Nathan Sawaya: i Lego diventano arte

the art of the brick_sawaya

The Art of the Brick è la dimostrazione che l’arte non ha confini né gabbie, che non esistono vincoli, che non esistono restrizioni quando si tratta di mettere in pratica la propria fantasia, il proprio estro e soprattutto la propria voglia di esprimersi e raccontare. Perché è questo quello che fa Nathan Sawaya.

Le sue creazioni sono la sua visione del mondo, sono la rappresentazione di una parte di sé e poco importa che per veicolare tutto ciò abbia scelto un materiale comunissimo, apparentemente insignificante e per definizione ascrivibile all’area ludica infantile.

Sì, perché Nathan Sawaya le sue spettacolari creazioni, esposte in The art of the Brick, le realizza con i mattoncini Lego.

the art of the brick_crayon_nathan sawaya

La mostra, definita dalla CNN “una una delle dieci mostre da vedere al mondo”, è attualmente in corso presso l’Auditorium Parco della Musica e resterà aperta fino al 26 febbraio. Oltre 85 le opere esposte, per un totale di circa un milione di mattoncini utilizzati da Nathan Sawaya, pluripremiato artista che vanta esposizioni in tutto il mondo, da New York a Los Angeles, da Melbourne a Shanghai, da Londra a Singapore.

Nathan Sawaya è stato il primo a vedere nei mattoncini del potenziale artistico e il primo a utilizzarli per creare sculture, giocando con forme, colori, luce e prospettiva. “Art is not optional” (L’arte non è un optional): sulla base di questo motto nel 2004 ha lasciato la sua carriera di avvocato per dedicarsi a tempo pieno all’attività di artista Lego, di “brickartist”, come si definisce lui stesso.

“Il mio soggetto preferito è la natura umana. Molte delle mie opere ricordano figure in transizione che rappresentano la metamorfosi che vivo nella mia vita personale. Le mie opere nascono dalle mie paure e dai miei traguardi, come avvocato e come artista, come ragazzo e come uomo”; altri temi ricorrenti nella produzione di Nathan Sawaya sono sicuramente l’amore, la perdita e l’arte.

Bellissima la sezione della mostra dedicata alle riproduzioni di celebri opere d’arte: dal David di Michelangelo a L’Urlo di Munch, dalla Monna Lisa di Leonardo a La ragazza con l’orecchino di perla di Vermeer fino a Il bacio di Klimt.

the art of the brick_kiss_sawaya

Monumentale e paurosamente realistico il T-Rex che chiude la mostra, realizzato con oltre 80 mila pezzi i quali, nell’insieme, rendono perfettamente l’effetto delle ossa dello scheletro dell’animale.

“Questa è una delle sculture più imponenti che abbia mai costruito, mi ha impegnato per un’intera estate e mi ha fatto quasi diventare matto realizzarla. Alla mia prima personale moltissimi visitatori erano bambini, ho voluto ringraziarli creando una scultura che potessero apprezzare proprio loro. Cosa avrebbe funzionato meglio di un dinosauro?”

the art of the brick_dinosauro_sawaya

E per i bambini, ma non solo, è pensata l’area ricreativa compresa nel percorso, uno spazio interattivo dove poter giocare coi Lego o divertirsi con dei videogiochi a tema.

Lascia scorrere le tue idee migliori. Ogni volta che liberi la creatività, con la scrittura, l’arte, la musica o altro, le tue idee cominciano a vivere una vita propria; ecco perché devi prendere le idee migliori e liberarle. (Nathan Sawaya)

LOVE, a Roma l’arte incontra l’amore

LOVE Roma

LOVE, la mostra prodotta e organizzata da Dart – Chiostro del Bramante in collaborazione con Arthemisia Group a cura di Danilo Eccher si sta rivelando un grande successo. Inaugurata lo scorso 29 settembre presso il Chiostro del Bramante, resterà aperta al pubblico fino al 19 febbraio.

L’esposizione rientra nel programma di festeggiamenti per i 20 anni del Chiostro: una mostra dal respiro internazionale che ospita i più importanti artisti del panorama contemporaneo; opere eterogenee, capaci di incuriosire lo spettatore, di sollecitarlo su più piani sensoriali, di coinvolgerlo.

Appositi spazi creativi sono riservati al pubblico, a cui è data la possibilità di scrivere sulle pareti il proprio pensiero d’amore; tutto ciò che è esposto, inoltre, è liberamente fotografabile. Una mostra open access insomma che, non a caso, ha avuto un forte impatto sui social (hashtag ufficiale #chiostrolove).

LOVE mostra Roma

Yayoki Kusama, Tom Wesselmannm (tra i maggiori esponenti della Pop Art), Andy Warhol, Robert Indiana, gli eccentrici Gilbert & George, Tracey Emin, Marc Quinn, Joana Vasconcelos, Vanessa Beecroft, Nathalie Djurberg, Hans Berg, Ragnar Kjartansson, Mark Mandera, Ursula Mayer, Tracey Moffatt, Francesco Vezzoli (tra gli artisti visivi italiani contemporanei più conosciuti al mondo) e Francesco Clemente (considerato in America il più celebre artista italiano vivente): sono questi gli artisti presenti alla mostra che attraverso i loro linguaggi artistici diversi raccontano l’amore e le sue diverse sfaccettature. Amore disperato, amore violento, amore romantico, amore che supera le barriere e i confini della malattia, amore per la patria, amore materno, amore passionale: trovano spazio diverse sfumature del sentimento, raccontate attraverso disegni, video, sculture, installazioni.

Tra queste impossibile non menzionare All the Eternal Love I Have for the Pumpkins, tra le più instagrammate al mondo, di Yayoki Kusama, artista giapponese che ha fatto dell’amore (“l’amore per l’infinito e l’amore infinito“) il centro della sua opera.

OVE_ mostra Roma_pumpkins

Gli incubi dell’amore sono invece al centro dell’installazione di Nathalie Djurberg e di Hans Berg, entrambi svedesi, artista-videomaker lei e musicista lui: il loro lavoro è caratterizzato da figure inquietanti, da ambientazioni che ricordano quelle dei fratelli Grimm, dove convivono uomini, piante, animali e streghe. The Cleaning, presente alla mostra LOVE, è proprio questo: un’installazione dove scultura, video e musica si combinano per raccontare il lato angoscioso e terrificante dell’amore, attraverso creature ibride.

Anche Tracey Moffatt utilizza il formato video per raccontare l’amore in tutte le sue fasi, nella sua degenerazione da amore romantico e idilliaco ad amore malato e violento. Regista e fotografa, è probabilmente l’artista australiana di maggior successo sia a livello nazionale che internazionale: nel 1990 ha partecipato al Festival di Cannes ed ha esposto nei principali musei del mondo, dalla Tate Gallery di Londra al Museum of Contemporary Art di New York. Love mette insieme, in sequenza, celebri spezzoni di film, di ogni epoca e di ogni provenienza: le scene vengono accompagnate dalla musica, che è parte integrante della storia e che cambia profondamente mano a mano che le immagini e i dialoghi modificano la loro essenza, quindi si passa dalle melodie soft iniziali a quelle tetre delle scene finali, dove l’amore è degenerato in gelosia e ossessione e poi in morte e violenza.

Joana Vasconcelos, invece, presenta l’amore contemporaneo come fusione di sentimento e oggetto quotidiano, attraverso un gigantesco cuore rosso, realizzato interamente con posate di plastica. L’oggetto è presentato accompagnato da una musica di sottofondo, una canzone di Amalia Rodriguez, melodia cantilenante e malinconica che perfettamente sintetizza l’idea di un amore ripetitivo e sempre uguale, dell’eterna oscillazione tra grandezza del sentimento e fragile quotidianità della sua intima essenza. 

LOVE non si propone al pubblico come una mostra che vuol spiegare cos’è l’amore, quanto piuttosto fornirne delle interpretazioni, offrire una carrellata di punti di vista e diverse rappresentazioni, filtrate attraverso il sentire di artisti dalla formazione e dalla provenienza diversa, ma tutti profondamente calati nell’arte contemporanea e nei suoi linguaggi innovativi.

E chi, più di Andy Warhol, ha saputo interpretare la modernità, ispirandosi alle immagini della cultura di massa e rifiutando le concettualizzazioni e i significati tradizionali della storia dell’arte? Scultore, pittore, regista, attore, sceneggiatore: Warhol, massimo esponente della Pop Art, è forse l’artista più influente del XX secolo. LOVE espone One Multicoloured Marilyn, di Andy Warhol: il volto della donna che sorrideva per mestiere, divenuta icona di bellezza e di amore infelice, Marilyn Monroe.

LOVE: orari, info e prezzi

La mostra LOVE è aperta al pubblico tutti i giorni dalle 10.00 alle 20.00; sabato e domenica dalle 10.00 alle 21.00
(la biglietteria chiude un’ora prima). Prezzo intero del biglietto 13 euro (sono previste riduzioni) comprensivo di audioguida.

Una particolarità della mostra LOVE, che consente al visitatore di personalizzare la propria esperienza, è la possibilità di scegliere la voce-guida. All’ingresso, infatti, si può scegliere tra 5 partner audio, diversi per sesso, età e personalità: John, Coco, Amy, David e Lilly.

Questi compagni di viaggio hanno il compito di spiegare le opere esposte, di fornire spunti di riflessione, di aiutare lo spettatore a coglierne la vera essenza.

Se non ti vedo non esisti: Levante scrittrice

se non ti vedo non esisti

Se non ti vedo non esisti segna l’esordio letterario della cantautrice Levante: il suo primo romanzo è nelle librerie da pochi giorni, edito da Rizzoli e sono in corso alcune presentazioni nelle principali città italiane. Martedì 24 gennaio Levante era a Roma, presso la Feltrinelli di Via Appia Nuova, dove ha raccontato qualcosa in più del suo libro e ha risposto alle domande dei presenti.

levante presenta se non ti vedo non esisti

Siciliana, classe 1987, Levante (all’anagrafe Claudia Lagona) inizia a farsi conoscere nel 2013: ha all’attivo concerti e numerose collaborazioni (l’ultima con J-Az e Fedez), a maggio sarà nuovamente in tour e sta per uscire il suo terzo disco di inediti.

Tra tutti questi impegni musicali Levante ha trovato il tempo di scrivere il suo primo romanzo: Se non ti vedo non esisti, romanzo che ha avuto una lunga gestazione e che lei definisce “un piccolo miracolo”. Concepito più di un anno fa, lo ha concluso nel mese di novembre e non le sembrava vero, visto che si considera una “inconcludente”.

Al centro della storia c’è una protagonista femminile, Anita, alle prese con un doloroso percorso di ricerca di sé. Anita è una fashion editor, molto bella, vive in centro a Roma e cura una rubrica dal titolo La crosta del cuore. Intorno a lei ruotano diverse figure: il padre Umberto, l’uomo più importante della sua vita, la sorella Greta, la mamma Elena. E poi si sono Filippo, Flavio e Jacopo. “Gli incontri con gli uomini del romanzo sono sempre più pericolosi – spiega – Sono tre figure molto diverse: uno stronzo, un pazzo e un puro”. Marta, Eleonora e Paolo sono figure fraterne-amiche, sono la famiglia scelta da Anita, al suo fianco nel difficile viaggio che la vede protagonista.

levante

Se non ti vedo non esisti è un romanzo rosa sì, ma anche introspettivo, perché Anita riflette molto, pensa, entra in crisi: è una sorta di alter ego dell’autrice, visto che in alcune cose si somigliano moltissimo, anche se il romanzo non è da considerarsi autobiografico. Alcuni elementi rimandano, però, al passato di Levante e li ritroviamo soprattutto nella figura di papà Umberto. Non a caso la vicenda è ambientata a Roma, città cara all’autrice perché meta della sua prima gita col papà: per questo ha voluto che la sua Anita nascesse romana, non immaginava altra città per lei.

Se non ti vedo non esisti e la musica

A proposito della scrittura di Se non ti vedo non esistiLevante racconta di aver avuto una difficoltà maggiore, rispetto alla scrittura dei testi delle canzoni: si definisce una persona “riassuntiva”, nel senso di molto sintetica, dunque sviluppare in ampio i temi le è risultato più complicato.

E in Se non ti vedo non esisti c’è tanto del nuovo disco (di cui ancora non si conosce titolo e data di uscita), perché mentre scriveva la storia ne immaginava la musica. Lo si può considerare una sorta di anticipazione.

“Se fosse una canzone sarebbe un compromesso tra Tutti i santi giorni e Abbi cura di te“.

Sopravvissuti: la mostra sull’Olocausto

27 gennaio_sopravvissuti_giornata della memoria

Il 27 gennaio si celebra la Giornata della Memoria, in ricordo delle vittime dell’Olocausto: in quel giorno del 1945 il campo di concentramento di Auschwitz (Polonia) fu liberato, mostrando al mondo l’orrore che si celava dietro i suoi cancelli. Ad Auschwitz trovarono la morte più di un milione di persone, soprattutto ebrei. Dobbiamo alle crude e difficili testimonianze dei sopravvissuti la consapevolezza di quanto accaduto soltanto 70 anni fa, storie di morte, di fame, di umiliazione, di sangue, di annientamento.

La Casa della Memoria e della Storia di Roma organizza, per l’occasione, una mostra fotografica intitolata Sopravvissuti. Ritratti, memorie, voci, promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale – Dipartimento Attività Culturali e dall’Associazione Nazionale Ex Deportati nei campi nazisti, con il patrocinio dell’Unione Comunità Ebraiche Italiane; l’esposizione nasce da un progetto di Ocralab – Idee per comunicare di Cristina Ballerini.

Il progetto raccoglie 40 fotografie, alcune realizzate in occasione del XII congresso dell’ANED, svoltosi nel 2000 a Mauthausen: i protagonisti sono tutti sopravvissuti ai lager nazisti che Simone Gosso ha incontrato e intervistato tra il 1998 e il 2003.

«Fotografare ha significato provare a dare alle loro parole occhi, labbra, volti. Perché dietro a questi visi stanno tragedie individuali ma anche grandi percorsi. Dietro a questi volti si possono infatti scorgere più tracce: la storia collettiva della deportazione italiana, la vicenda personale di chi è stato deportato e la conoscenza diretta delle persone ritratte […] In queste immagini non v’è completezza ma solo il tentativo di aiutare a raccontare le vite di uomini e donne che devono la loro eccezionalità alla loro normalità, così come la speranza di continuare quanto iniziato con le loro testimonianze».

Quello del fotografo torinese è innanzitutto un viaggio nella memoria, confluito in una ricerca artistica il cui risultato è un accostamento di immagini e parole dei protagonisti di quella tragedia, sopravvissuti all’orrore più indicibile e inimmaginabile; le didascalie che accompagnano le foto sono tutte stralci delle interviste.

Sono le vittime a parlare, i sopravvissuti.

Come Filippo Todaro (Mauthausen):

Altri si scoraggiavano e quando avevano perso il morale era finito tutto eh. Quando perdevi il morale arrivederci, giorno dopo giorno, nel volgere di due o tre giorni, eri morto eh. Io ho visto centinaia e centinaia di miei compagni morire.

Oppure Mario Limentati (Mauthausen):

Il nostro lavoro durava 12 ore al giorno. Bisognava andare giù, mettersi sulle spalle un masso di granito, che pesava minimo 25 chili, poi si doveva percorrere la scalinata […] prendere il masso, metterlo in spalla e aspettare che si componesse la fila […] Lì morivano tutti i giorni duecento, duecentocinquanta persone perché bastava perdere l’equilibrio e si cadeva. Finito il nostro lavoro dovevamo prendere i cadaveri, metterceli sulle spalle e andare su. Li posavamo per terra e gli addetti ai forni crematori venivano a prenderli.

A queste si aggiungono, tra le altre, le sofferte testimonianze di Leone Sabatello, Roberto Castellani, Sergio Sarri, Sabatino Finzi. Quest’ultimo ricorda il terribile 16 ottobre del ’43:

Hanno bussato, erano le sette di mattina, si sono presentati i tedeschi, due o tre, con un foglio di carta in mano scritto in italiano: “Portate con voi tutto il mangiare che avete, gioie e soldi perché si deve andare via da qui, dobbiamo portarvi a lavorare in un altro luogo”. Non sospettavamo nemmeno lontanamente, sennò io sarei scappato quindici volte.

I 40 leggii con le foto sono disposti in un circolo apparentemente “disordinato”, in cui i singoli ritratti si armonizzano con quelli che li circondano. Sono tutti racconti e ritratti unici, perché appartengono a singoli individui, ognuno con una propria storia, un proprio sentire e un proprio volto, ma sono anche parte di un racconto ben più ampio e condiviso, fatto di similitudini.

Tutte le testimonianze sono persone, tutte le testimonianze sono vittime, sono sopravvissuti: ci sono uomini, donne, partigiani, antifascisti, ebrei, tutti finiti nei campi di concentramento e ridotti a un numero, a un codice tatuato sull’avambraccio.

Emergono il dolore, la rassegnazione, la tenacia, l’inconsapevolezza, la vulnerabilità, la violenza, la forza. Ma in fondo alle loro parole spicca la vita, quella dopo la Liberazione e con essa la preghiera di non dimenticare, di ricordare i morti e i sopravvissuti, non solo come numeri, ma come volti e storie.

Sopravvissuti: contatti, orari, modalità di ingresso

Sopravvissuti rientra nell’ambito della Settimana della Memoria della Casa della Memoria e della Storia, sita in Via di San Francesco di Sales, 5. La mostra è ad ingresso libero e gratuito, aperta dal lunedì al venerdì dalle 9.30 alle 20.00 fino al 27 gennaio 2017.

L’ARTE DELLA PAROLA

Giambra GiancarloL’Arte della parola

Il nostro Concorso Letterario “L’arte della parola” si arricchisce di 2 premi in più che verranno conferiti ai primi classificati della Sezione A (poesia inedita adulti) e della Sezione A1 (poesia inedita minorenni).

Con le opere vincitrici delle due Sezioni saranno realizzate 2 videopoesie che saranno immesse nel canale You Tube.

Ringraziamo il nostro amico ed artista Giambra Giancarlo per questa preziosa iniziativa che sarà certamente accolta con entusiasmo dai partecipanti.

Giambra Giancarlo non necessita di lunghe presentazioni; è un poeta che nelle sue opere trasmette le sensazioni dell’anima e che riesce poi a “confezionare” in pregevole videopoesia l’opera scritta.

Il canale You Tube di Giambra Giancarlo è il seguente:

https://www.youtube.com/user/giancarlo77jc/videos

dove sono raccolte le videopoesie da lui amorevolmente prodotte.

 

Grazie Giancarlo per il tuo supporto artistico al Concorso Letterario “L’arte della Parola”