Francesca “Wondy” Del Rosso

Francesca “Wondy” Del Rosso

 

Francesca “Wondy” Del Rosso

e la Mostra fotografica itinerante “Wondy sono Io”

“Sono Francesca ma alcuni mi conoscono come “Wondy”, giornalista, scrittrice, blogger e sperimentatrice, amo i viaggi intercontinentali e le sfide.”

 Nella Sala Museale del Baraccano, a Bologna, grazie all’Associazione Loto Onlus, con il patrocinio del Comune di Bologna – Quartiere Santo Stefano – si è tenuta fino al 4 febbraio la prima tappa in Emilia Romagna della Mostra fotografica itinerante di “Wondy sono Io”.

Ad aprire l’evento è stato l’Assessore al Comune di Bologna, Marco Lombardo, la Presidente dell’Associazione Dr.ssa Balboni e la Psicologa Margherita Galli.

Francesca “Wondy” Del Rosso

Il percorso è composto da quindici tavole che raccontano il viaggio di una scrittrice e giornalista, Francesca “Wondy” Del Rosso durante un tumore al seno che l’ha rapita alla sua famiglia l’11 dicembre 2016.

La mostra fatta di immagini e testi racconta i suoi veri viaggi con la famiglia ma, soprattutto, le tappe del suo vissuto con l’”alieno” in corpo (termine con cui Oriana Fallaci definiva il cancro).

Il best seller editoriale, “Wondy. Ovvero come si diventa supereroi per guarire dal cancro”

edito da Rizzoli, raggiunge e catalizza l’attenzione del lettore suscitando commozione ma, soprattutto ammirazione, per l’atteggiamento da perfetta “resiliente” avuto da Francesca nei confronti della malattia.

Lei non c’è più ma, tramite il libro, le tavole esposte in tutta Italia e le testimonianze del marito – Alessandro Milan – a tutti noi rimane la convinzione che per non essere malati è basilare non sentirsi ammalati.

I convenuti all’evento hanno regalato a Francesca la loro attenzione, l’ammirazione per il suo coraggio e, ne sono convinta, il loro ricordo.

Sono stati letti degli spezzoni del libro di Francesca ed altri brani tratti dal volume ”La voglio gassata”, scritto dalla Prof.ssa Caterina Guttadauro La Brasca, tutti intensamente letti dalla stessa Scrittrice.

Francesca “Wondy” Del Rosso

Un libro, quello di Francesca “Wondy” Del Rosso, che tratta ampiamente l’argomentazione della Resilienza in un caso analogo ma più fortunato. Resilienza è una parola molto in voga che spiega la modalità di affrontare la malattia, gli ostacoli, la sofferenza e tutto ciò che questo comporta.

L’Associazione “Wondy sono Io” fondata dal marito di Francesca, Alessandro Milan, insieme a Francesca Ravelli e alla collega Alessandra Tedesco ha lo scopo di spiegare e diffondere il significato della parola Resilienza, riferita a tutte le infauste avventure della vita, quindi d’interesse comune.

E proprio un’altra Associazione bolognese la Loto Onlus (Loto è un’associazione no profit che nasce con il preciso intento di colmare un vuoto informativo e di consapevolezza sul carcinoma dell’ovaio) si è fatta carico di allestire questa Mostra aperta a tutti per divulgare il messaggio di Francesca.

Un cancro che Lei combatte, con tutte le sue forze, senza perdere la voglia di vivere, cercando di mantenere la felicità negli occhi dei suoi bimbi, raccontando loro la malattia aiutandosi con la fantasia e restando ben ancorata alla sua vera arma, un’arma che Wondy tiene stretta e difende anche dal cancro: l’ironia.

Wondy è madre di due figli e una madre sa che non può arrendersi quando si trova dinanzi ai loro occhi smarriti  che vivono qualcosa più grande di loro.

Wondy è la forza di una mamma che, nel cuore della notte, vede il suo ometto che va da Lei perché non riesce ad abbandonarsi a sogni belli come devono essere i sogni dei bambini:

“perché non dormi?” gli chiede.

“mamma, devo chiederti una cosa”

“dimmi e poi vai a nanna”

“se tu muori, come faccio a trovare la strada?”.

Francesca, col cuore a pezzi, a maggior ragione continua a lottare, come un soldato, senza far pesare su nessuno quello che veramente vive.

“Wondy è stata sconfitta”.

Sì, ha perso la guerra, ma ha vinto tante battaglie.

E soprattutto ha insegnato a tante donne e uomini il coraggio; il coraggio di lottare con il sorriso, di strappare pezzi di vita, di radersi la testa dopo la chemio ma essere sempre bellissima.

Grazie Francesca, c’è adesso un pezzetto di te in ogni donna, in ogni mamma che ti legge, non sei morta invano.

Grazie anche ad un “grande” marito che ha la forza di silenziare il suo dolore o quantomeno di trasformarlo in tante iniziative che dichiarano e rinnovano il suo amore e la sua ammirazione per una Donna che è la sua Donna, ormai organo vitale della sua Vita.

Francesca “Wondy” Del Rosso

Francesca “Wondy” Del Rosso: schietta, sincera, combattiva, ironica, creativa. Un vulcano.

 Ringraziamo la Prof.ssa Caterina Guttadauro la Brasca, scrittrice, presente all’evento.

 

 

 

Daniela Poggi: Una donna, Tante donne

Daniela Poggi: Una donna, Tante donne

Daniela Poggi: Una donna, Tante donne

Daniela Poggi nasce a Savona, una città di mare.
In casa crebbe con l’Arte, al di fuori di essa ha vissuto in un mondo colorato: l’azzurro del mare, del cielo, della sua città e l’aria salmastra da respirare per poi portare queste sensazioni dentro, ovunque andrà.
La sua carriera iniziò a 14 anni quando si aprì il primo sipario per interpretare Andromaca di Racine in lingua francese… “Il cuore batteva a mille ma io mi sentivo “esistere”.
In questa frase c’è già un valido motivo per vivere.
Un’ adolescente che la curiosità porterà, poi, dal teatro al cinema, alla televisione, interpretando tanti ruoli, molte sfide che la porteranno a vivere tante vite per regalare emozioni, fare percorsi dentro se stessa, conoscersi meglio e accettarsi.
A 20 anni è in teatro con Walter Chiari in “Hai mai provato nell’acqua calda”?
Passa poi al teatro impegnato, con testi drammatici di Jules Pfeifer e Arturh Miller. Recita con tutti i mostri sacri del teatro come Arnoldo Foà.
Dal 2009 inizia un percorso impegnato sui temi sociali di grande rilevanza, tante opere fino a Pirandello, Sciascia.
Nel cinema è stata diretta da Ettore Scola, Luciano Salce, Giorgio Capitani, Pasquale Festa Campanile ed altri illustri nomi.
Compie 40 anni di carriera sul set di un film: “L’esodo”.

Daniela Poggi: Una donna, Tante donne

Daniela Poggi: Una donna, Tante donne

D. Signora Poggi, Lei ha festeggiato i suoi 40 anni di carriera vestendo i panni di un’esodata nell’opera prima di Ciro Formisano. Un film verità in cui si riconosceranno tante persone. Che emozioni ha vissuto in questo ruolo che lei interpreta, ma che molti italiani vivono?

R. Tante emozioni, dalla vergogna, alla consapevolezza, la voglia di lottare per chi subisce ingiustizie, la forza della ragione e la dignità di essere dalla parte del giusto. Troppe persone soffrono di indigenza e invisibilità, dobbiamo unirci a loro e urlare tutti insieme: BASTA!

D. Da quel giorno consegnato alla storia dalle lacrime della Fornero, iniziò un calvario che ha portato migliaia di famiglie a vivere in uno stato di indigenza. Cosa pensa lei di uno Stato che non è in grado di garantire una vita dignitosa alle fasce più deboli, tra cui gli anziani?

Daniela Poggi: Una donna, Tante donne

 

 

 

 

R. Lo ripeto, la politica spesso pensa più alla risoluzione di problemi finanziari, bancari, mondiali lasciandosi alla spalle la vita delle persone. Questa non è buona politica.

D. Viviamo in un mondo altamente tecnologizzato ma si muore ancora di solitudine; il femminicidio è storia di tutti i giorni ormai, c’è un grande degrado morale che ci porta indietro di tanti anni. Il suo pensiero al riguardo?

R. Anni di degrado culturale, si è cercato di intorpidire le menti, levare la capacità di pensare, dai giornali alla televisione…Il sapere è stato annientato per l’apparire non importa come. L’uomo è rimasto indietro nel cammino della donna che si evolve ogni giorno di più, mentalmente e professionalmente. Nella scuola i primi segni di violenza e poi in famiglia, nei gesti, nelle parole…Bisogna stare attenti quando si parla, le parole possono uccidere.

D. Poter lavorare quanto ha contribuito, secondo lei, a creare un’autostima nelle donne?

R. Certo il lavoro è espressione di dignità e autonomia. Solo così la persona esiste.

D. Esiste, secondo lei, un tipo di uomo che non fa, necessariamente, la scansione di seno e sedere, prima di relazionarsi con una donna?

R. Non lo so, bisognerebbe fare una ricerca sugli uomini…Penso di no. D’altronde la prima attrazione è vedendo, poi conoscendo e poi approfondendo.

Daniela Poggi: Una donna, Tante donne

D. Le faccio una domanda provocatoria. Rispetto alla rete di amicizie di Facebook a che servono oggi i parenti?

R. FB se usato come mezzo di lavoro è straordinario, così come lanciare petizioni a favore dei più deboli, umani e non. I gossip sono deleteri. Cercare amicizia su FB è come dire “io non sono capace di vivere veramente la vita”…la cosa buona è che ogni tanto si ritrovano persone con le quali si è condiviso un periodo della vita e poi, per tante ragioni, ognuno ha preso la sua strada e ci si è persi di vista; con FB eccoci di nuovo. I parenti sono indispensabili bisogna coccolarli e mai dimenticarli.

D. Lei ha adottato una bambina, questo denota la sua sensibilità e la voglia di regalare amore. Cosa ne ha ricevuto in cambio?

R. Non ho adottato, sono la sua madrina di battesimo e affianco la sua vita da sempre, scuola, sport, viaggi e altro. In cambio ho la gioia del suo sorriso, delle sue vittorie all’università, delle sue sfide vinte perché è intelligente. Ha dato un senso alla mia vita.

D. Come si prepara ad interpretare un personaggio?

R. Lo analizzo, lo interrogo, leggo, lo vivo con il cuore e la pancia. Mi dimentico di me e divento LEI.

D. Come vive, se c’è, la competizione con i suoi colleghi?

Daniela Poggi: Una donna, Tante donne

R. Una sana competizione deve esserci sempre se no ci si ammoscia!

D. Il suo amico modaiolo fiorentino Stefano Panaro, dall’America l’ha sempre definita di ”una genialità stellare”. Sicuramente un bel complimento. Lei si riconosce questo valore?

R. Stefano è troppo buono. Sono una persona normale come tante altre che ha il dono della Fede e mi ci aggrappo con tutta me stessa. Ho sempre lavorato, lottato, non mi arrendo, sono curiosa e ambiziosa perché se lavoro e guadagno posso aiutare molto chi ha bisogno.

D. Gode di buona salute oggi il cinema italiano?

R. Non direi

D. Lei ama di più sorprendere o essere sorpresa?

R. Ambedue

D. Come fa a mantenersi così bella e in forma?

Daniela Poggi: Una donna, Tante donne

R. La bellezza ti viene regalata, non è merito tuo, devi solo proteggerla e mantenerla, alimentazione vegana, sport, dormire bene, serenità, letture e buone persone accanto. Cuore sempre aperto così come occhi e orecchie…vivere la vita.

D. Qual è il suo rapporto con il tempo che passa?

R. Paure, speranze, ironia, leggendo chi è più saggio e ha già capito il senso della “adultità”!

D. Una, nessuna, centomila. Chi è esattamente Daniela Poggi?

R. Tutte e nessuna…Una particella di Dio.

D. Nei suoi sogni c’è mai stato o c’è un Oscar?

R. Impossibile volare così in alto, sarei felice di un David per L’Esodo.

Daniela Poggi: Una donna, Tante donne

Noi le auguriamo di vincerlo per tutto quello che Lei è, che dà e che fa.
Nel 2001 Daniela Poggi è stata nominata “Goodwill Ambassador” da parte di UNICEF-Italia per sensibilizzare e coinvolgere l’opinione pubblica sui problemi dell’infanzia, testimoniando e promuovendo con il suo impegno nel mondo della cultura e dello spettacolo la solidarietà e il sostegno alle iniziative dell’UNICEF.
Quindi anche la sua arte al servizio dei più deboli.
Daniela Poggi è più di tutto questo, non serve sottolineare ciò che si vede, ma è anche fine, discreta, riservata, lontana dai frastuoni e dai divismi gratuiti.
Tutto ciò che ha conquistato è frutto di impegno, passione e ricerca interiore perché, come dice giustamente Simone De Beauvoir: “Donne non si nasce lo si diventa”.
Noi la ringraziamo per averci permesso di conoscerla un po di più e la lasciamo augurandole di vivere ancora tante vite con la passione e il successo avuti fino ad oggi.

Daniela Poggi: Una donna, Tante donne che si sono rivelate in questa intervista concessa alla Prof.ssa Caterina Guttadauro La Brasca che ringraziamo

 

Milena Petrarca, un omaggio alle donne: scintille di vita

Milena Petrarca, un omaggio alle donne:scintille di vita

Milena Petrarca, un omaggio alle donne: scintille di vita

Nata a Pozzuoli (Napoli), il 2 febbraio del 1950, vive e lavora a Latina, trasferendosi periodicamente anche a New York.

E’ Presidente del Premio Internazionale Magna Grecia da lei ideato. Un premio, unico nel suo genere, a trecento sessanta gradi che abbraccia cultura, teatro, letteratura, poesia, musica, danza, giornalismo, spettacolo, ricerca storica, moda, arte, fotografia, medicina e sport.

Una carica di energia quella che trasuda dalle sue opere, la stessa che la motiva in questo suo appagante e accattivante percorso che ne segna la vita.

Milena Petrarca, un omaggio alle donne: scintille di vita

Fin da bambina Milena Petrarca ha respirato Arte ed ha partecipato ad Eventi culturali organizzati dalla madre: la poetessa Prof.ssa Maria Panetty Petrarca, grande scrittrice di opere teatrali e canzoni napoletane. Figlia d’arte la vena poetica era latente in lei e, come per incanto, è esplosa ed ha contribuito a scatenare quella forza interiore e quella voglia di dipingere con versi le sue opere.

Milena Petrarca è presente nelle rassegne artistiche internazionali, specialmente nella “Grande Mela”, dove ha organizzato il cinquecentenario di Cristoforo Colombo con mostre personali e collettive, ottenendo il prestigioso riconoscimento dal governo di New York: l’ “Artistic Achivement Award Gallery” ed è stata inserita dal grande critico Mario Fratti tra i più importanti artisti del gruppo “Realismo Magico“.
Il termine realismo magico è stato inventato nel 1925 dal critico tedesco Franz Roh e si riferiva a un particolare stile di pittura.

Successivamente è stato usato per descrivere lo stile di alcuni pittori americani come Paul Cadmus, Ivan Albright e George Tooker, tra gli altri artisti dei decenni del 1940 e 1950. Con questo nome non si definisce soltanto una corrente pittorica ma anche letteraria. Il realismo ha come scopo quello di riprodurre nelle opere letterarie la realtà di “fotografare” la vita quotidiana senza commenti o giudizi. Il realismo ha successivamente dato vita a due correnti chiamate rispettivamente naturalismo in Francia e verismo in Italia. Fra i maggiori esponenti veristi (non realisti) si ricordano Giovanni Verga, Luigi Capuana e Matilde Serao.  

Milena Petrarca, un omaggio alle donne: scintille di vita

Milena Petrarca, un omaggio alle donne: scintille di vita

Signora Milena Petrarca, il Realismo Magico è essenzialmente tutto quello che può essere ricondotto a tre parole: connessioni, labilità, immortalità. Mi spiega con parole sue perché le sue opere lo rappresentano?

Il mio Realismo Magico viene inteso come immortalità che celebra il culto della bellezza sensibile e leggiadra, pervasa da grande spiritualità che riesce a coinvolgere emotivamente l’osservatore. Un inno alla bellezza della vita in cui pennellate libere e cariche di passione trascinano lo spettatore in una realtà senza tempo, rendendola IMMORTALE.

Le sue opere incatenano lo sguardo e l’anima. Lei si prefigge questo quando le crea?

Non mi prefiggo d’incantare con le mie opere, è tutto naturale ed inconscio …quando dipingo sono presa da profonde emozioni che cerco di afferrare e fissare nella materia cromatica con la velocità e la brillantezza di un raggio di sole, tanto difficile da prendere. E’ come un miracolo il momento creativo, sensazioni bellissime ti rapiscono e senti anelare in tutto il tuo spirito LA VITA, che incomincia a palpitare impazzita. Ti lasci prendere come in un sogno irreale dal turbinio di zampilli sfavillanti di colori che finalmente si chetano e si immortalano nell’opera attraverso il travaglio fisico e mentale del tuo processo creativo.

Il termine realismo è quanto mai generico e comprende un atteggiamento comune a molte manifestazioni dell’ARTE. Il termine Realismo significa attinenza con la realtà, fare della realtà il soggetto d’ispirazione. Lei rispetta questo concetto. Le sue donne sono vissute e, grazie a Lei continuano a vivere. Per alcuni personaggi c’è quasi una voglia di riscatto del loro vissuto, ad esempio Marilyn Monroe, La scelta dei suoi dipinti secondo quali canoni è fatta?

Rispetto questo concetto che è inteso come MERAVIGLIA e come RISVEGLIO del senso di personalità ed originalità e di riscatto anche per le DONNE da tempo sopite, nel ruolo di sudditanza, all’uomo PADRONE.  La scelta dei miei canoni è di Bellezza ideale secondo un concetto PLATONICO molto profondo, carico di sublime ARMONIA.

Milena Petrarca, un omaggio alle donne: scintille di vita

L’identità delle sue opere si chiama Realismo Magico. La Magia che è sogno, incantesimo, mistero è motivo di stupore per lei? Ha consapevolezza di questo messaggio che le sue creazioni regalano?

Nei miei dipinti cerco d’investire l’immagine figurativa di un potere affettivo nuovo, impongo un rapporto inedito tra forme e colori che permette d’inserire i personaggi nella composizione con una dinamica del tutto nuova ed originale: “Donne dalla carnagione luminosa, figure sacre e profane che sembrano reincarnazioni dei MITI ANTICHI che ti portano in un mondo di sogno e di favola, quasi MAGICO…

Milena Petrarca, un omaggio alle donne: scintille di vita

Un grande esponente letterario del Realismo Magico Letterario è Gabriel GARCIA Marques che dice: Gli esseri umani non nascono sempre il giorno in cui le loro madri li danno alla luce, la vita li costringe ancora molte altre volte a partorirsi da sé.  Ogni creazione è per lei una rinascita?

Ogni mia creazione è una rinascita…L’opera successiva per me è sempre la più bella perchè penso di aver fissato un raggio di luce in più e mi sgomenta il pensiero di non arrivare mai alla finita conoscenza delle cose e così riparto di nuovo per un altro sogno, per una nuova rinascita. Un volto, una farfalla, un tramonto, un fiore, diventano solo elementi che ti aiutano a liberarti e vibrare finalmente sulle note sempre più vive della danza di questa nostra vita terrena ed ogni momento cristallizzato ti rende infinitamente FELICE…E così dico…”Non ho speso invano il mio tempo”.

Io non sono un critico e le domande che le rivolgo sono dettate dalla curiosità e dal fascino che abita nei suoi quadri. Sono donne morbide, immagini ricche di colori che fanno presupporre sfumature che le identificano e stabiliscono un legame con chi li osserva con gli occhi dell’anima. Tutto questo quanto conta per lei?

Cerco di farmi amare, attraverso la mia abilità di unire nel procedimento tecnico un senso nitido e caldo di linee che prendono vita nel colore inteso, come nei veneziani del 700, da un punto di vista tonale, cioè nei valori di luminosità e non di chiaro scuro. Colgo il senso della vita immortalando le sensazioni più profonde dell’animo con una POETICA ed una MAGIA del segno e del colore, così in ogni dipinto vi è un soffio dell’anima.

Milena Petrarca, un omaggio alle donne: scintille di vita

Milena Petrarca, un omaggio alle donne: scintille di vita

Cos’è per Lei il successo, l’essere riconosciuta, avere una sua identità in un contesto culturale che è senza confini e abbraccia l’eternità?

Per me il successo è l’essere riconosciuta ed avere una mia identità, essere fondamentali e senza confini …  Si cerca di raggiungere l’eternità. QUESTA è un mia meta che fin da bambina ho coltivato con grande PASSIONE, dedicandomi allo studio della PITTURA e alla CULTURA a trecento sessanta gradi.

Una domanda particolare per un’artista che ha trascorso tutta la vita, fin dall’infanzia, in un ambiente e con delle figure, comprese quelle genitoriali, rappresentative, per il talento, nella Poesia, la Narrativa, come, ad es. sua madre: Cosa c’è in lei di loro?

Fin da bambina ho partecipato ad Eventi culturali organizzati da mia madre Maria Panetty Petrarca poetessa e scrittrice, drammaturgo di opere teatrali e autrice di canzoni napoletane Sono figlia d’arte, la vena poetica era latente in me e come per incanto è esplosa, scatenando quella forza interiore e quella voglia di dipingere con versi le mie opere, ottenendo un grande successo di pubblico, di critica e tantissimi premi letterari ed artistici.

Milena Petrarca, un omaggio alle donne: scintille di vita

Milena Petrarca non è solo Pittrice ma anche Scultrice e Poetessa. Ci si sofferma di più sulla pittura perché è quella che esplode dinanzi agli occhi di tutti. Si riesce a dialogare con le sue donne, ormai esposte nelle più importanti Gallerie del mondo, e facendolo ci si sente sospesi tra sogno e realtà, dolcezza e mistero.

Sono figure illuminate da un innocente candore, eleganti, con dei nudi che, da chi li osserva, vengono percepiti come espressioni di purezza e solarità. Sono un omaggio a tutte le donne, soprattutto quelle alle quali è stata strappata l’identità con la violenza e l’abuso. Argomento quanto mai attuale e la testimonianza artistica di Milena dà la forza necessaria a ricordare non solo la fragilità femminile ma anche la forza, la determinazione e il coraggio.

Milena Petrarca, un omaggio alle donne: scintille di vita

I seni dolci della vita, Sognando in rosa. La fanciulla con melograno, Il carro della felicità, e tantissimi altri, tutti legati da un sottile filo comune che è la grazia e la tenerezza. Lei ha ricevuto tantissimi riconoscimenti e premi ma io credo che il suo premio più grande sia l’ammirazione e la gratitudine della gente comune di chi, visitando una galleria, si sofferma rapito dinanzi ad un suo dipinto. In quel gesto c’è un silenzioso grazie al suo talento ed al suo essere una grande testimonianza di solidarietà per tutte le donne, senza distinzione alcuna e sempre in perfezionamento perché una creazione diventi il superamento dell’altra. La salutiamo ringraziandola con le parole di Simone De Beauvoir: “Non si nasce donna, si diventa”.

Milena Petrarca, un omaggio alle donne: scintille di vita

Intervista della Dott.ssa Caterina Guttadauro La Brasca che ringraziamo.

ENZO TORTORA: Un uomo onesto

Enzo Tortora:un uomo onesto

ENZO TORTORA: Un uomo onesto

Intervista della Dott.ssa Caterina Guttadauro La Brasca a Francesca Scopelliti.

Un libro testimonianza, quello di Francesca Scopelliti, presentato a Roma dal Circolo IPLAC (Insieme Per La Cultura) il 10 settembre presso l’Enoteca/libreria di Tonino Puccica.

Enzo Tortora:un uomo onesto

Questo libro segna il nuovo inizio di una battaglia combattuta prima e dopo la perdita di Enzo Tortora. Con questo libro Francesca Scopelliti fa dono a tutti noi del vissuto di un uomo braccato, accusato, condannato in nome di una giustizia non giusta, che lo ha privato della necessità primaria dell’uomo senza cui non c’è vita: la libertà.

Un uomo retto, onesto, colto e di successo che ogni italiano riceveva nella sua casa grazie al suo lavoro televisivo che svolgeva con una professionalità senza pari. Eppure alla luce del niente, di alcune dichiarazioni deliranti di gente inaffidabile e venduta a poteri insani, è stato allontanato dai suoi affetti più cari che, nonostante tutto, riusciva a confortare, a far sperare, a credere, assieme a loro, che ancora fosse possibile un chiarimento che dimostrasse a tutti la sua innocenza.

E’ il lato umano che emerge dalle lettere l’oggetto di questa mia recensione, perché senza di esso, sarebbe limitativo parlarne.

Si ricomincia, quindi, con l’intento di fare palesare agli occhi di tutti il costo di una giustizia malata, del potere mediatico e delle sue conseguenze devastanti, a livello di opinione pubblica e decisioni dei giudici.

ENZO TORTORA: Un uomo onesto

Accanto a tutto questo c’è anche la volontà di far conoscere le condizioni disumane di chi vive il carcere, giorni, ore e momenti infiniti in uno spazio di pochi metri, che Enzo Tortora cerca di tenere pulito, ordinato, perché si allontani “quell’aria di tana abbandonata “che gli faceva paura.

Si, tana quindi una gabbia per animali non per uomini, soprattutto se innocenti. E così, dice Enzo, gira la ruota, lentissima mola di mulino, che macina tedio, schifo, abbrutimento. E intanto chiedeva a Francesca: Ma gli italiani lo sanno? Momenti di inevitabile scoramento di un uomo che, per quanto si legga e si rilegga nell’anima, non trova un motivo per subire un’accecata giustizia.

La vita normale diventa un ricordo e chiede a Francesca un regalo semplice, possibile a tutti tranne a lui: “cammina in mezzo al verde, raccogli un filo d’erba e mettitelo tra le labbra: sono io”. Quanto amore e quanto conforto riesce a dare alla persona che ama. Soffre di più, se possibile, anche per questo: per avere trascinato i suoi affetti in quel fango, una piovra infame, sempre più viscida, con tentacoli sempre nuovi.

ENZO TORTORA: Un uomo onesto

E’ una guerra la sua, vive in un lager frutto di una malata democrazia datata 1983. A tenerlo in vita era il contatto con la sua donna, alla quale raccontava le sue miserie perché sapeva di essere capito, alla quale chiedeva di scriverne, di parlarne perché riteneva che il suo compito fosse uno: far sapere per far vincere la verità che, diceva…voglio vederla in piedi. Traspare, anzi è evidente l’amore e la gratitudine per il sollievo che Francesca, con le sue risposte, sa fargli vivere e promette riscatto al suo dolore quando dice:” ognuna delle tue lacrime ti verrà ripagata, è un regalo che ho giurato di farti”. E’ grazie a Lei se riesce ad evadere mentalmente, attraverso le sue parole e i ricordi, anche per brevi istanti, da quella realtà immotivata. Riesce a fare qualche amara battuta come quando dice che molti definiscono quella gabbia in cui vive “Carcere dei VIP”. In tante lettere si dichiara disgustato all’idea che esistano giornalisti criminali della penna, analfabeti della vita, irresponsabili.

ENZO TORTORA: Un uomo onesto

Non gli è stato risparmiato niente, ha vissuto il massimo dell’angoscia: in carcere innocente, durante un terremoto. Tranne in rari momenti non mollò mai, perché non voleva subire il disonore senza combattere. Un uomo pulito, ricco di orgoglio e dignità, che considerava ripugnanti gli arresti domiciliari perché erano una libertà provvisoria, chiesta e mendicata.

Cade e si rialza in una crocifissione senza fine.

ENZO TORTORA: Un uomo onesto

Sappiamo tutti che la sentenza di primo grado e l’infamante accusa che gli costarono 10 anni di carcere, 50 milioni di multa e, infine la vita, fu rigettata in Appello e successivamente dalla Cassazione. Enzo Tortora entrò ed uscì pulito da questa storia anche se nessuno potrà mai ripagare lui e la sua famiglia del dolore, dell’ingiustizia subita, della malattia che il suo corpo debilitato non riuscì a vincere.

Nessuno però potrà mai toglierci l’esempio che ci ha dato, la signorilità che non l’ha mai abbandonato nella sofferenza e che non ha mai esibito per avere degli sconti.

Tutti gli italiani onesti si riconoscono in lui e ci auguriamo che raccontino ai loro figli chi era questo grande uomo che, nonostante tutto, non smarrì mai sé stesso, la capacità d’amare e l’orgoglio di essere italiano.

Grazie Sig.ra Scopelliti per avermi consentito di parlare di emozioni che ha sempre custodito gelosamente dentro di Lei e che lo riscattano con la forza che solo l’amore possiede.

Anche noi rendiamo omaggio ad Enzo Tortora un gentiluomo, straordinariamente raffinato ed elegante nei modi, offeso, umiliato, distrutto da una giustizia ingiusta e che ha combattuto fino all’ultimo istante per affermare il sacro principio di una giustizia giusta.

In tutte le fasi del suo processo Enzo Tortora ha sempre citato, per similitudine,  il libro di A. Manzoni “Storia di una colonna infame” spietato e fragoroso resoconto di accuse false, processi fuorviati, di impunità promesse e di sventurati destini accaduti ai presunti “untori” ritenuti responsabili della peste di Milano, processati nel 1630 e giustiziati. 

ENZO TORTORA: Un uomo onesto

Lettere a Francesca – Pacini Editore

Caterina Guttadauro La Brasca

Caterina Guttadauro La Brasca

 

Caterina Guttadauro La Brasca

La Barriera Invisibile“, Editoriale Programma Ed., Treviso, 2016

Recensione di Andrea Giostra

«La più grande speranza di Diana è che Ilaria, leggendo questo libro, possa arrivare alla conclusione che quello che le unisce è molto di più di quello che le divide.»

È una storia di madri e di figlie, di amore ancestrale, materno e di risentimenti adolescenziali filiali, di amorevoli prepotenze genitoriali e di voraci costruzioni di giovani identità femminili, di sofferenze e di dolori, di rimorsi e di rimpianti, di ansie adulte e di desideri di libertà giovanili.

Storie uniche e irripetibili come tante tra madri e figlie. Storie di una madre visceralmente siciliana e di una figlia nata e cresciuta in continente, come si diceva in Sicilia in quel triste e incerto dopoguerra meridionale che fu quello voluto dalla politica repubblicana post-monarchica del referendum dei partigiani per cacciare dall’Italia i Savoia.

Una Sicilia ancora colma di tabù sul sesso femminile e sulle libertà della donna casalinga e madre non per scelta. Una storia vissuta in settentrione, ma impregnata di poderosi ricordi ed emozioni siciliane. Un fitto turbinio di pulsioni ed un intreccio di vite vissute, di vite da costruire che iniziano dalla Sicilia e germogliano vigorose in quello che fu il ducato di Modena e Reggio.

Caterina Guttadauro La Brasca

Nel romanzo di Caterina Guttadauro La Brasca scrive Diana della figlia Ilaria: «È stata una bambina serena, una ragazza desiderosa di conoscenza, una donna complessa con un vissuto doloroso, ma una donna che ha anche vinto il dolore e, ancor più, una donna che ha capito il valore e la positività della sofferenza

Senza saperlo, perché dovrà ancora costruirsi una buona cultura che sarà quella scientifica da adulta affermata e di successo, Ilaria ha percorso la saggia via segnata dal più grande degli scienziati del ventesimo secolo: «La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. È nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie.

Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere superato. Chi attribuisce alla crisi i suoi fallimenti e disagi, inibisce il proprio talento e dà più valore ai problemi che alle soluzioni. La vera crisi è l’incompetenza. Il più grande inconveniente delle persone e delle nazioni è la pigrizia nel cercare soluzioni e vie di uscita ai propri problemi.»

Albert Einstein, “Il Mondo come Io lo Vedo”, 1934.

E qui inizia magnifico il racconto serrato di Caterina Guttadauro La Brasca, un narrare … alla figlia immaginata che anelante ascolta attenta … passionale, colorato, che produce profumi siciliani, che fa sentire il sole bruciare la pelle, che immerge il lettore in un clima tiepido d’inverno e sciroccoso d’estate.

Un confessare alla figlia amata sin dal concepimento che … «È così, io l’ho capito quando, dopo aver perso mio figlio, mi sono accorta di volerne subito un altro. Al momento del parto, alla domanda se volevo alleviare i dolori del travaglio, dissi no con convinzione per paura di nuocerti. Dopo averti vista, seppur stremata, ringraziai Dio per avermi dato una bimba bella e sana.» … era ben consapevole d’avere ricevuto un dono prezioso dopo un dolore straziante, prima di una malattia impietosa che per volere divino avrebbe perso la presa.

Un racconto, quello di Caterina Guttadauro La Brasca, che spesso ritorna in Sicilia, la terra dell’autrice, la sua isola, la sua giovinezza di donna che ha perso i suoi affetti più cari, dove il perdono ha trionfato: «Non possiamo essere dei buoni genitori se non siamo stati dei buoni figli. Tra i sentimenti umani quello del perdono è il più nobile perché ci libera l’anima, ci ridà il possesso di persone e cose perdute. Ci fa capire che, sbagliare si può e perdonare non è un atto di debolezza.»

Un’opera da leggere questa di Caterina Guttadauro La Brasca per chi volesse vivere letterariamente emozioni profonde e vere, di quelle verità emotive che ci fanno sentire uomini e donne della nostra cultura, della nostra storia, delle nostre più antiche tradizioni, quelle tradizioni e quella cultura che hanno forgiato la nostra anima di uomini e donne della sponda nord del Mediterraneo.

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Andrea Giostra
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