Francesca “Wondy” Del Rosso

Francesca “Wondy” Del Rosso

 

Francesca “Wondy” Del Rosso

e la Mostra fotografica itinerante “Wondy sono Io”

“Sono Francesca ma alcuni mi conoscono come “Wondy”, giornalista, scrittrice, blogger e sperimentatrice, amo i viaggi intercontinentali e le sfide.”

 Nella Sala Museale del Baraccano, a Bologna, grazie all’Associazione Loto Onlus, con il patrocinio del Comune di Bologna – Quartiere Santo Stefano – si è tenuta fino al 4 febbraio la prima tappa in Emilia Romagna della Mostra fotografica itinerante di “Wondy sono Io”.

Ad aprire l’evento è stato l’Assessore al Comune di Bologna, Marco Lombardo, la Presidente dell’Associazione Dr.ssa Balboni e la Psicologa Margherita Galli.

Francesca “Wondy” Del Rosso

Il percorso è composto da quindici tavole che raccontano il viaggio di una scrittrice e giornalista, Francesca “Wondy” Del Rosso durante un tumore al seno che l’ha rapita alla sua famiglia l’11 dicembre 2016.

La mostra fatta di immagini e testi racconta i suoi veri viaggi con la famiglia ma, soprattutto, le tappe del suo vissuto con l’”alieno” in corpo (termine con cui Oriana Fallaci definiva il cancro).

Il best seller editoriale, “Wondy. Ovvero come si diventa supereroi per guarire dal cancro”

edito da Rizzoli, raggiunge e catalizza l’attenzione del lettore suscitando commozione ma, soprattutto ammirazione, per l’atteggiamento da perfetta “resiliente” avuto da Francesca nei confronti della malattia.

Lei non c’è più ma, tramite il libro, le tavole esposte in tutta Italia e le testimonianze del marito – Alessandro Milan – a tutti noi rimane la convinzione che per non essere malati è basilare non sentirsi ammalati.

I convenuti all’evento hanno regalato a Francesca la loro attenzione, l’ammirazione per il suo coraggio e, ne sono convinta, il loro ricordo.

Sono stati letti degli spezzoni del libro di Francesca ed altri brani tratti dal volume ”La voglio gassata”, scritto dalla Prof.ssa Caterina Guttadauro La Brasca, tutti intensamente letti dalla stessa Scrittrice.

Francesca “Wondy” Del Rosso

Un libro, quello di Francesca “Wondy” Del Rosso, che tratta ampiamente l’argomentazione della Resilienza in un caso analogo ma più fortunato. Resilienza è una parola molto in voga che spiega la modalità di affrontare la malattia, gli ostacoli, la sofferenza e tutto ciò che questo comporta.

L’Associazione “Wondy sono Io” fondata dal marito di Francesca, Alessandro Milan, insieme a Francesca Ravelli e alla collega Alessandra Tedesco ha lo scopo di spiegare e diffondere il significato della parola Resilienza, riferita a tutte le infauste avventure della vita, quindi d’interesse comune.

E proprio un’altra Associazione bolognese la Loto Onlus (Loto è un’associazione no profit che nasce con il preciso intento di colmare un vuoto informativo e di consapevolezza sul carcinoma dell’ovaio) si è fatta carico di allestire questa Mostra aperta a tutti per divulgare il messaggio di Francesca.

Un cancro che Lei combatte, con tutte le sue forze, senza perdere la voglia di vivere, cercando di mantenere la felicità negli occhi dei suoi bimbi, raccontando loro la malattia aiutandosi con la fantasia e restando ben ancorata alla sua vera arma, un’arma che Wondy tiene stretta e difende anche dal cancro: l’ironia.

Wondy è madre di due figli e una madre sa che non può arrendersi quando si trova dinanzi ai loro occhi smarriti  che vivono qualcosa più grande di loro.

Wondy è la forza di una mamma che, nel cuore della notte, vede il suo ometto che va da Lei perché non riesce ad abbandonarsi a sogni belli come devono essere i sogni dei bambini:

“perché non dormi?” gli chiede.

“mamma, devo chiederti una cosa”

“dimmi e poi vai a nanna”

“se tu muori, come faccio a trovare la strada?”.

Francesca, col cuore a pezzi, a maggior ragione continua a lottare, come un soldato, senza far pesare su nessuno quello che veramente vive.

“Wondy è stata sconfitta”.

Sì, ha perso la guerra, ma ha vinto tante battaglie.

E soprattutto ha insegnato a tante donne e uomini il coraggio; il coraggio di lottare con il sorriso, di strappare pezzi di vita, di radersi la testa dopo la chemio ma essere sempre bellissima.

Grazie Francesca, c’è adesso un pezzetto di te in ogni donna, in ogni mamma che ti legge, non sei morta invano.

Grazie anche ad un “grande” marito che ha la forza di silenziare il suo dolore o quantomeno di trasformarlo in tante iniziative che dichiarano e rinnovano il suo amore e la sua ammirazione per una Donna che è la sua Donna, ormai organo vitale della sua Vita.

Francesca “Wondy” Del Rosso

Francesca “Wondy” Del Rosso: schietta, sincera, combattiva, ironica, creativa. Un vulcano.

 Ringraziamo la Prof.ssa Caterina Guttadauro la Brasca, scrittrice, presente all’evento.

 

 

 

LUCIANA SAVIGNANO E LA DANZA CLASSICA

LUCIANA SAVIGNANO e la Danza Classica

LUCIANA SAVIGNANO E LA DANZA CLASSICA

Questo folle mondo ci ha ormai abituato ad assistere, spesse volte impotenti, ad una serie di eventi che non pensavamo mai potessero accadere

Ma non è così!

Ogni volta si rimane sbigottiti, increduli, allibiti.

Le scarpette da punta, l’ambito sogno di giovani danzatori che dedicano con entusiasmo una consistente parte della propria vita per raggiungere quel magico giorno dove – in sala – le indossano per la prima volta avranno ora un sussulto.

Anni di prove, di gioie, di delusioni, di lacrime e di sorrisi, di forte volontà, di stage, di concorsi dove si impara a misurarsi con altre concorrenti altrettanto motivate forse, ora, si chiederanno: “Ma la mia preparazione a cosa serve?

Probabilmente si riferiscono alla recente notizia che la stella mondiale della Danza Classica, Luciana Savignano, sarà affiancata dalla Sig.ra Loredana Lecciso, altrettanto e meritatamente famosa nel mondo dello spettacolo dove sarà ballerina per tre serate in un teatro di Lecce – ‘Mi esibirò accanto a una delle più grandi ballerine viventi: la stella del balletto classico Luciana Savignano’, anticipa la showgirl che ricoprirà il ruolo della Maddalena nello spettacolo intitolato ‘Le ultime sette parole di Cristo’

LUCIANA SAVIGNANO e la Danza Classica

Luciana Savignano è una stella al pari di danzatori del calibro di Carla Fracci e Rudolf Nureyev, esaltata dalla grande critica e talent scout Vittoria Ottolenghi, diplomata alla Scuola di Ballo della Scala di Milano nel 1954, perfezionatasi al Teatro Bol’šoj di Mosca. Ha danzato nei più prestigiosi Teatri del mondo, è finemente elegante nella Danza. Nel corso di una intervista la grande danzatrice disse: “Le mie mani, le mie braccia sono come delle ali di fuoco che esprimono la necessità fisica di comunicare. Io sono la sacerdotessa che compie un rito; per me Bolero è come una preghiera”

LUCIANA SAVIGNANO e la Danza Classica

La nostra antica Cultura, sempre più minimizzata, spesse volte costretta a svolgere il ruolo di spettacolo circense volto a soddisfare – nell’immediato – solo esigenze di ”cassa”, sarà ora arricchita da questa nuova esperienza.

I nostri vecchi saggi dicevano: “Il tempo è galantuomo” e a noi non rimane altro – per il momento – che attendere una inversione di rotta nel modo di intendere, proporre e far vivere la Cultura.

LUCIANA SAVIGNANO E LA DANZA CLASSICA

Giovani danzatori, la vostra preparazione è importante, continuate a mantenere saldo e forte il carattere, i vostri sogni ed il vostro impegno; sono beni preziosi perché, come citato dal Maestro Luciano Cannito,  “La danza è passione che si trasforma in gioia vitale, sana, pura, libera. C’è qualcosa di così vero, ancestrale, istintivo…”

 

 

Reset: storia di una creazione

locandina film reset

“Reset, storia di una creazione” è l’omaggio di Thierry Demaizière e Alban Teurlai al ballerino e coreografo francese Benjamin Millepied.

Sarà nelle sale cinematografiche fino al 14 febbraio: un evento speciale per gli appassionati ma anche per i curiosi. È un’occasione imperdibile per tutti coloro che vogliono vedere come nasce un balletto, come l’idea del coreografo viene concretizzata sul palcoscenico.

Il film sarà preceduto in sala da una video-introduzione di Andrea Delogu ed Ema Stokholma, voci di Radio2.

https://www.youtube.com/watch?v=3yX07rYHJmc

Benjamin Millepied (classe 1977) arriva all’Opéra Nazional de Paris nel 2014, dopo la direzione ventennale di Brigitte Lefèvre. Rivoluzionare i codici della danza classica: questa la sua missione.

Bisogna essere costantemente ricettivi e livello emozionale rispetto a ciò che guardiamo, come se lo vedessimo per la prima volta. Nessun ballerino si muove allo stesso modo, ognuno ha la sua particolarità.

B. Millepied

Millepied è controcorrente e anticonformista verso la rigidità del Tempio della danza francese. La sua gestione da un ruolo centrale alle giovani generazioni di danzatori, li obbliga al controllo medico, promuove la diversità etnica. Nel 2016 lascia l’incarico (al suo posto l’étoile Aurélie Dupont) e torna a lavorare come coreografo a Los Angeles. Ma nel 2015 accetta di farsi seguire, letteralmente, dai due registi Thierry Damaizière e Alban Teurlai per realizzare il loro documentario.

Reset: storia di una creazione

Distribuito da I Wonder Pictures, il documentario racconta la genesi di “Clear, loud, bright, forward”, primo balletto originale creato da Benjamin Millepied in qualità di Direttore.

Un’opera innovativa, audace e convincente, dalla gestazione lunga ma appassionata: un balletto di 33 minuti affidato a sedici ballerini scelti tra tutto il corpo di ballo dell’Opéra.

Nessuna scenografia imponente: sul palcoscenico solo i danzatori. È il corpo a dominare la scena, sono le linee e le forme. Il balletto scorre con fluidità, è un continuum in cui si alternano passi a due e coreografie di gruppo dall’impronta tanto tecnica quanto espressiva. Rigore, ordine, precisione: Millepied conduce una vera e propria ricerca tesa a coniugare corpo e mente, realizzando qualcosa che fonde alla perfezione fisicità ed emotività.

“Reset: storia di una creazione” testimonia tutto il processo creativo di “Clear, loud, bright, forward”, vero e proprio manifesto artistico, dall’ideazione alla messa in scena. La tensione, la ricerca della perfezione, i costumi, le luci e il backstage: il film racchiude tutto ciò che ruota attorno ad un balletto, compresi i dubbi del coreografo, i ripensamenti, gli errori, il tormento interiore.

E lo racconta con grazia e leggerezza, in punta di piedi.

La danza comprende tutte le sensazioni: la sensazione dello spazio, la sensazione del tempo, la sensazione di scambio emotivo con il partner. È come fare l’amore.

B. Millepied

Magnum Manifesto: 70 anni di foto all’Ara Pacis

magnum manifesto

Con la mostra “Magnum Manifesto”, aperta al pubblico dal 7 febbraio al 3 giugno, il Museo dell’Ara Pacis celebra i 70 anni della Magnum Photos.

La più grande agenzia fotogiornalistica al mondo fu creata da Robert Capa, Henri Cartier-Bresson, George Rodger e David Seymour nel 1947. Da allora i suoi autori sono stati veri e propri interpreti di questi decenni, raccontando guerre, cambiamenti e tensioni. Le loro foto sono diventate prima di tutto testimonianze senza tempo di avvenimenti di grande impatto sotto il profilo sociale, ma anche politico e storico.

Quella di “Magnum Manifesto” all’Ara Pacis è la prima tappa europea nonché unica italiana. L’esposizione è promossa da Roma Capitale, Contrasto e Magnum Photo 70, in collaborazione con Zètema Progetto Cultura. Il curatore Clément Chéroux (direttore della fotografia del MoMa di San Francisco)  ha selezionato una serie di immagini (alcune rare e inedite) che hanno segnato il fotogiornalismo mondiale.

Tre le sezioni espositive allestite e 75 i fotografi in mostra. Tra questi Eve Arnold autore del rilevante reportage sui lavoratori immigrati negli USA, Paul Fusco autore di Funeral Train, serie dedicata al viaggio della salma di Robert Kennedy verso il cimitero di Arlington. E poi Jérôme Sessini, Larry Towell, Burt Glinn, Olivia Arthur, Cristina Garcia Rodero e Paolo Pellegrin.

Magnum Manifesto: le 3 sezioni

Diritti e rovesci umani si concentra sugli anni tra il 1947 e il 1968: Seconda Guerra Mondiale, decolonizzazione, affermazione di USA e URSS, Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. In questo quadro, molti dei progetti della Magnum Photos si concentrano su testimonianze in difesa del concetto di universalità.

Magnum è la fotografia.
Henri Cartier-Bresson

Un inventario di diversità racconta gli anni Settanta e Ottanta e le nuove figure emergenti nella società: il malato, il folle, l’emarginato. Tutto ciò che è “altro” e che lo storico francese Paul Veyne chiamava di conseguenza “l’inventario delle diversità”.

Magnum è un’organizzazione tenuta insieme da un’intangibile colla di sogni e speranze.
Wayne Miller

La terza e ultima parte di “Magnum Manifesto”, Storie della fine, racconta gli anni successivi alla caduta del Muro di Berlino. I temi portanti sono la tecnologia, il capitalismo, la globalizzazione, la crescita culturale e il modernismo. Fa parte di questa sezione un progetto in particolare, dedicato alla chiusura delle fabbriche Kodak: Postcards from America.

 

Elisabetta Terabust

Elisabetta Terabust

Elisabetta Terabust

La grande ballerina Elisabetta Terabust  è deceduta oggi, 5 febbraio 2018, nella sua casa romana vicino a Campo de’ Fiori.

La camera ardente sarà allestita mercoledì 7 febbraio dalle 9.30 alle 13.00 presso la Scuola di Danza del Teatro dell’Opera di Roma in Via Ozieri 8 (vicino a Piazza Lodi).

I funerali si terranno lo stesso giorno, alle ore 14.30, presso la Basilica di Santa Maria in Montesanto a Piazza del Popolo 18 (nota come la Chiesa degli Artisti), Roma.

Elisabetta Terabust

“Ballerina versatile, appassionata e interprete di grande presenza scenica. Elisabetta Terabust è una delle più famose étoile italiane nel mondo.

Il suo romanticismo, permeato di espressività concreta, perfino moderna, e il suo alto rigore stilistico sono i tratti che hanno contrassegnato la sua carriera e che le hanno permesso di affermarsi come una delle più grandi ballerine della scena internazionale.

Elisabetta Terabust compie la sua formazione alla scuola di ballo del Teatro dell’Opera di Roma sotto la guida di Attilia Radice, una delle ultime allieve del maestro Enrico Cecchetti. Terminati gli studi entra a far parte del corpo di ballo del teatro e ne diviene a soli diciannove anni prima ballerina nel 1966 ed étoile nel 1972.

Fin dagli esordi ha la grande opportunità di lavorare con personalità di rilievo del mondo della danza: Erik Bruhn con cui danza in Don Chisciotte ed Infiorata a Genzano, Zarko Prebil che l’avvia al grande repertorio, Aurel Milloss di cui diventa l’interprete prediletta all’interno del Teatro dell’Opera e Bronislava Nijinska; sono solo alcuni dei nomi con i quali Elisabetta Terabust compie le prime fasi della sua carriera.

Elisabetta Terabust

Nel 1973 intraprende il suo percorso internazionale grazie alla collaborazione con il London Festival Ballet, compagnia con cui interpreta in tutto il mondo i più importanti ruoli del repertorio classico, dal Lago dei Cigni alla Bella Addormentata, da Don Chisciotte Giselle. È la prima italiana, inoltre, a danzare stabilmente nel Ballet de Marseille diretto da Roland Petit il quale crea per lei un’originale versione del balletto Schiaccianoci e le affida tutti i principali ruoli delle sue creazioni: Le LoupL’ArlesienneCarmenCoppeliaNotre Dame de Paris.

Interpreta con successo anche capolavori di Balanchine, come Apollon MusagèteAllegro BrillanteTchaikovsky pas de deuxAgon, creazioni di Glen Tetley come Greening e Sphinx e coreografie di altri autori contemporanei come Moreland, Alvin Ailey o Hans Van Manen.

Nel 1978 è étoile ospite del Teatro La Fenice di Venezia in Giselle in coppia con Rudolf Nureyev e nel 1983 del Teatro alla Scala di Milano in coppia con Peter Schaufuss.

Elisabetta Terabust

Dal 1980 diventa l’ospite principale della compagnia Aterballetto diretta da Amedeo Amodio che crea per lei alcuni dei suoi balletti più famosi come Romeo e GiuliettaSchiaccianociPsiche a ManhattanAi limiti della notte. Nell’ambito di questa collaborazione il coreografo William Forsythe crea per lei il celebre Artifact 2 rinominato in seguito Steptext.

La versatilità nell’affrontare sia ruoli del repertorio classico che contemporaneo e l’eccezionale capacità interpretativa le consentono di riscuotere i più alti consensi e di trovare una propria originale collocazione nel panorama della danza italiana dominato, in assoluto in quegli anni, dall’immagine “romantica” di Carla Fracci.

Gli ultimi lavori interpretati da Elisabetta Terabust sono La valse triste ou le retour de cygnes (1992) e Charlot danse avec nous (1991) entrambi creati per lei da Roland Petit.

Durante la sua carriera Elisabetta Terabust danza con i ballerini più famosi del momento: Erik Bruhn, Peter Schaufuss, Rudolf Nureyev, Patrice Bart, Michail Barysnikov, Fernando Bujones, Patrick Dupond, Vladimir Derevianko, Jay Jolley e Paolo Bortoluzzi.

Elisabetta Terabust

Elisabetta Terabust è considerata, inoltre, una delle interpreti più apprezzate dello stile Bournonville, approfondito grazie alla collaborazione con Peter Schaufuss ed è la prima italiana nella storia ad interpretare il ruolo di Teresina nel balletto Napoli per il National Ballet of Canada nel 1981.

Al termine della carriera, con la stessa passione che aveva contraddistinto la sua attività di ballerina, assume nel 1990 la direzione della scuola e del corpo di ballo del Teatro dell’Opera di Roma. A seguire dirige per ben due volte il corpo di ballo del Teatro alla Scala di Milano (dal 1993 al 1997 e dal 2007 al 2009), il corpo di ballo del Maggio Musicale Fiorentino (dal 2000 al 2002) e il corpo di ballo del Teatro San Carlo di Napoli (dal 2002 al 2006).

Durante questo periodo svolge un’intensa attività di talent scout lanciando sulla scena internazionale numerosi giovani talenti, primi fra tutti Roberto Bolle e Massimo Murru, nominati da lei primi ballerini (scavalcando tutte le gerarchie esistenti nei corpi di ballo) durante la sua prima direzione del balletto del Teatro alla Scala di Milano.”

 

Tratto dal volume “Elisabetta Terabust, L’assillo della perfezione” Ed. Gremese  di Emanuele Burrafato, che ringraziamo

 

Ufficio Stampa Daniele Cipriani Entertainment

Simonetta Allder

ufficiostampa@danielecipriani.it 

339 7523505