Una casa…lontano da casa: l’A.I.L.

Una casa…lontano da casa: l’A.I.L.

Confesso che, inizialmente, non percepivo soverchie difficoltà nel’introdurre l’importante intervista che la Dott.ssa Sara Zago ha concesso alla Prof.ssa Caterina Guttadauro La Brasca; immediatamente – però – l’attenzione è stata catturata dai nomi delle personalità a cui si fa cenno e che generano profondi sentimenti di stima, di ammirazione, di rispetto e, perché no, di sano orgoglio nazionale per il loro spessore umano, medico, scientifico e culturale.

Sono le migliori intelligenze che arricchiscono e qualificano il nostro paese e tutti noi dobbiamo essere loro grati per la preziosa attività di ricerca e cura che svolgono a beneficio della comunità.

Con tutta umiltà mi accingo quindi a presentarli.

Prof. Sante Tura  Direttore della Scuola di Specializzazione in Ematologia, Professore Emerito dell’Università di Bologna, ematologo e ricercatore a livello mondiale, uno dei padri della ematologia italiana, Presidente dell’A.I.L. di Bologna, già Direttore dell’Istituto Ematologico del Policlinico S.Orsola di Bologna e direttore dell’Istituto “L. e A. Seràgnoli“, autore di numerosi testi scientifici.

Il video che presentiamo illustra la vastità e la fondamentale importanza dell’opera che svolge il Prof. Sante Tura

Prof. Franco Mandelli Libero docente in Patologia Speciale Medica e Metodologia Clinica, in Clinica Generale e terapia Medica, libero docente in Ematologia, ha diretto la Scuola di Specializzazione in Ematologia dell’Università “Sapienza” di Roma. Professore emerito di Ematologia dell’Università “ Sapienza” di Roma, ha creato la casa A.I.L. “residenza Vanessa” situata nelle immediate vicinanze del centro di Ematologia, per alloggiare gratuitamente malati di fuori Roma.
Presidente dell’A.I.L., l’Associazione Italiana contro le Leucemie, linfomi e mieloma.
Presidente della Fondazione G.I.M.EM.A. (Gruppo Italiano Malattie Ematologiche dell’Adulto).
Primario emerito di Ematologia del Policlinico “Umberto I” di Roma.

Una casa…lontano da casa: l’A.I.L.

La Prof.ssa Caterina Guttadauro La Brasca incontra la Dr.ssa Sara Zago, Responsabile di Casa A.I.L. Bologna

L’A.I.L. nasce nel 1969 a Roma da un’intuizione del Prof. Franco Mandelli grazie al contributo di illustri personalità del mondo della medicina, della scienza, dell’economia e della cultura. L’acronimo A.I.L. oggi è super conosciuto e significa Associazione contro le Leucemie, Linfomi e Mieloma.
Da oltre 45 anni, l’A.I.L. promuove e sostiene la ricerca scientifica. Oggi ci troviamo in una casa in cui si vive tutto intensamente e, sapere che abbiamo una manciata di minuti per parlarne, è frustrante. Parliamo di Casa A.I.L., una solida realtà che a Bologna funziona da 11 anni.
Le Case A.I.L. oggi realizzate rappresentano un passaggio importante nel percorso dell’Associazione verso l’obiettivo finale: dotare ciascun centro di cura di una propria residenza. Il Servizio è offerto da 36 Sezioni in Italia e sono sempre poche. Noi oggi ci occupiamo della realtà bolognese ed abbiamo con noi la Dr.ssa Sara Zago che è la Responsabile della sua gestione. Una premessa doverosa: la realtà ematologica e Casa A.I.L. fanno capo ad una persona che, di fatto, non ha mai lasciato l’Ospedale Sant’Orsola, dove ha lavorato come eccellente ricercatore, ematologo e Presidente dell’A.I.L., attività che ricopre a tutt’oggi. Ovviamente stiamo parlando del Professor Sante Tura, al quale va il nostro ringraziamento per averci fatto concedere questa intervista.

Dr.ssa Zago, ci descrive Casa A.I.L. con le caratteristiche e le attività che raccoglie al suo interno?
Casa A.I.L. è la casa di accoglienza di Bologna che gestisce l’Associazione contro le leucemie ed è attiva dal 2005. E’stata costruita dalla Fondazione Seràgnoli, per la precisione, dalla Dr.ssa Isabella e data alla nostra Associazione in comodato gratuito. Casa A.I.L. ha lo scopo di accogliere i pazienti onco-ematologici che non risiedono a Bologna e sono in cura presso l’Ematologia dentro il Sant’ Orsola di Bologna. E’ un’accoglienza gratuita, nel senso che non si paga nessuna retta, gli ospiti possono fare un’offerta all’Associazione. C’è una collaborazione molto stretta tra Casa A.I.L. e l’Ematologia perché avviene tramite una richiesta medica del dottore che ha in cura il paziente ed indica anche il periodo di permanenza di cui necessita nella Casa.

Parliamo di un’Associazione no profit, cosa tiene economicamente in piedi una così vasta struttura?
L’Associazione è una Onlus e mantiene Casa A.I.L. come uno dei tanti servizi di assistenza che ha attivi come statuto. Casa A.I.L. si mantiene tramite la grandissima raccolta fondi di privati, aziende e sostenitori. Questo consente di coprire la manutenzione ordinaria della Casa, cioè pagare tutti i dipendenti, il custode che è una presenza attiva 24 ore su 24, le bollette ecc. Grazie, invece, alla Fondazione Seràgnoli, abbiamo un sostengo economico che ci consente di affrontare la manutenzione straordinaria, gli imprevisti che sono tanti e richiedono grosse cifre.

Quali sono i rapporti fra Ematologia e Casa A.I.L.?
I rapporti tra noi e l’Istituto di Ematologia sono continuativi ed importanti. La Casa ha disponibili 12 camere da letto. C’è una collaborazione quotidiana tra noi, i dottori, le capo sale che fa sì che la struttura sia sempre al massimo dell’efficienza e della ricettività. L’ospedale ci garantisce di sapere quando una persona viene dimessa e quindi c’è un avvicendamento. Per l’Ematologia è molto importante l’esistenza di casa A.I.L. perché consente di avere un posto in anticipo anche verso i cittadini di Bologna. Ad esempio, una persona che viene da fuori e non sta ancora bene può fermarsi a Casa A.I.L. per rimanere vicino all’ambulatorio e, nel contempo, l’Ematologia può prendere in carico un altro paziente. L’afflusso di pazienti a Casa A.I.L. è grande perché l’Ematologia porta avanti tante terapie sperimentali che non vengono fatte in altri Centri, infatti non a caso la realtà ematologica di Bologna è un punto di riferimento a livello nazionale ed europeo.

Una casa…lontano da casa: l’A.I.L.

Cosa significa il cognome Seràgnoli per l’Ematologia e Casa A.I.L.?
Significa moltissimo. L’Ematologia è stata voluta e costruita dalla Dr.ssa Isabella Seràgnoli che è Vice Presidente dell’A.I.L. di Bologna ed è proprietaria di Casa A.I.L., tramite la sua fondazione. La sua è una presenza discreta ma costante, grazie alle sue opere disponiamo di un ambiente così accogliente, curata in ogni particolare. Con il suo contributo costante, ogni anno, la Fondazione ci supporta, perché con il passare del tempo, le esigenze aumentano, cresce la struttura e quindi aumentano la gestione e le necessità.

Una casa…lontano da casa: l’A.I.L.

Lei gestisce una grande attività, coadiuvata da tante colleghe, ce ne parla? Quali sono le campagne che vi contraddistinguono e adesso qual è la più vicina nel tempo?
La più vicina è il Natale. Viene fatto un vero e proprio catalogo di doni, rivolto a privati, ad aziende che possono sostenere casa A.I.L., la ricerca scientifica, creando un buono solidale. Questa campagna è fatta da tutte le mie colleghe e ci vede impegnate da ottobre a gennaio. La campagna porta molti fondi, importanti non solo per casa A.I.L. ma anche per tutte le attività. Come le dicevo, qui c’è un lavoro di squadra, lavorano tante colleghe, qui nella casa e nell’ufficio che è all’interno dell’ospedale. Ognuno porta in questa attività i propri talenti perché da soli non si va da nessuna parte. C’è anche una Dottoressa, Responsabile del Servizio di Psicologia Clinica, che ci supporta tutti con i suoi preziosi consigli. Casa A.I.L. è anche una bella realtà perché è sempre animata da un flusso di volontari, che danno il loro contributo per ogni attività, offrono il loro tempo, le loro capacità e propongono campagne, corsi di cucina ecc…

Il Volontariato è il cemento di questa Casa, come si diventa volontari A.I.L.?
Per diventare volontari bisogna sostenere un colloquio iniziale con cui si manifestano le proprie disponibilità. Dopo si prendono in esame le varie possibilità d’impiego: di accoglienza ai nuovi arrivati nel pomeriggio, con i quali si prende un tè. L’impiego non è solo nella Casa ma anche nei reparti, nel servizio di navetta che accompagna i pazienti da casa all’ospedale e viceversa. Ovviamente l’impegno è totale e di tutti nelle Campagne di Natale e di Pasqua che ci permettono dei grandi ricavi.
Nulla di quello che qui succede è lasciato al caso. Si cura l’ammalato, la sua sfera familiare, offrendo ospitalità, serenità, comprensione ed assistenza psicologica. Queste persone sono consapevoli di vivere uno stato di malattia nella situazione più ottimale possibile o ha notato talvolta resistenza, ovviamente causata dal meccanismo della malattia?
Le persone che vengono ospitate in Casa A.I.L., inizialmente, sono sbalorditi perché si trovano in un ambiente che non è una propaggine dell’ospedale ma una vera casa, accogliente, pulitissima, confortevole e si percepisce il loro sollievo. Sanno di dover combattere una grande battaglia, ma comprendono di non essere soli a farlo. Questo grazie da parte loro è per noi un incentivo a fare sempre meglio, lo trasmettiamo a chi lavora dietro e tutti ce ne nutriamo assieme all’aiuto psicologico per non demotivarci e non sentirci impotenti dinanzi alla gravità della malattia. Nell’ingresso di Casa A.I.L. c’è un grosso book dove si può lasciare il proprio stato d’animo e noi, leggendoli, ci rendiamo conto di quanto conti, per chi è malato, il sostegno, la compagnia, la consapevolezza di non essere lasciato solo di fronte alla lotta per guarire.

Una casa…lontano da casa: l’A.I.L.

Cosa riceve lei da questo, chiamiamolo, “lavoro”? Possiamo dire che aiutare gli altri significa anche aiutare noi stessi?
Sicuramente, non c’è dubbio. Penso che non ci sia niente di meglio per valorizzare noi stessi. Quello che riceviamo ci consente di estraniarci dalla malattia e considerare anche i momenti belli che si vivono, come i matrimoni, la nascita di un figlio. E’ un lavoro in cui ci vuole un certo distacco per non lasciarsi invadere dallo scoraggiamento, dal sapere che certi casi sono disperati. Occorre fare squadra per poter guardare avanti con speranza e fiducia. Come in tutti i lavori bisogna sapersi dosare ed apprezzare i bei momenti che, nonostante il dolore, ci sono.

Come si può aiutare CASA A.I.L.? Può darci i riferimenti diversificando le varie possibilità, per consentire a chi vuole rendersi utile di farlo compatibilmente con la propria disponibilità?
La maniera più semplice è partecipare alle campagne solidali come il Natale e la Pasqua. Si può contribuire facendo un dono, comprando uno dei tanti oggetti del catalogo. Si può fare un versamento sul conto corrente intestato o direttamente in ufficio a Casa A.I.L.. Tutte le modalità e le informazioni sono poi sul nostro sito che è: www.ailbologna.it Si aiuta anche facendo opera di divulgazione dappertutto, dall’ambiente familiare a quello di lavoro.

Una casa…lontano da casa: l’A.I.L.

Ascoltiamo adesso due presenze che, in questo momento, stanno svolgendo il loro volontariato: Maria ed Angela.
Cosa vi ha spinto ad impegnarvi in questo campo?
Maria: Io ero rimasta sola ed avevo già fatto volontariato. Questo lavoro a me dà tantissimo e condivido il parere che aiutare è uno scambio reciproco di forza e di gioia che ti fa amare la vita.
Angela: io ho lavorato in ospedale per tanto tempo. Quando sono andata in pensione, ho pensato che aiutare chi soffre era quello che desideravo. Ho iniziato 11 anni fa e sono ancor qui, convinta di aver fatto la cosa giusta perché si riceve più di quello che si dà.

Grazie a Maria ed Angela, due dei tanti angeli che popolano questa Casa. Ci sono luoghi dove la musica arriva dal cuore, dice Samuele Bersani in un video girato per A.I.L. Io vi assicuro che, dopo essere venuti in questa Casa ed avere osservato il lavoro svolto in ogni ambito, andando via, si ricordano i sorrisi di questa grande squadra umana che si regala il lusso di rendere vivibile la sofferenza.

Ringrazio la Dott.ssa Sara Zago per la disponibilità e abbiamo preferito, oltre ai numeri, privilegiare il lato umano, perché Casa A.I.L. e tutto quello che racchiude, vuol dire solidarietà, donare per il piacere di farlo e soprattutto non fare mai spegnere l’amore per la vita. A tutti grazie per lavorare in silenzio e con rispetto per il disagio e la sofferenza. E’ questo, l’esempio più grande di cui tutti abbiamo bisogno.

Grazie alla Dott.ssa Sara Zago.

Una casa…lontano da casa: l’A.I.L.

 

Lucilla Celso e la violenza di genere

Lucilla Celso e la violenza di genere

Lucilla Celso e la violenza di genere.

Recensione di Andrea Giostra

E’ l’interessante libro di Lucilla Celso che “premette”, alle prime righe, la presenza di alcuni piccoli ostacoli narrativi alla lettura immediata del romanzo e – quindi – suggerisco al lettore di saltarli a piè pari per evitare di esserne “inquinati” nella lettura del suo bel racconto.

Invito il lettore di aprire il libro a pagina 8 e di riservarsi l’eventuale lettura delle premesse solo quando avrà terminato di assaporare pienamente la storia!

L’incipit di Lucilla Celso recita così: «Ogni donna ha una storia da raccontare, un suo mondo da condividere, un sogno da realizzare. Il cammino non sempre è facile e gli ostacoli a volte sembrano insormontabili. Riunite in un gruppo di aiuto non sono più sole e affrontano, giorno dopo giorno, un passo alla volta, un cammino di rinascita

La Celso mette introduttivamente in guardia il lettore che «Questo libro è un’opera di fantasia. Personaggi e luoghi citati sono invenzioni dell’autore e hanno lo scopo di conferire veridicità alla narrazione. Qualsiasi analogia con fatti, luoghi e persone, vive o scomparse, è assolutamente casuale

Domanda: perché scrivere queste parole asintoniche con l’incipit, quando la cosa che può incuriosire maggiormente un lettore esigente è proprio quella di “immaginare” …nella lettura sì! … che la storia che sta leggendo sia accaduta veramente, che sia il frutto di sangue che scorre, di passioni, dolori, gioie, amori, sofferenze, delusioni, rancori vissuti più che immaginati in una sorta di confortante estraniamento difensivo allucinatorio?

Io non lo so!

Forse l’autrice ce lo commenterà alla fine di questo breve scritto.

Lucilla Celso e la violenza di genere.

 Il tema di cui scrive la Celso è quanto mai attuale, serio, potente, destrutturante, doloroso, vissuto dalle istituzioni con un distacco e una superficialità disarmanti che non tutelano certamente la nostra cultura e le donne della nostra civiltà.

Lucilla Celso e la violenza di genere

La violenza di genere, come viene definita oggi utilizzando un sillogismo istituzionalmente deresponsabilizzante e colpevolmente asettico, in Italia è un problema sempre più doloroso e dirompente. Ma questo serve poco scriverlo qui perché assai noto a tutti.

Come affrontare questi drammi intra-familiari che si vivono nella solitudine più disarmante, più disperata, più dolorosa, più violenta? Una solitudine più violenta della stessa violenza subita da Orchi che condividono con le loro donne lo stesso cibo e lo stesso respiro dell’ormai esanime vittima.

Lucilla Celso ci racconta la storia di alcune donne che trovano la forza, non di ribellarsi, perché non è permesso in questo Paese la ribellione alla violenza, ma di reagire per recuperare “a tempo determinato” un po’ della dignità irreversibilmente perduta di giovane donna fulgida e vitale «in quella stanza(dove) un piccolo gruppo di donne si riuniva per affrontare gli incubi più oscuri.»

Qui inizia il racconto accorato, appassionato, crudo, spesso violento, che cerca ascolto e conforto, che cerca partecipazione, condivisione, sentimento perduto, empatia ritrovata per non sentirsi soli e per avere la forza di sopportare le violenze che continueranno a subire, consapevoli che altre donne come loro poi, in “quella stanza”, le ascolteranno e daranno loro la forza di abbandonarsi ancora per subire senza reagire veramente.

Forse qualche volta il destino scontato viene sovvertito?

Forse qualche volta il coraggio prende il sopravvento sulla paura?

Forse!

Nella storia di Lucilla Celso, certamente, il lettore che la leggerà lo scoprirà nelle ultime sue righe.

Lucilla Celso e la violenza di genere, un tema estremamente importante, doloroso, trasversale che ferisce ed umilia la nostra società e che l’autrice ci porta magnificamente ad affrontare e combattere contro il degrado sociale, culturale che esso genera.

Lettura imperdibile.

Lucilla Celso, “Donne e Storie”, StreetLib Ed., Milano, 2017

Link:

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https://stores.streetlib.com/lucilla-celso/donne-e-storie

https://www.amazon.it/Donne-Storie-Reborn-Lucilla-Celso-ebook/

 Andrea Giostra

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OPERAZIONE CONDOR – Il Volo di Laura

OPERAZIONE CONDOR - Il volo di Laura

OPERAZIONE CONDOR – Il Volo di Laura:

Questo è il nome del progetto culturale che il 25 Settembre, presso la Sala Stampa di Palazzo Montecitorio, è stato presentato allo scopo di mantenere sempre viva l’attenzione nei confronti della privazione dei fondamentali diritti umani.

L’Onorevole Marina Sereni, Vice Presidente del Parlamento, ha introdotto l’incontro sottolineando quanto le Istituzioni siano sempre schierate a fianco dei diritti umani ed ha ricordato che il processo chiamato “Plan Condor” si è concluso senza l’esito di giustizia e verità auspicato.

Questa opera teatrale conferma il continuo impegno istituzionale alla lotta per la tutela dei diritti umani.

Fernando Ayala, Ambasciatore della Repubblica del Cile, ha preso  la parola evidenziando il ruolo importante che l’Italia ha avuto nel portare alla luce, grazie al processo, gli orrendi crimini commessi contro moltissime persone per le loro idee.

L’arte ha un ruolo fondamentale – conclude Ayala – per non dimenticare i fatti accaduti”.

Liliana García Sosa, ideatrice del progetto, ha ringraziato tutti coloro che lo hanno reso possibile, unendo le forze per una “contro – operazione Condor della Cultura”, per recuperare la memoria attraverso l’arte, perchè un popolo deve ricordare ed essere cosciente delle tracce che ha lasciato.

Quest’opera – continua Liliana – ha il compito di diffondere ciò che è accaduto e che purtroppo continua ad accadere in America Latina”.

Giorgio Barberio Corsetti, Direttore Artistico di Fattore K., ha dichiarato: “Sono onorato e fiero di partecipare a questo lavoro. Ho assistito alle prove dello spettacolo, che trasmette una carica emotiva molto forte. Situazioni di perdita d’identità sulla scena diventano un profondo calarsi nell’animo umano, negli orrori e negli eroismi. Ma al di là di tutto, c’è un messaggio di speranza e un desiderio di vita che ci porta fuori da quegli abissi”.

Francesca Saracino, Coordinatore Scientifico degli Eventi Collaterali, ha esposto alcuni contenuti dei temi che verranno trattati durante gli eventi collaterali, tra cui: le indagini genetiche, che sono state risolutive ai fini del processo, la biologia forense, il tema della violenza a 360°, dove si toccherà anche l’argomento del femminicidio.

La messa in campo di strategie per la prevenzione dei crimini ha visto l’intervento di qualificati esponenti della Polizia di Stato.

In chiusura, Dora Salas, giornalista, vittima delle violenze delle dittature e membro di Familiares de Desaparecidos y Detenidos por Razones Politicas en Argentina e del CELS (Centro de Estudios Legales y Sociales), ha posto l’accento su due punti fondamentali emersi durante la conferenza:

  • la battaglia per i diritti umani non si può mai fermare;
  • il dovere di diffondere e raccontare le storie di coloro che sono stati brutalmente assassinati, dei desaparecidos e di quanti sono ancora vivi ma hanno subito il carcere, l’esilio e la privazione dei diritti politici e civili.

Dora Salas, illustrando la sua drammatica vicenda personale di quando, il 21 Dicembre 1977 è stata sequestrata e rinchiusa in un campo di concentramento a Buenos Aires, ha ribadito il dovere civile di diffondere le informazioni poichè – tutt’ora –  le sparizioni di esseri umani continuano  con la stessa metodologia di 40 anni fa.

In conclusione, l’Avvocato Fabio Maria Galiani, Difensore dell’Uruguay nel primo grado del processo “Piano Condor”, è intervenuto dando risalto a quest’opera di sensibilizzazione in un contesto molto particolare: l’appello verso la sentenza di 1° grado del processo di Roma contro alcuni civili e militari coinvolti nell’Operazione Condor.

La memoria deve fare un viaggio a ritroso alla ricerca di verità e giustizia, per bandire l’odio ed il progetto OPERAZIONE CONDOR – Il Volo di Laura ne è un importante strumento di conoscenza.

OPERAZIONE CONDOR - Il volo di Laura

Dopo il debutto al Teatro Marcello di Roma del 28 settembre 2017 seguiranno due repliche il 29 e 30 settembre, nell’ambito dell’Estate Romana ed in seguito lo spettacolo verrà rappresentato a Vitorchiano (VT) dal 12 al 15 ottobre 2017, nell’ambito del Festival Quartieri dell’Arte.

Ufficio Stampa: Alma Daddario & Nicoletta Chiorri

segreteria@eventsandevents.it – 347 2101290 – 338 4030991

Immagine della conferenza: Olimpia Nigris Cosattini

La Danza è libertà

La carrozzina non deve essere concepita come un insormontabile ostacolo ma come un necessario strumento che si integra nel movimento del ballerino con disabilità ed è parte essenziale nella creazione di una coreografia poichè la Danza è libertà non soltanto motoria ma, anche – e soprattutto – psicologica.

Partendo da questa basilare considerazione si può ben affermare che la Danza non svolge una semplice funzione terapeutica interessando la massa muscolare ma trasmette i sentimenti dell’allievo a tutti coloro che interagiscono con il danzatore portatore di disabilità .

Lo studio e l’esecuzione dei movimenti del corpo diventano così una pluralità di modi per entrare in contatto e per comunicare con gli altri.

Gli stimoli che genera la Danza agiscono quindi non solo a livello fisico ma è la mente, prima di tutto, ad esserne coinvolta.

Quando pensiamo alla Danza siamo immediatamente portati a “vedere” movimenti perfetti, passi arditi, ballerini volteggianti, ritmo ed energia e, per estensione del concetto che la Danza è libertà  e ci potremmo chiedere: può un portatore di disabilità praticare la Danza?

La risposta è si.

La Danza sportiva paralimpica è inserita a pieno titolo nella Federazione Danza del C.O.N.I. il quale, a seguito di un lungo percorso formativo e di specializzazione della durata di 3 anni, ha rilasciato solo 25 titoli ad altrettanti Tecnici Federali.

Alla Danza si possono avvicinare allievi con  disabilità intellettivo-relazionale, con disabilità legate alla vista o all’udito e con disabilità di natura fisico-motoria; l’istruttore tecnico federale saprà applicare il più corretto approccio mirato in relazione alla singola disabilità.

Queste disciplina è suddivisa in categorie come ad esempio la Wheel-chair dance (Danza in carrozzina), praticata “in solo”, “in duo” (entrambi i ballerini con disabilità) o “in combi” (ragazzo disabile con un normodotato),

La Danza sollecita l’apparato muscolare che entra in coordinazione con il tronco cerebrale ed in questo senso la danza svolge una funzione terapeutica per le persone con disabilità: aumenta la fiducia in se stesse e nelle possibilità del loro corpo.

L’obiettivo non è quello di essere al centro dell’attenzione in termini puramente esibizionistici quanto piuttosto affermare e comunicare all’esterno la propria personalità.

Il percorso didattico prevede inizialmente la conoscenza tra gli allievi con disabilità diverse tra loro, l’integrazione tra gli stessi e con l’istruttore così da formare il “gruppo” per poi passare alla preparazione di una prova artistica a tempo di musica; naturalmente ciascun allievo elabora l’intero percorso in modo del tutto personale.

E’ merito dell’istruttore tecnico federale amalgamare coreograficamente le singole personalità proprio perché il concetto base è che la Danza è libertà espressiva.
La pratica della Danza apporta certamente benefici morali e fisici agli allievi, stimola le loro potenzialità nascoste ed indica a gran voce la reale possibilità di una evoluzione migliorativa in armonia con la patologia di cui è affetto; possiamo affermare che la Danza è libertà.

 

 

La Tomba dei Demoni Azzurri

La Tomba dei Demoni Azzurri, scoperta fortuitamente nel 1985 in occasione di lavori di ammodernamento delle infrastrutture, è finalmente aperta al pubblico ed inserita nel circuito di visita delle tombe dipinte di Tarquinia.

 

L’inaugurazione si terrà sabato 27 maggio 2017 alle ore 17,00 presso la necropoli dei Monterozzi di Tarquinia.

 

La datazione più probabile è attribuita alla seconda metà del V sec. a.C. e rappresenta una delle più significative testimonianze della pittura etrusca con la più antica scena relativa al mito dell’Oltretomba, che rivelano le nuove dottrine sulla morte introdotte in Etruria dal mondo greco.

 

Sulla parete alla sinistra dell’entrata è rappresentato il defunto nel suo estremo viaggio verso l’Aldilà; egli viene raffigurato in piedi, sulla sua biga, tirata da una coppia di cavalli ed avanza seguito da due danzatori.

 

Davanti al corteo vi è un giovane coppiere nudo accanto ad una tavola imbandita che introduce la scena del banchetto dipinta sulla parete di fondo.

 

Quattro sono le coppie di convitati sdraiati sulle klinai (letti da banchetto) con la coppia al centro che raffigura il proprietario del sepolcro accanto a sua moglie ritratti mentre si scambiano una carezza affettuosa.

 

Sulla parete destra vi è una grandiosa scena ambientata nell’Aldilà che viene introdotta, sulla sinistra, dalla suggestiva immagine di Caronte (Charun) presentato non come l’orrido demone etrusco raffigurato nei sepolcri di età più recente, ma come il più delicato Caronte greco che traghetta le anime governando lentamente, con il suo lungo remo, la barca sulle azzurre acque dell’Acheronte.

 

Appena approdati sulle sponde dell’Ade una donna ammantata e un giovinetto avanzano accolti da altri personaggi.

 

La denominazione della tomba, La tomba dei demoni azzurri, si deve alla presenza di singolari demoni dalle carni azzurre; uno di questi – dal volto grottesco e con serpenti avvolti intorno alle braccia – è seduto su una roccia.

 

Un’altro demone conduce la defunta per mano verso l’aldilà.

 

Un ultimo essere, mostruoso, alato, con il corpo di colore nerastro e dalla bocca sanguinolenta si avventa satanicamente con le braccia protese e gli arti forniti di artigli verso i nuovi arrivati.

 

Un altro importante tassello della civiltà etrusca viene così restituito al grande pubblico ed è uno straordinario elemento di conoscenza e di attrazione per questo straordinario territorio testimone dell’antica, ed ancora in parte avvolta nel mistero, civiltà degli etruschi.

 

Non dimentichiamo che proprio il territorio di Tarquinia ha dato ben 3 re all’antica Roma: Tarquinio Prisco al quale successe il genero Servio Tullio che fu invece assassinato dal genero Tarquinio il Superbo.

 

 

Tutta la zona di Tarquinia è ricca di testimonianze della civiltà etrusca e l’inaugurazione della Tomba dei Demoni Azzurri è uno straordinario motivo per visitare il territorio.

 

 

Costo del biglietto: 6,00 €; Riduzioni: 3,00 €;

Per informazioni  0766 856308
Prenotazione:Facoltativa

Indirizzo: via Ripagretta, s.n.c. 01016 – Tarquinia (VT)