In ambito lavorativo si sente sempre più spesso parlare della ritenuta d’acconto, specialmente se si parla di lavori non continuativi o semplicemente occasionali. Ma cosa è in realtà questa ritenuta? In questa breve guida cercheremo di aiutare il lettore a capire cosa è, e come calcolarla. Vediamo quindi come si calcola la ritenuta d’acconto.
La prima cosa da sapere quando si parla di ritenuta d’acconto è che questa non è altro che una trattenuta sullo stipendio, solitamente del 20%, ma potrebbe anche essere superiore, che i datori di lavoro effettuano sui propri dipendenti e collaboratori sia continuativi che occasionali. In questa operazione il datore di lavoro prende il titolo o la nomina di sostituto di imposta, in quanto effettua un versamento nei confronti dello stato in luogo del dipendente o del collaboratore.
Ritenuta d’acconto del 20%
Come specificato solitamente la ritenuta è del 20% del lordo percepito. Per calcolarla basta infatti prendere l’importo lordo percepito e sottrarne il 20%. Facendo un esempio se si percepiscono 1000 euro, la ritenuta sarà pari a 200 euro, che il sostituto di imposta, il datore di lavoro, toglierà dal compenso per versarli alle casse statali come tasse sul lavoro. In questa maniera il lavoratore, o collaboratore, non deve provvedere a versare le tasse perché già ci ha pensato il committente.
La ritenuta d’acconto va versata entro il 16 del mese successivo al pagamento, e per farlo si deve utilizzare il modulo F24, compilabile anche direttamente online. Se il 16 è un giorno festivo o un fine settimana (per esempio un sabato), il versamento della ritenuta slitterà al primo giorno utile successivo.
Il calcolo del 20% va applicato solo per determinate categorie di lavoro o servizi, perché per categorie particolari l’aliquota può salire anche fino al 50%. Un’altra variante che cambia l’aliquota è dettata dal compenso. Poiché in Italia vige, secondo la costituzione, un sistema di tasse progressivo al lordo percepito, più si guadagna più si versa di tasse.