Il verso irrequieto di Andrea Lepone

Il verso irrequieto di Andrea Lepone

Il verso irrequieto di Andrea Lepone.

Note su “Riflessioni in chiaroscuro”.

recensione di Cinzia Baldazzi

A volte accade, nella critica, di sentire la necessità di caratterizzare con precisi tratti marcati i dati fondamentali di una poetica: non perché essi esauriscano in tali indicatori di veicoli o sfumature di messaggio l’indole globale del contesto, bensì in quanto la loro articolazione espressiva scatena la tensione rappresentativa più forte dell’aura percepita. Evocano così nei lettori un limpido, impellente desiderio di svelare pause adeguate, private e assolute, contingenti ma perenni.

In un’atmosfera analoga la silloge Riflessioni in chiaroscuro di Andrea Lepone appare carica di un senso precario, doloroso, dell’essere (Sein) e dell’esserci (Dasein) – secondo la terminologia di Martin Heidegger – in cui il poeta viene coinvolto con noi in un meccanismo di denuncia della facile via dell’alienarsi, del subire in silenzio. Come se, avviato al XXI secolo, l’ambito storico-sociale tormentato dei valori di un tempo, traditi o dissolti, comunque non autodistrutti, ospitasse autori consci che l’arte sia sempre un discorso sul reale e non sopra input consolatori, mistificatori, o evasioni personali ed eversive.

«Non è che un gioco vile per distribuire vane ricchezze», scrive Lepone in Segreti mai rivelati, poiché

non potremo scappare, saltare il fossato

dell’incompetenza, ognuno avrà il suo bel da fare

per non cadere nella penombra, per riscoprire

la consapevolezza sottomessa dai codardi.

Eppure, – quasi ascoltando il grande filosofo dell’Essere e tempo [Sein und Zeit, 1927] – tra i versi del libro il nucleo dell’esistere appare simbolicamente indissolubile dallo spazio di scegliere, di progettare una salvezza, nel ripristino di una sintesi tempo addietro sacrificata ai vecchi inganni.

Il verso irrequieto di Andrea Lepone

Andrea Lepone suggerisce di andare oltre «la perversa dittatura dell’egocentrismo», consona a ridurre gli individui nel ruolo di «un ribelle condannato», una sorta «lumaca straziata, su un carbone ardente». Il taglio narrativo dei brani è crudo, pragmatico, in una inconsapevole e attuale area di giudizio finalistica, antagonista dell’assurdo, dell’ostilità di ogni target anti-umano, in attesa di eventuali dialoghi dell’uomo con realtà proficue ancora possibili – pure lo saranno, lo fossero –  in un mondo differente con nuovi, autentici codici di riferimento.

Il poeta alterna l’obiettivo della parole da un’icona all’altra, quasi mète susseguenti di arrivo, a volte di potente taglio surreale: tutto ciò invita a riflettere sulla misteriosa, intima connessione sviluppata nella letteratura tra l’area fantastica e il macrocosmo terreno, immanente. Ecco, ad esempio, La foresta dei corpi trasmutati:

Una pecora pende da un albero scuro,

nella foresta dei corpi trasmutati,

belando disperata dinanzi all’eterno dilemma,

una ruota temporale ferma,

immobile, sulla strada della verità.

Un sincretismo dottrinale l’avvolge,

un principio senza nome,

un talento apparente che non merita

di soffrire, ma di riposare.

Sfogliando la raccolta Riflessioni in chiaroscuro, ho ripensato alle pagine di versi e prose di Carlo Betocchi, vissuto nella prima metà del Novecento. Ricordo quanto fosse considerato, tra gli ermetici, una guida morale, poiché, al contrario del movimento culturale in sé, nel suo microcosmo la coesione di lessico e contenuto rimaneva distante dai processi analogici dove si richiamava a priori il significato da veicolare.

L’autore, nato a Torino, si muoveva, all’opposto, ai bordi di un asse di langue diretto, momentaneo, capace di evidenziare un realismo emergente a lato delle tendenze etiche: ma al di qua, al di là di trame oniriche scontate, evitando piani referenziali nella norma diffusa dalla convenzione.

Sebbene il paragone con Betocchi sia figurato nonché strumentale, il nostro giovane poeta, nell’orizzonte di contemporanei, coraggiosi passi nel sentiero di utopie concrete, transita nel vasto terreno di un linguaggio variegato assai simile: è vero, Lepone non indugia in ritualità di suppliche cultuali, tuttavia riesce a coltivare campi semantici di tale intensità del sogno in fieri da consolidare l’unione logico-intuitiva in straordinaria sintonia con preghiere rivolte al genere umano, alla ragione, alla natura dei sentimenti.

Così delinea la propria Weltanschauung, nell’accezione di prospettiva allargata della vita:

Esiste una storia da raccontare in ognuno di noi. Sentimenti, sogni, speranze. Sono queste le cose che animano il mondo, e non esiste modo migliore di esprimerle se non attraverso un racconto o un’opera poetica.

Nel brano L’ululato furioso è scritto:

Cadono gli imperi, i comizi si perdono

nelle memorie degli anziani,

le domande ontologiche ossessionano

le menti degli studiosi, si sciolgono tra le pagine

dei manuali filosofici, stilati in epoche remote.

Le supposizioni si perdono in un mare

di superbia […].

I bambini, con candida innocenza,

li ritrovano nelle favole, nei racconti

visionari, suscitando manie di grandezza.

Rammento, in proposito, alcune strofe appunto di Betocchi, Un dolce pomeriggio d’inverno, precedute dal verso di William Blake in epigrafe, ossia: «L’eterno corpo dell’uomo è l’immaginazione»:

Un dolce pomeriggio d’inverno, dolce

perché la luna non era più che una cosa

immutabile, non alba né tramonto,

i miei pensieri svanirono come molte

farfalle, nei giardini pieni di rose

che vivono di là, fuori del mondo.

Il verso irrequieto di Andrea Lepone

Perché è evocata la presenza di elementi remoti dal ruolo ordinario? Una luna ineffabile, farfalle svanite, fiori spuntati ai confini del conosciuto: è vero, le rose hanno una breve esistenza, ma in altri habitat, in contesti ulteriori, esse possono invece in effetti godere di una vita estesa nell’arco spazio-temporale circostante. Pensate al destino degli alberi nella poesia di Lepone La metafisica ermetica dello spirito:

Gli alberi ascoltano le suppliche

pronunciate dai nemici scoraggiati,

mentre le nostre grida di vittoria

li scuotono dalle radici alla chioma […].

A spezzarli sarà l’odio profondo

per la naturale bellezza,

la messa a nudo dei vizi

trasformati in atroci virtù,

la rivincita delle tartarughe

sulle lepri maligne,

che le sorpassarono,

come sciocche fuggitive.

Il linguaggio dell’intero componimento risulta più esplicito di quello betocchiano, trattandosi di un sistema di segni-segnali volutamente incentrato sulla volontà di privilegiare catene di pertinenza di “opera aperta”: attenzione, non vagheggiante in aure lontane, piuttosto incrementata dall’afflato segreto, colmo di fascino, del “qui e ora” imperante.

Tuttavia, non intendo un hic et nunc eletto in principio, bensì in ciascuno di noi. Sviluppando il paragone con il repertorio di Betocchi, Lepone avanza «con passo di gambero»:

riscriveremo la storia dell’uomo,

mescoleremo individualità e tonalità

per creare un abominio che rovesci

questo indegno, indecente mondo.

Ed ecco Andrea Lepone alludere in maniera esplicita e liberamente alla matrice interpretativa dello scrittore fiorentino d’adozione, concludendo:

La metafisica ermetica dello spirito

ci guiderà nei meandri della psiche,

e la fede misurerà le qualità astrali

della ragione, i propositi dell’essere.

Volgendo lo sguardo su altre chiavi semantiche della raccolta, Riflessioni in chiaroscuro si accorda sempre con la musica, insieme al ritmo, persino quando la rete lessicale sembra forte, cadenzata, strutturata in numerose pause, in complessi rapporti con varie tipologie poetiche del Novecento. All’interno trovano posto, in una materia linguistica densa di echi attuali, il colloquio con il fato, la denuncia delle ingiustizie, la forza dell’eversione, l’appello al χρόνος, il tempo reo della sera foscoliana. Si percepisce una consapevolezza, un tono fiero dell’autore, al confine con un’autonomia altera e sostenuta, al pari dell’identikit elaborato dal dimenticato Antonio Gramsci: «Gli intellettuali concepiscono la letteratura come una professione a sé». 

Tale ambito anche oggi è veritiero, nonostante rispetto ai gramsciani anni Venti si viva l’impossibilità concreta, reciproca, di un comunicare diretto: i mezzi di massa sono sparsi ovunque, cresce la diffidenza nei confronti dell’ampiezza, del respiro, di elementi trasmessi con la parole, in specie se immersa nell’ars poetica. È stata superata l’illusione di potersi appellare a un sereno, non arbitrario naturalismo descrittivo: la ποιητική-poietikè odierna tenta di dare forma a ciò in cui crede, in un atto di scelta, come sostiene Enzo Paci, per il quale «un molteplice senso di relazione si trova riunito in una vivente armonia organica».

Completo il sintetico excursus nella lirica di Andrea Lepone precedendo il calare del suo sipario e rammentando un drammatico plenilunio:

Non rimane che un’immagine narcisistica,

un riflesso indesiderato del passato

da guardare, da ammirare, da ricordare.

E cito un brano del filosofo danese Louis Hjelmslev, ne I fondamenti della teoria del linguaggio:

Il segno è, dunque, per quanto possa sembrare paradossale, segno di una sostanza del contenuto e segno di una sostanza dell’espressione. Il segno è un’entità a due facce, che guarda come Giano in due direzioni e si volge “all’esterno” verso la sostanza dell’espressione, e “all’interno” verso la sostanza del contenuto.

Il verso irrequieto di Andrea Lepone

Pertanto, incoraggiati da uno dei padri mondiali dello studio del linguaggio, con Lepone leggiamo e, chissà, componiamo Poesie irrequiete, che

non lasciano spazio alla critica

letteraria, piuttosto gettano

la propria ombra tra i sospiri

di colui che le compone

Poi, però, per buona sorte, almeno mia, essendo un critico,

se non ci fosse il vero

a regolare il concetto del tutto,

solo macchine ossidate

vagherebbero per le strade,

celando sotto perpetui movimenti

lo squillo delle trombe euforiche

chiamate a suonare ogni santa domenica.

Concludendo nell’attesa della prossima domenica, apprezziamo il ritmo avvincente dell’intera antologia, intendendo per ritmo la complessa struttura presente nelle strofe di equilibrate simmetrie o asimmetrie tra vocaboli, sillabe, suoni all’altezza di animare il verso, da non confondere con il metro che è un’unione di misura precisa a cui si debbono adeguare, pur con armonia, parole e cose.

L’oggettualità e lo spirito soggettivo di Riflessioni in chiaroscuro percorrono, invece, un iter misterioso, indipendente, caro al cuore, alla mente del poeta: emerge una ribellione alla tradizione – nemica del quid creativo – in grado di equivocare sull’apriori del decoro classico e sulla libertà moderna sempre in progress. Un sistema dinamico, suggerisce Lepone in Segreti sotto la pelle, ove

giacciono segreti mai rivelati,

rabbia d’amore, un’opulenza tiepida

che non ne vuol sapere di andare via,

di viaggiare in giro per il mondo, per allietare

quelle persone opportuniste che non conoscono

la vergogna, un soprabito indossato al mattino,

prima di uscire e seminare dolore nel giardino

dei peccati, un dolore sepolto che riaffiora

in un fiume di speranza.

Nota editoriale:

E’ oltremodo difficile ed implica un profondo senso di responsabilità e di rispetto commentare una recensione scritta da un critico affermato e, tale difficoltà, è maggiormente avvertita dalla scrivente.

Il pensiero della Dott.ssa Cinzia Baldazzi è maestoso, analitico, profondo ed ha l’immensa dote di aver dettagliatamente estratto “l’intimo universale” che l’autore Andrea Lepone trasmette al lettore della sua opera Riflessioni in chiaroscuro.

I continui rimandi ad altri scrittori, ad altre visioni, in un continuo parallelismo storico culturale confermano ancora una volta la profondità del pensiero e la non comune capacità della Dott.ssa Cinzia Baldazzi di cogliere il profondo percorso della mente e dell’anima di Andrea.

Grazie Cinzia per questo tuo insegnamento.

Federica Casoli

Souvenir d’Italie – Un viaggio onirico tra gli scheletri della società moderna

Souvenir d’Italie – Un viaggio onirico tra gli scheletri della società moderna.

Dopo il successo de “Il poetattore”, Angelo Mancini è tornato a pubblicare una propria silloge poetica, questa volta intitolata “Souvenir d’Italie” ed edita da Manni.

Molto più che un semplice libro, il volume si presenta come un vero e proprio viaggio onirico tra gli scheletri della società moderna, intrapreso dall’autore con dolore e coraggio. Le liriche, talvolta vicine ai classici testi prosaici, sono caratterizzate da un’ironia tagliente, puntuale, disarmante, che non ammette repliche e rifiuta qualsiasi compromesso. Perché Angelo Mancini è un “autore tutto d’un pezzo”, un poeta visionario che combatte contro un mondo sempre più tecnologico, che ha relegato in un sudicio anfratto la propria umanità, dimenticandola.

Evidenti le contaminazioni neorealistiche che connotano lo stile dello scrittore, il quale a tratti pare strizzare l’occhio a quel Charles Bukowski paladino del movimento letterario americano “dirty realism” e che inveisce contro ogni strato sociale, perché non ci sono innocenti, bensì solo colpevoli, fautori di un mondo arido, superficiale, irriconoscibile agli occhi dello stesso poeta, che evoca a più riprese Pier Paolo Pasolini, simbolo di quella frangia intellettuale inghiottita dal tempo e dalle nuove tecniche comunicative, nonché dall’ignoranza di un popolo insensibile.

Souvenir d'Italie

 

Nei versi più che mai minimalisti di Angelo Mancini traspare lo sconforto di un artista che tuttavia non è intenzionato ad abdicare in silenzio, redarguendo sino alla fine i responsabili dell’attuale decadimento culturale nostrano, studenti in primis, poco avvezzi alle letture, decisamente più interessati ai festini.

Le situazioni, gli aneddoti e le riflessioni dell’autore sono tratteggiate in modo conciso, essenziale, spesso scarno, disilluso, con aggettivazioni elementari che non lasciano alcuno spazio ai fraintendimenti ma piuttosto affidano al semplice contesto il compito di suggerire ai lettori il significato più profondo di ciascuna opera. Souvenir d’Italie è forse un immenso manifesto del pensiero poetico anticonvenzionale, che descrive e al contempo aborre il concetto di “ordinario” applicato alla fredda e triste quotidianità antropologica del nuovo millennio, aspramente criticata dallo scrittore, consapevole del fatto che “un nuovo Pasolini non esisterà più”.

Ad impreziosire la raccolta poetica, vi è la prefazione precisa e puntuale del Prof. Aldo Onorati, il quale definisce la silloge come “un crescendo di forza verbale e ideale, di sdegno civile, di presa di coscienza di un mondo che non va”.

Andrea Lepone

Concorso Letterario Internazionale “L’Arte della parola – Premio Paolo Zilli”

L’Arte della parola

Torna il Concorso Letterario Internazionale “L’Arte della parola – Premio Paolo Zilli”, giunto alla sua terza Edizione. Anche quest’anno, la manifestazione è organizzata e promossa da La Macina Onlus Editore, nonché sponsorizzata dal “Barnum Seminteatro”, dal “Barnum Gianicolense” e dal giornale La Macina Magazine.

Per aderire alle richieste che ci sono pervenute, da questa Edizione il Concorso si arricchisce di 2 nuove Sezioni: corto teatrale e testo giornalistico; ci sono quindi 4 Sezioni:

Sezione A, poesia edita o inedita di massimo 30 versi;

Sezione B, racconto edito o inedito di massimo 25.000 battute;

Sezione C, testo di un corto teatrale edito o inedito di minimo 10 cartelle editoriali e massimo 15 (una cartella corrisponde ad una pagina di 1800 battute, spazi inclusi);

Sezione D, testo giornalistico a tema “L’arte della parola nel mondo della comunicazione” di massimo 5.500 battute (spazi inclusi).

L'Arte della parola

 

Gli autori che intendono partecipare al Concorso “L’Arte della parola” potranno inviare le proprie opere direttamente all’indirizzo email de La Macina Onlus Editore, che riportiamo qui di seguito: lamacinaonlus@gmail.com

E’ prevista una quota di iscrizione di euro 12,00 per aderire ad una singola Sezione con un’opera. Per ogni opera aggiuntiva alla prima, presentata in una Sezione differente, vi è un supplemento di euro 5,00.

La cerimonia di premiazione del Concorso “L’Arte della parola” si terrà venerdì 10 maggio 2019 presso il Teatro “Barnum Gianicolense” in Via Vittorio Spinazzola 44, a Roma. Se dovesse sopraggiungere l’impossibilità di organizzare l’evento nella suddetta location l’Associazione ne darà tempestiva notizia indicando una sede alternativa.

Saranno premiati i primi tre autori classificati di ciascuna Sezione. L’Associazione si riserva inoltre la facoltà di conferire ulteriori segnalazioni e menzioni di merito. Tutti gli iscritti al Concorso riceveranno un attestato di partecipazione.

Vi aspettiamo, grazie.

“Riflessioni in chiaroscuro” di Andrea Lepone; Presentazione libraria

“Riflessioni in chiaroscuro” di Andrea Lepone; Presentazione libraria

“Riflessioni in chiaroscuro” di Andrea Lepone; Presentazione libraria

Quando si scrive una opera letteraria non si attua una operazione che termina là dove finisce lo scritto; si scrive in quanto spinti da nobili scopi e con l’intento di trasmettere e coinvolgere il lettore ed instaurare con esso un sottile dialogo personale.

Si scrive per condividere i sentimenti dell’autore e del lettore sui temi fondamentali del nostro essere uomini accomunati tutti dalle umane sensazioni quali l’amore, la sofferenza, le esperienze di vita, la filosofia, il sociale…

Ed è proprio da ciò che trae origine e si sviluppa l’ultima opera letteraria di Andrea Lepone  “Riflessioni in chiaroscuro” , una silloge di poesie che tocca i temi cari ad Andrea.

“Riflessioni in chiaroscuro” di Andrea Lepone; Presentazione libraria

“Riflessioni in chiaroscuro” di Andrea Lepone; Presentazione libraria

Non ci addentriamo nel rappresentare la forma poetica dello scritto o la difficile pratica della metrica o l’uso delle figure retoriche perché questi aspetti sono stati magistralmente messi in evidenza dalla ricca Prefazione di Angelo Nardi; noi sottolineiamo solo la inusuale capacità dell’autore Andrea Lepone di aver conferito alla sua opera “Riflessioni in chiaroscuro” una maestosità ed una dignità letteraria inconsueta.

Egli colloquia con il lettore utilizzando un canale privilegiato, il canale dei sentimenti attraverso i quali entra all’interno del nostro cuore e della nostra anima dove il dialogo è immediato ed intimo.

“Affrettati, uomo del domani, che il tempo logora i bei propositi, lasciandoci soli e scanzonati, a guardar le stelle danzare in circolo beffandosi di noi, misere creature in cerca della pace delle armi.” (da Uomo del domani)

Andrea Lepone, giornalista, critico letterario, organizzatore e promotore di numerosi eventi culturali tra cui la rassegna “La scrittura come esperienza di vita”; è vincitore di molti riconoscimenti letterari nazionali ed internazionali conferiti anche dalle Pubbliche Istituzioni.

Andrea, in collaborazione con l’Associazione La Macina Onlus  e con il giornale La Macina Magazine ha dato vita al Concorso Letterario Internazionale “L’Arte della Parola”, di cui è Presidente di Giuria da alcuni anni.

“Riflessioni in chiaroscuro” di Andrea Lepone; Presentazione libraria

“Riflessioni in chiaroscuro” di Andrea Lepone; Presentazione libraria

Avremo il piacere di partecipare alla Presentazione della sua opera “Riflessioni in chiaroscuro” sabato 10/11/2018 alle ore 17,00 presso la Libreria Mondadori in Via Piave n. 18 – Roma –

Sarà un colloquio con l’autore, intimo ma non paludato, dove ciascuno può intervenire e dialogare sui temi focalizzati da Andrea Lepone.

Vi aspettiamo.

 

Le Riflessioni… di Andrea Lepone

Le Riflessioni...di Andrea Lepone

Le Riflessioni… di Andrea Lepone

Le Riflessioni...di Andrea Lepone

“L’amore ha radici profonde, come l’albero della vita non s’inchina davanti agli audaci, ma schernisce gli invidiosi, vittime delle parole sgualcite, declamate nelle grandi dimore, dove pesano le assenze delle persone amate…”

E’ un breve estratto dalla poesia L’amore ha radici profonde e fa parte di una silloge di 51 opere poetiche scritte dal nostro autore Andrea Lepone.

Ogni poesia rappresenta magnificamente una esperienza di vita ed un intimo percorso che unisce e conduce insieme al lettore che “vedrà” se stesso protagonista sensibile dell’opera.

L’amore, la psicologia, la speranza, il dubbio, la sconfitta, il risollevarsi, sono alcuni dei temi affrontati da Andrea Lepone che, come afferma nella quarta di copertina, “intende condividere con i lettori le molteplici riflessioni ed esperienze di vita che hanno segnato ed arricchito il suo animo”.

Le Riflessioni… di Andrea Lepone

Le Riflessioni...di Andrea Lepone

Il percorso artistico di Andrea è di tutto riguardo avendo vinto innumerevoli Concorsi Letterari nazionali ed internazionali ed ottenuto riconoscimenti e premi anche da organismi istituzionali.

Scrittore, promotore ed organizzatore di eventi culturali, reading letterari, videorubriche, di concorsi, giornalista e presidente di giuria del concorso letterario internazionale L’Arte della Parola.

Riportiamo una intervista che lo scrittore, critico, saggista e persona di raffinata cultura, Andrea Giostra, ha dedicato ad Andrea Lepone:

http://www.fattitaliani.it/2018/04/intervista-ad-andrea-lepone-poeta-e.html

E’ anche un affermato sportivo avendo conquistato più volte il titolo di campione italiano, europeo ed infine mondiale di Powerlifting.

“Trapiantami sulle labbra il tuo sorriso, affinchè possa inchinarmi ed implorare i protettori di concedermi un altro giorno, per riscoprire l’ingenuità della giovinezza e ritrovare nelle tasche un talismano perduto, il dono di un viaggiatore disanimato…” (da Trapiantami sulle labbra il tuo sorriso)

Le Riflessioni...di Andrea Lepone

Magnifica, puntuale, completa la Prefazione di Angelo Nardi, giornalista, filosofo, scrittore che ammiriamo e ringraziamo.

Questa opera poetica dal titolo Riflessioni in chiaroscuro scritta da Andrea Lepone è stata oggi pubblicata dalla casa editrice La Macina Onlus Editore.

E’ già ordinabile in tutte le librerie o si può richiedere direttamente ai seguenti indirizzi mail:

lamacinaonlus@gmail.com

lepandros@gmail.com

il prezzo di copertina è di Euro 14,00 con spese di spedizione a nostro carico.

Le Riflessioni...di Andrea Lepone

Grazie Andrea Lepone per la fiducia che ci hai accordato e complimenti per la tua nuova opera.

Federica.