25 novembre: no violenza sulle donne

violenza sulle donne scarpe rosse

La cronaca italiana degli ultimi tempi ha portato in evidenza una paurosa escalation di violenza sulle donne che non accenna a placarsi: i casi di femminicidio, violenza domestica, violenza fisica e psicologica, stalking, come ci mostrano le pagine di cronaca dei giornali e i servizi dei notiziari, sono una realtà con cui la nostra società deve fare i conti, dal punto di vista umano e legislativo.

Oggi, 25 novembre, è la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1999 per sensibilizzare governi, associazioni e opinione pubblica su questo argomento delicato. La scelta di questa data non è casuale, ma rimanda all’assassinio delle sorelle Mirabal: le tre donne erano note per essere attiviste del movimento che si opponeva alla dittatura di Rafael Leonidas Trujillo nella Repubblica Dominicana. Il 25 novembre 1960 furono massacrate a colpi di bastone, torturate e strangolate, per poi essere gettate in un precipizio, da alcuni agenti del Servizio di informazione militare.

Violenza sulle donne: i dati

Il 5 giugno 2015 l’Istat ha reso noti i risultati di un’indagine avente in oggetto la violenza sulle donne dentro e fuori le mura domestiche, approfondendo anche l’aspetto delle conseguenze di questi soprusi e la loro gravità.

violenza sulle donne 25 novembre

Dai dati è emerso un numero inquietante: 6 milioni 788 mila donne hanno subito nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale, il 31,5% delle donne di età compresa tra i 16 e i 70 anni. Si tratta di un numero ancora troppo alto, ma fortunatamente in calo rispetto all’indagine precedente.

Nel 37,8% dei casi la donna ha riportato ferite, nel 36,1% ha temuto per la propria vita, la violenza è stata molto grave nel 44,7% dei casi.

Tra le conseguenze più diffuse le vittime hanno raccontato di perdita di fiducia ed autostima, ansia, fobia, attacchi di panico, disperazione e sensazione di impotenza, disturbi del sonno e dell’alimentazione, depressione, difficoltà a concentrarsi, perdita della memoria, autolesionismo o idee di suicidio.

Eppure il 23,5% delle donne non parla di questo dramma, soprattutto quando a perpetrare le violenze è il partner attuale (qui la percentuale sale a 39,9%). Ci si confida soprattutto con amici (35%) e familiari (33,7%), ma anche con carabinieri, polizia, avvocati, medici, infermieri, assistenti sociali.

Tra il confidarsi e il denunciare, però, c’è un abisso: soltanto il 12,3% denuncia la violenza alle forze dell’ordine, evidenziando una distorta percezione della gravità di quanto subito. Infatti soltanto il 35,4% delle donne che hanno subito violenza fisica o sessuale ritiene di essere vittima di un reato, il 44% sostiene che si è trattato di qualcosa di sbagliato ma non di un reato, mentre il 19,4% considera la violenza solo qualcosa che è accaduto.

La violenza sulle donne, però, non è solo fisica, non si palesa solo sotto forma di stupri o percosse. Le donne sono vittime, da parte di compagni ed ex compagni, di dinamiche quotidiane di abuso di potere, controllo, sottomissione, svalorizzazione, isolamento, intimidazione, imposizione. Nel 2014 circa 4 milioni 400 mila donne hanno dichiarato di subire o di avere subito violenza psicologica dal partner attuale, il 26,4% della popolazione femminile in coppia. La violenza psicologica è comunque in forte calo rispetto al 2006, quando era al 42,3%.

Violenza sulle donne è anche lo stalking (letteralmente “fare la posta”). Con questo termine si intendono quegli atti di persecuzione e intimidazione, ripetuti nel tempo, che causano alla vittima un’ansia e un timore tali da condizionarne le abitudini e gli stili di vita. Finalmente il Decreto Legge 23 febbraio 2009 n.11 (decreto Maroni), convertito in Legge n. 38 del 23 Aprile 2009, ha introdotto nel nostro ordinamento il reato di “Atti persecutori”, andando a colmare il vuoto legislativo fino ad allora esistente.

L’art 612 bis c.p. recita: Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque reiteratamente, con qualunque mezzo, minaccia o molesta taluno in modo tale da infliggergli un grave disagio psichico ovvero da determinare un giustificato timore per la sicurezza personale propria o di una persona vicina o comunque da pregiudicare in maniera rilevante il suo modo di vivere, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione da sei mesi a quattro anni.

Le donne che hanno subito stalking sono 3 milioni 466 mila, il 16,1%: la metà di loro lo ha subito dall’ex partner. Le forme più diffuse di questo reato riguardano la ricerca insistente di parlare con la vittima, ripetuti messaggi e telefonate, lettere e regali indesiderati, la vittima viene seguita, spiata, minacciata e offesa sui social network.

Violenza sulle donne: numero rosa 1522

1522 è il numero di pubblica utilità voluto ed attivato nel 2006 dal Dipartimento per le Pari Opportunità, che punta a contrastare il fenomeno della violenza dentro e fuori le mura domestiche, offrendo numerosi servizi a chi subisce questa situazione di disagio, a cominciare dall’ascolto e dal sostegno emotivo-psicologico, in un’ottica esclusiva di aiuto, mai giudicante.

Il numero è attivo 24 ore su 24 tutti i giorni dell’anno ed è accessibile dall’intero territorio nazionale gratuitamente, sia da rete fissa che mobile, con un’accoglienza telefonica multilingue. Gli operatori svolgono diverse azioni, compresa quella di attivare per le situazioni di emergenza la procedura di contatto e collaborazione con le Forze dell’Ordine o coi servizi specializzati presenti sul territorio.

Violenza sulle donne e self defence

In occasione della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, la Fikbms (Federazione italiana Kickboxing, Muai Thai, Savate e Shoot Boxe) col patrocinio della Polizia di Stato porterà fino al 30 novembre in diverse città italiane l’iniziativa Colpita, Affondato: si tratta di corsi e stage gratuiti di autodifesa dedicati alle donne, organizzati nelle strutture sportive aderenti alla Federazione in tutta Italia, proprio per sensibilizzare sulla violenza nei confronti del sesso femminile.

Con l’aiuto degli psicologi per la parte dedicata al supporto emotivo, i maestri daranno alle partecipanti una serie di elementi teorico-pratici per controllare la paura, migliorare la reattività in situazioni di pericolo, fronteggiare possibili aggressori, difendersi da attacchi violenti, facendo leva più sulla velocità e sulla freddezza, che sulla forza fisica.

Accostarsi allo studio della difesa personale è il primo passo verso la consapevolezza e l’amore per se stesse. Significa aver capito i propri limiti, il problema e il pericolo delle aggressioni, e scegliere una soluzione positiva e determinante! Conoscere le tecniche di autodifesa non vuol dire perdere la femminilità, diventare violente e aggressive, ma arricchirsi di nuove conoscenze, nuove tattiche per affrontare le situazioni difficili e pericolose e vivere più serenamente e tranquillamente. La vera difesa personale inizia “dentro” ciascuna di voi, dall’immagine che avete di voi stesse. Se vi sentile degne di valore e di rispetto, saprete come farvi accettare e farvi rispettare dagli altri. La difesa, comunque, dipende anche da una maggior attenzione a ciò che succede attorno a voi, dalla vostra capacità e abilità di evitare certi pericoli e le situazioni che potrebbero danneggiarvi. (Prof. W. Bassanelli – Giugno 2010)

Violenza sulle donne: le scarpe rosse

Il 27 luglio 2012 Elina Chauvet realizza, davanti al consolato messicano di El Paso, in Texas, un’installazione artistica in ricordo delle centinaia di donne uccise nella città di Juarez. Per loro, giovani di età compresa tra i 15 e i 25 anni, la stessa triste sorte: rapite, stuprate, mutilate, strangolate e abbandonate nel deserto, il tutto in un clima di indifferenza e omertà da parte delle autorità e dei cittadini. Da tutta quella impunità e tutto quel silenzio nasce il suo atto di ribellione: nel 2009 Elina raccoglie tra le sue conoscenti trentatré paia di scarpe rosse, installandole poi nello spazio urbano di Juárez.

Rifà la stessa cosa due anni dopo a Mazatlan, nello stato di Sinaloa e in quell’occasione di paia di scarpe gliene vengono donate trecento.

Per questo le scarpe rosse sono diventate il simbolo del 25 novembre, della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne.

Una società che si definisce civile non può permettere che le sue donne vengano umiliate, picchiate, stuprate o nel peggiore dei casi uccise per mano di uomini che, molto spesso, dichiarano di farlo per amore. La Giornata nazionale contro la violenza sulle donne si celebra perché si continui a parlare di Lucia Annibali (sfregiata con l’acido), di Carla Caiazzo (date alle fiamme quando era incinta all’ottavo mese), di Chiara Insidioso (picchiata fino ad essere ridotta in stato vegetativo), di Sara Di Pietrantonio (strangolata e bruciata), affinché storie come le loro non si ripetano mai più.

I diritti delle donne sono una responsabilità di tutto il genere umano; lottare contro ogni forma di violenza nei confronti delle donne è un obbligo dell’umanità; il rafforzamento del potere di azione delle donne significa il progresso di tutta l’umanità. (Kofi Annan)

Luigi De Filippo porta in scena i Cupiello

natale in casa cupiello

De Filippo è un cognome importante, è un’eredità da portare con fierezza e orgoglio ed è anche una responsabilità: quella di rappresentare il teatro partenopeo, è incarnare nel tempo un pezzo di storia indelebile per la cultura italiana, una storia che non si è arresa alla morte di Eduardo.

I De Filippo fanno teatro da tre generazioni: Eduardo, suo fratello Peppino e suo nipote Luigi hanno fatto del palcoscenico la loro ragione di vita, rappresentando, su quel palco, il bello e il brutto della società, il dramma e la commedia, raccontando l’avarizia, la miseria, la gelosia, l’inganno, l’amore. Raccontando l’uomo insomma, raccontando il vero. Una famiglia più unita sul palcoscenico che nella vita al di là delle quinte e delle scenografie: Eduardo e Peppino, tra dissidi, litigi e riconciliazioni, erano più colleghi che fratelli. A fare da mediatrice c’era la sorella Titina, con loro nella Compagnia Teatro Umoristico “I De Filippo”, la cui consacrazione avvenne a Napoli, il 25 dicembre 1931, con la rappresentazione al Teatro Kursaal di Natale in casa Cupiello.

Proprio quella commedia sarà in scena fino al 27 novembre al Teatro Parioli Peppino De Filippo di Roma, col direttore artistico Luigi De Filippo nei panni di regista e attore protagonista.

Natale in casa Cupiello

Natale in casa Cupiello è forse la più conosciuta tra le opere teatrali di Eduardo. La rappresentazione originale vedeva il maestro nei panni di Luca Cupiello, Titina nei panni di Concetta e Peppino nei panni di Tommasino, tre interpretazioni magistrali, che ottennero subito un grandissimo successo. Basti pensare che i soli 9 giorni di recita previsti nel contratto firmato con l’impresario, dovettero essere estesi a 5 mesi di rappresentazioni, fino al maggio del 1932!

Per la prima volta un altro De Filippo indossa i panni di “Lucariello” che furono del maestro Eduardo: Luigi De Filippo, figlio e nipote d’arte, aveva già curato in passato la regia dell’opera teatrale, ma ora si cimenterà in prima persona nel ruolo che consegnò lo zio alla fama e all’eternità. Una prova certamente impegnativa per lui, artisticamente e umanamente.

Commedia che coniuga in sé il divertimento del teatro umoristico e la commozione del dramma familiare, Natale in casa Cupiello è fedelmente riprodotta da Luigi De Filippo, il quale si è limitato a modernizzarne il ritmo, rendendolo più veloce, più in linea con la contemporaneità, che ci ha abituati a tempi più fluidi e serrati.

I temi sono di grande attualità, ora come allora: dissidi familiari, crisi matrimoniale, relazione extraconiugale, difficile rapporto padre-figlio.

Il successo nel tempo di Natale in casa Cupiello sta innanzitutto nel suo umorismo (che a tratti si tinge di nero): basti ricordare, una tra tutte, la scena della lettura della letterina di Natale. Ma sta anche nel suo saper essere figlia di ogni epoca, nel suo saper raccontare il quotidiano senza renderlo banale, inserendo elementi caratterizzanti a prima vista ovvi, ma caricati di un significato del tutto proprio. A cominciare dal presepe.

Elemento tradizionalmente associato al Natale, per i Cupiello è qualcosa di più: è un vero e proprio rito, è una passione, purtroppo non condivisa. Lucariello cerca in tutti i modi di trasmettere il suo amore per l’allestimento del presepe al figlio, senza riuscirci. Salvo poi strappargli un “Mi piace il presepe” in punto di morte.

natale in casa cupiello

Il volto scavato di Luca Cupiello-Eduardo (che ritroveremo nel volto dell’ultimo Massimo Troisi, quello di Mario nel pluripremiato Il postino) vinto dalla malattia, farneticante, circondato da una famiglia in crisi eppure saldamente ancorata alla sua figura, che nel suo delirio continua a decantare la bellezza del presepe, resta una scena fortissima che non ci stancheremo mai di guardare.

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Astutillo

“Mi chiamo Harry Haller, come il “lupo della steppa” di Hermann Hesse e sono il sindaco di Colleriarso dove vive anche il nostro protagonista Astutillo.”

 

Così è solito presentarsi il primo cittadino di un piccolo paese immaginario, ma non troppo, dove d’estate fa molto caldo e d’inverno freddissimo. Qui, secondo una leggenda, ha vissuto Hermann Hesse in persona, che è rimasto nel cuore degli abitanti, tanto che, nel corso degli anni, strade, ospedali, scuole, ma anche i nuovi nati, sono stati chiamati con i nomi dei personaggi dei suoi libri.

 

In questo luogo magico vive Astutillo Colavolpe, il protagonista di Astutillo e il potere dell’anello (Graphofeel edizioni , 2016 ), un libro scritto da Dario Amadei adatto ai ragazzi di tutti le età e agli adulti che sanno ancora sognare. Il libro, per consentirne la lettura a tutti, è pubblicato utilizzando un carattere tipografico facilitato, adatto anche a chi ha problemi di dislessia.

astutillo

astutillo

 

Fin dalla prima pagina l’autore ci presenta il protagonista,  Astutillo, come un un bambino molto grasso, ma felice di esserlo e non avrebbe fatto nulla per cambiare.

Così, senza tanti giri di parole, Dario Amadei colpisce il lettore dritto al cuore e lo fa scontrare con una dura realtà: quanto è difficile al giorno d’oggi accettarsi, farsi conoscere per quello che si è e non nascondersi dietro maschere da indossare nelle diverse situazioni?

 

Missione non facile per nessuno, tanto più per un bambino, costretto a destreggiarsi con il mondo degli adulti e con le tante proibizioni quotidiane. Una cosa che però Astutillo non riesce proprio a sopportare è non poter fare il bagno nel lago Tufo ghiacciato durante l’inverno. Così arriva in suo soccorso una fata, molto diversa da quelle che la tradizione ci ha fatto conoscere, che gli regala un anello magico capace di esaudire tutti i desideri.

 

Astutillo ne saprà approfittare? Sarà in grado di fare buon uso di tanta fortuna? O capirà che per ottenere quello che vuole deve contare solo sulle proprie forze ed impegnarsi per raggiungere dei traguardi?

 

Per rispondere a queste domande, che sono tanto simili a quelle che si pone ciascuno di noi  nel corso della vita, da grandi e da piccini,  vi invitiamo a leggere il libro, anche perché si tratta di una lettura davvero piacevole, diretta e scorrevole:  ciò che non abbandona mai il lettore è la sottile ironia con cui lo scrittore permea le avventure di questo bambino cicciotello, che rappresenta, come sottolinea l’autore, “l’anima grassa” che alberga in tutti noi, quale che sia la nostra forma fisica o la nostra costituzione reale.

 

Lungo il percorso narrativo ci si ferma a riflettere più volte, tante sono le porticine da aprire pagina dopo pagina; i personaggi che vengono presentati sono solo in parte frutto della fantasia, perché si possono incontrare quotidianamente e con loro bisogna fare i conti nella vita reale.

 

Di una cosa siamo sicuri: se leggerete il libro, Astutillo diventerà il vostro migliore amico e potrete andare a trovarlo a Colleriarso ogni volta che avrete voglia di farlo.

 

Ringraziamo  Elena Sbaraglia e Laura Pacelli di Graphofeel edizioni per l’intervista concessa e non ci rimane altro che leggere il libro Astutillo.

L’arte della danza: Roberto Bolle al cinema

roberto bolle_l'arte della danza

Roberto Bolle oltre al vanto di essere uno dei migliori ballerini al mondo, ha anche il merito di aver fatto avvicinare alla danza un pubblico vasto e tantissimi giovani, ipnotizzati dal suo talento, dal suo fascino, dalle sue doti comunicative.

La danza, prima di lui, non si era mai tanto avvicinata al grande pubblico, era sempre rimasto un settore d’elite, per “addetti ai lavori”. Senza mai sminuirla, anzi, elevandola sempre a forma d’arte a tutti gli effetti, senza mai snaturarla, senza mai volgarizzarla, Roberto Bolle è però riuscito a renderla più comprensibile e apprezzabile a quel grande pubblico che ora si accosta con entusiasmo alla danza, un po’ più propenso a coglierne la bellezza e la sacralità. Ponendosi come icona pop a tutti gli effetti, ha preservato l’aurea aulica della danza senza però farla percepire come vecchia e distante, bensì come preziosa ed emozionante.

Abbiamo visto Roberto Bolle cimentarsi in sketch comici, lo abbiamo visto in prima serata sul piccolo schermo, abbiamo ascoltato le sue interviste in radio e tv, abbiamo ammirato le sue foto sui giornali, letto il suo libro: ora sbarca anche al cinema.

Infatti l’étoile sta per portare la sua arte nelle principali sale cinematografiche italiane: Roberto Bolle – L’arte della danza, il lungometraggio che lo vede protagonista, sarà proiettato dal 21 al 23 novembre.

Roberto Bolle – L’arte della danza

Roberto Bolle – L’arte della danza è diretto da Francesca Pedroni, la quale snoda il suo docu-film attraverso i gala Roberto Bolle and Friends che si sono svolti all’Arena di Verona, al Teatro Grande di Pompei e alle Terme di Caracalla.

La macchina da presa coglie le fasi di preparazione dello spettacolo, dall’organizzazione alla messa in scena, ci mostra gli allenamenti, i dietro le quinte, ci consegna un ampio ventaglio di emozioni e sensazioni, dalla fatica alla soddisfazione, dalla determinazione alla responsabilità. Il tutto, corredato da interviste e commenti, sia di Bolle che dei dieci “friends” scelti per accompagnarlo nei Gala, tutti eccezionali danzatori provenienti dai migliori teatri mondiali: Nicoletta Manni (Teatro alla Scala), Melissa Hamilton, Eric Underwood, Matthew Golding (Royal Ballet di Londra), i gemelli Jiři e Otto Bubeníček (rispettivamente del Semperoper Ballet di Dresda e dell’Hamburg Ballett), Anna Tsygankova (Dutch National Ballet di Amsterdam), Maria Kochetkova e Joan Boada (San Francisco Ballet), Alexandre Riabko (Hamburg Ballett).

Il percorso di Roberto Bolle – L’arte della danza è un viaggio umano e professionale che ha come sfondo tre suggestivi luoghi dallo sconfinato valore culturale, la cui bellezza impreziosisce e fa da cornice ad un Gala che, a sua volta, è esaltazione della bellezza: quella del corpo in movimento.

E proprio la bellezza, così come una rigorosa disciplina, sono valori portanti per Bolle, il quale mantiene, da una vita intera, un rapporto totale con la danza, perfettamente sovrapposta ed allineata alla sua vita; ne è impalcatura ed essenza. Il lavoro di Francesca Pedroni vuol rendere omaggio proprio a questo rapporto, portarlo sul grande schermo per far emozionare il pubblico, per riempirne gli occhi di bellezza e i cuori di orgoglio.

La danza è il fuoco che ho dentro. Mi ha formato, mi ha dato un’identità. L’uomo che sono ora lo devo alla danza – Roberto Bolle

Roberto Bolle – L’arte della danza: programmazione nelle sale

Roberto Bolle – L’arte della danza è distribuito nei cinema italiani da Nexo Digital in collaborazione con i mediapartner Radio Deejay e MYmoè, prodotto da Classica e da Artedanza S.r.l.

Sarà nelle sale cinematografiche italiane il 21, 22 e 23 novembre nelle principali città italiane. La programmazione completa è consultabile sul sito ufficiale.