanzare del progresso, della tecnologia e del benessere, abbiano in qualche modo contribuito a far acquisire alle donne una maggiore identità e consapevolezza. La parità dei sessi raggiunta in alcune società a regimi democratici e liberi ha indubbiamente ricondotto le donne a riscoprire la propria affermazione fuori dalle mura domestiche, rompendo gli schemi sociali che le vedevano relegate al ruolo di genitrice, e focolare della casa di famiglia. Nulla togliere al meraviglioso e assolutamente necessario desiderio da parte di una donna di essere madre e moglie. L’esperienza della maternità è assolutamente uno dei momenti della vita concessi per natura solo alle donne di un’estrema totalità e magnificenza.

Eppure il problema, o per meglio dire la questione spinosa si sposta piuttosto sulla possibilità di scelta da parte delle donne di essere madre oppure no, di essere una professionista oppure no. È da quando la donna ha iniziato ad avere possibilità di scelta rispetto alla posizione da ricoprire nella società che alcuni problemi son venuti fuori. La donna ha scelto di entrare in società, con le stesse carte dell’uomo, ed è qui che il meccanismo per certi aspetti sembra essersi bloccato: la società non era ( in alcuni casi non lo è tutt’oggi) pronta ad accogliere questo nuovo modello.

Contratti del lavoro che prevedono il licenziamento in caso di gravidanza, responsabili delle risorse umane che al momento dei colloqui chiedono sempre più spesso alle candidate se hanno la volontà di fare un figlio. Come se una cosa dovesse escludere l’altra. Come se affermarti lavorativamente non prevedesse la possibilità di affermare l’essere donna nell’ambito privato e familiare. Senza spostarci troppo dalla nostra penisola, le cronache ci ricordano spesso che in molti luoghi risulta ancora inaccettabile che una donna single abbia un bambino, una casa tutta per sé e che occupi posti di dirigenza politici, pubblici, privati. Colpa di una cultura spesso troppo radicata e dura a morire.

emancipazione-femminile

Colpa di una scarsa e mal distribuita informazione. Eppure ancor troppo spesso le donne devono interfacciarsi con realtà basate su sistemi maschilisti che non le accolgono o che non sono organicamente attrezzati per incontrare le esigenze di una donna, biologicamente diverse da quelle degli uomini. Questo porta a riflettere sul fatto che la consapevolezza, l’affermazione della propria identità, l’emancipazione tutta rischia così di diventare a tutti gli effetti una condizione negativa, sottoposta a pesanti pregiudizi e discriminazioni piuttosto che essere fonte di privilegi.

Sicuramente non bisogna approcciarsi alla questione come un fatto compiuto. L’emancipazione femminile è ancora tutt’oggi in essere e se indiscutibilmente dei passi in avanti sono stati fatti, ci sono in ogni caso le basi che lasciano auspicare un vero compimento del concetto di emancipazione e parità tra sessi i cui semi sono stati lanciati nel secolo scorso. Quindi una questione aperta. Una porta sul futuro che riporta ad oggi la questione sul femminismo.

Alzheimer, oggi la giornata mondiale

alzheimer

Era il 1910 quando il dottor Alois Alzheimer pubblicò il suo primo studio sulla malattia da lui individuata e che ha preso il suo nome: ad oggi la ricerca su questa forma di demenza vanno avanti, per cercare sia cure che possano rallentarne il processo degenerativo che possibili cause e interventi preventivi.

Questo in corso è il V Mese Mondiale Alzheimer e il 21 settembre ricorre la Giornata Mondiale Alzheimer, istituita nel 1994 dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) e dall’Alzheimer Disease International per creare una coscienza pubblica sulla malattia e riunire malati, familiari e associazioni Alzheimer di tutto il mondo.

L’Alzheimer (per cui ad oggi non esiste cura) è una malattia dal forte impatto sulla società che mette a dura prova non solo il malato, ma soprattutto la sua famiglia e i suoi cari. Secondo gli esperti sarebbe causato da un accumulo di proteina beta-amiloide nel cervello. Di recente alcuni scienziati hanno messo a punto un farmaco (chiamato Aducanumab) capace di ridurre questa quantità e quindi rallentare il corso della malattia.

La frontiera successiva è capire se esista la concreta possibilità di una regressione dei sintomi già diagnosticati, parallelamente alla rimozione della beta-amiloide nel cervello.

Associato alla perdita di memoria, di per sé già aspetto che ne fa percepire la gravità, l’Alzheimer, nel suo decorso, si caratterizza per molteplici altri aspetti ugualmente gravi: impoverimento del vocabolario, difficoltà nell’eseguire azioni quotidiane e semplici movimenti, mancato riconoscimento di persone e luoghi, impeti di rabbia e aggressività, apatia, stanchezza.

Secondo il Rapporto Mondiale Alzheimer 2015, sono circa 47 milioni le persone affette da demenza nel mondo, cifra che, secondo le previsioni, raddoppierà nei prossimi 20 anni.

Soltanto in Italia si contano circa 600 mila malati di Alzheimer, stando all’ultima ricerca effettuata dal Censis (Centro Studi Investimenti Sociali) con l’Aima (Associazione italiana malattia di Alzheimer). Il numero è in aumento e a crescere è anche l’età media, pari oggi a 78,8 anni rispetto ai 77,8 anni del 2006, quando i malati erano 520 mila.

A preoccupare è il rischio di isolamento sociale a cui vanno incontro le famiglie, spesso abbandonate e prive di supporto e servizi adeguati; profonde sono le differenziazioni territoriali dell’offerta, in termini di assistenza e aiuto specializzati, che penalizzano soprattutto il Sud.

Giornata Mondiale Alzheimer: le iniziative

In occasione della XXIII Giornata Mondiale Alzheimer sono state organizzate, in tutta Italia, diverse iniziative.

Bologna, Trieste, Como, Milano, Bari, Perugia: da nord a sud, i vari incontri saranno utili per porre domande ad esperti del settore, per informarsi in merito alle terapie, per confrontare le proprie esperienze con quelle di altre famiglie.

Le giornate in programma si caratterizzano come importanti occasioni per medici, addetti al sociale, ma soprattutto persone che quotidianamente fanno fronte ai disagi causati dalla malattia, all’isolamento che ne consegue e al senso di incapacità nel fronteggiarla che la accompagna.

Difficile, infatti, è soprattutto capire come relazionarsi con questi malati, come comportarsi, come affrontare i loro cambiamenti e il degenerare dell’Alzheimer.

A Roma, per l’occasione, è stata organizzata una campagna di test preventivi gratuiti a cura della Fondazione Igea Onlus e dell’Università di Roma, in collaborazione con l’Associazione Alzheimer Roma Onlus: il test fornisce un controllo generale dello stato cognitivo della persona, per individuare eventuali deficit riconducibili al rischio di sviluppo della patologia nei prossimi anni.

Per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’Alzheimer e sull’isolamento a cui vanno incontro i malati e le loro famiglie, verrà inoltre proiettatato presso il Cinema Greenwich il cortometraggio Non temere, diretto da Marco Calvise, seguito da dibattito. Il film è patrocinato da Aima e dall’Associazione Alzheimer Roma Onlus.

Non temere racconta la giornata di Giuseppe, malato di Alzheimer ad uno stadio avanzato, ricoverato in un istituto: vengono messi in luce sia le relazioni umane, dal rapporto con l’infermiera che lo assiste a quello con la moglie e la figlia, che gli aspetti problematici portati dalla malattia, dalla perdita di memoria alla difficoltà di comunicare e compiere  i gesti quotidiani.

Alzheimer sui social: progetto My grandma is fading

Il progetto artistico di Luca Vallese, 23enne di Torino, prende ispirazione da un oggetto molto semplice: una fotocopiatrice. Nello specifico, il rumore visivo che si genera facendo delle fotocopie e che può stratificarsi, accumularsi sull’immagine, se si continua a fotocopiarla. E questo è esattamente ciò che ha fatto con una foto di sua nonna, malata di Alzheimer dal 2008: l’ha fotocopiata più e più volte, realizzando un progetto grafico d’impatto, che rende visivamente bene ciò che accade a queste persone, che lentamente è come se scomparissero, se si perdessero in corridoi bui, mentre i loro ricordi si dissolvono.

alzheimer

Luca sta veicolando il suo progetto, intitolato My grandma is fading su Facebook e Istagram, pubblicando una foto al giorno: dalla prima, quella originale, nitida, che diventa mano a mano più sfocata.

alzheimer

Il suo obiettivo, spiega, “è di natura prettamente artistica: prendere qualcosa di privato e renderlo bello e universale, nella misura in cui è possibile, qualcosa in cui anche altre persone abbiano la possibilità di riconoscersi”. La speranza che c’è dietro è che “possa generare nelle persone un cortocircuito emotivo sufficiente da permettere loro di guardare i propri familiari con gli occhi della prima volta, con lo sguardo ancora nuovo che si ha quando si ha a che fare con qualcuno ancora da conoscere”.