ENZO TORTORA: Un uomo onesto

Enzo Tortora:un uomo onesto

ENZO TORTORA: Un uomo onesto

Intervista della Dott.ssa Caterina Guttadauro La Brasca a Francesca Scopelliti.

Un libro testimonianza, quello di Francesca Scopelliti, presentato a Roma dal Circolo IPLAC (Insieme Per La Cultura) il 10 settembre presso l’Enoteca/libreria di Tonino Puccica.

Enzo Tortora:un uomo onesto

Questo libro segna il nuovo inizio di una battaglia combattuta prima e dopo la perdita di Enzo Tortora. Con questo libro Francesca Scopelliti fa dono a tutti noi del vissuto di un uomo braccato, accusato, condannato in nome di una giustizia non giusta, che lo ha privato della necessità primaria dell’uomo senza cui non c’è vita: la libertà.

Un uomo retto, onesto, colto e di successo che ogni italiano riceveva nella sua casa grazie al suo lavoro televisivo che svolgeva con una professionalità senza pari. Eppure alla luce del niente, di alcune dichiarazioni deliranti di gente inaffidabile e venduta a poteri insani, è stato allontanato dai suoi affetti più cari che, nonostante tutto, riusciva a confortare, a far sperare, a credere, assieme a loro, che ancora fosse possibile un chiarimento che dimostrasse a tutti la sua innocenza.

E’ il lato umano che emerge dalle lettere l’oggetto di questa mia recensione, perché senza di esso, sarebbe limitativo parlarne.

Si ricomincia, quindi, con l’intento di fare palesare agli occhi di tutti il costo di una giustizia malata, del potere mediatico e delle sue conseguenze devastanti, a livello di opinione pubblica e decisioni dei giudici.

ENZO TORTORA: Un uomo onesto

Accanto a tutto questo c’è anche la volontà di far conoscere le condizioni disumane di chi vive il carcere, giorni, ore e momenti infiniti in uno spazio di pochi metri, che Enzo Tortora cerca di tenere pulito, ordinato, perché si allontani “quell’aria di tana abbandonata “che gli faceva paura.

Si, tana quindi una gabbia per animali non per uomini, soprattutto se innocenti. E così, dice Enzo, gira la ruota, lentissima mola di mulino, che macina tedio, schifo, abbrutimento. E intanto chiedeva a Francesca: Ma gli italiani lo sanno? Momenti di inevitabile scoramento di un uomo che, per quanto si legga e si rilegga nell’anima, non trova un motivo per subire un’accecata giustizia.

La vita normale diventa un ricordo e chiede a Francesca un regalo semplice, possibile a tutti tranne a lui: “cammina in mezzo al verde, raccogli un filo d’erba e mettitelo tra le labbra: sono io”. Quanto amore e quanto conforto riesce a dare alla persona che ama. Soffre di più, se possibile, anche per questo: per avere trascinato i suoi affetti in quel fango, una piovra infame, sempre più viscida, con tentacoli sempre nuovi.

ENZO TORTORA: Un uomo onesto

E’ una guerra la sua, vive in un lager frutto di una malata democrazia datata 1983. A tenerlo in vita era il contatto con la sua donna, alla quale raccontava le sue miserie perché sapeva di essere capito, alla quale chiedeva di scriverne, di parlarne perché riteneva che il suo compito fosse uno: far sapere per far vincere la verità che, diceva…voglio vederla in piedi. Traspare, anzi è evidente l’amore e la gratitudine per il sollievo che Francesca, con le sue risposte, sa fargli vivere e promette riscatto al suo dolore quando dice:” ognuna delle tue lacrime ti verrà ripagata, è un regalo che ho giurato di farti”. E’ grazie a Lei se riesce ad evadere mentalmente, attraverso le sue parole e i ricordi, anche per brevi istanti, da quella realtà immotivata. Riesce a fare qualche amara battuta come quando dice che molti definiscono quella gabbia in cui vive “Carcere dei VIP”. In tante lettere si dichiara disgustato all’idea che esistano giornalisti criminali della penna, analfabeti della vita, irresponsabili.

ENZO TORTORA: Un uomo onesto

Non gli è stato risparmiato niente, ha vissuto il massimo dell’angoscia: in carcere innocente, durante un terremoto. Tranne in rari momenti non mollò mai, perché non voleva subire il disonore senza combattere. Un uomo pulito, ricco di orgoglio e dignità, che considerava ripugnanti gli arresti domiciliari perché erano una libertà provvisoria, chiesta e mendicata.

Cade e si rialza in una crocifissione senza fine.

ENZO TORTORA: Un uomo onesto

Sappiamo tutti che la sentenza di primo grado e l’infamante accusa che gli costarono 10 anni di carcere, 50 milioni di multa e, infine la vita, fu rigettata in Appello e successivamente dalla Cassazione. Enzo Tortora entrò ed uscì pulito da questa storia anche se nessuno potrà mai ripagare lui e la sua famiglia del dolore, dell’ingiustizia subita, della malattia che il suo corpo debilitato non riuscì a vincere.

Nessuno però potrà mai toglierci l’esempio che ci ha dato, la signorilità che non l’ha mai abbandonato nella sofferenza e che non ha mai esibito per avere degli sconti.

Tutti gli italiani onesti si riconoscono in lui e ci auguriamo che raccontino ai loro figli chi era questo grande uomo che, nonostante tutto, non smarrì mai sé stesso, la capacità d’amare e l’orgoglio di essere italiano.

Grazie Sig.ra Scopelliti per avermi consentito di parlare di emozioni che ha sempre custodito gelosamente dentro di Lei e che lo riscattano con la forza che solo l’amore possiede.

Anche noi rendiamo omaggio ad Enzo Tortora un gentiluomo, straordinariamente raffinato ed elegante nei modi, offeso, umiliato, distrutto da una giustizia ingiusta e che ha combattuto fino all’ultimo istante per affermare il sacro principio di una giustizia giusta.

In tutte le fasi del suo processo Enzo Tortora ha sempre citato, per similitudine,  il libro di A. Manzoni “Storia di una colonna infame” spietato e fragoroso resoconto di accuse false, processi fuorviati, di impunità promesse e di sventurati destini accaduti ai presunti “untori” ritenuti responsabili della peste di Milano, processati nel 1630 e giustiziati. 

ENZO TORTORA: Un uomo onesto

Lettere a Francesca – Pacini Editore

Pena di morte

Il 6 aprile 2016 Amnesty International – l’organizzazione non governativa internazionale che promuove il rispetto dei diritti umani – ha diffuso i dati riguardanti la “Pena di morte” dove sono presentati i terribili numeri di condanne ed esecuzioni avvenute nel 2015.

La ONG, fondata nel 1961 e vincitrice del Premio Nobel per la Pace nel 1977, è impegnata da sempre nella lotta contro le violenze, le torture e le esecuzioni capitali che vengono perpetrate in tutto il mondo.

Uno degli scopi della Mission di Amnesty International è quello di sensibilizzare l’opinione pubblica mondiale su questi temi ricorrendo alla realizzazione e diffusione di campagne informative, di inchieste e ricerche.

Quest’ultimo studio sulla “Pena di morte” presenta molte luci ma ancora, purtroppo, moltissime ombre.

Per la prima volta nella storia i paesi che non prevedono l’esecuzione capitale per alcun tipo di reato e che si possono definire “abolizionisti” rappresentano la maggioranza rispetto a quelli dove ancora vige l’ignominiosa “Pena di morte”; 102 nazioni hanno ormai messo al bando questa infamia umana.

L’inversione di tendenza è dovuta alla illuminata decisione attuata da quattro stati (Suriname, Madagascar, Fiji e Repubblica del Congo) che nel 2015 hanno abolito la “Pena di morte”.

Nel corso del 2016 anche la Mongolia si aggiungerà alla lista dei paesi “abolizionisti”.

Di contro, ed è questo il dato allarmante, il numero di esecuzioni in tutto il mondo registra una escalation drammatica ed infatti, nel 2015, sono stati giustiziati più di 1.634 prigionieri, più del doppio rispetto a quelli uccisi nel 2014.

Era da ben 27 anni che Amnesty International non registrava queste inquietanti cifre.

Il preoccupante aumento è legato soprattutto al Pakistan, all’ Arabia Saudita e all’ Iran, i paesi che più spesso ricorrono alle condanne a morte per punire chi viene riconosciuto colpevole di reato.

L’89% delle esecuzioni registrate da Amnesty International nel 2015 si sono svolte proprio in questi tre stati.

L’Iran guida la macabra classifica con 977 persone mandate al patibolo, ben 234 in più rispetto al 2014.

Oltre a questo terribile primato, l’Iran è anche l’ultimo stato al mondo che, violando il diritto internazionale, ancora oggi prevede la “Pena di morte” per i minori.

Il decreto per l’abolizione esiste dal 2004 ma non è stato mai applicato dalle istituzioni iraniane. Secondo la ricerca di Amnesty International nel 2015 quattro persone di età inferiore ai 18 anni sono state giustiziate a Teheran.

In Pakistan le persone uccise sono state 320 ed in Arabia Saudita 158, con un aumento del 76% rispetto al 2014.

Molte condanne a morte sono state emesse per reati che il diritto internazionale non riconosce come gravissimi; nei paesi più “attivi” ci sono stati detenuti portati al patibolo anche per reati di corruzione, adulterio e traffico di droga.

D’altronde ogni paese è sovrano e nulla gli si può imporre; solo la voce unitaria della comunità internazionale potrebbe percorrere l’unica via possibile: il dialogo per indurli alla riflessione.

La ricerca svolta dalla ONG non comprende però i dati sulla Cina che tratta questo tipo di informazioni come segreto di stato.

Il gigante asiatico, non a caso, è da sempre citato dalle ONG per gli abusi e le inadempienze riguardanti la salvaguardia e lo sviluppo dei diritti umani e delle libertà personali.

L’unico paese in Europa dove ancora giuridicamente vige la “Pena di morte” è la Bielorussia ma è corretto sottolineare che, nel 2015, nessun detenuto è stato giustiziato.

Dati incoraggianti vengono dall’Africa Subsahariana, dove il numero delle condanne emesse si è drasticamente ridotto; dalle 909 del 2014 alle 443 del 2015.

Il trend positivo si registra anche nelle Americhe, dove ormai quasi tutti gli stati hanno abolito le esecuzioni capitali tranne Trinidad e Tobago e U.S.A.

Negli Stati Uniti d’America ci sono state 28 esecuzioni – il numero più basso da 25 anni ad oggi – e 52 nuove condanne.

Amnesty International fotografa un mondo spaccato in due; sono stati compiuti importanti passi avanti ma, nonostante questo, sono ancora troppi i paesi che restano sordi ai richiami delle Associazioni e delle Istituzioni mondiali per il rispetto dei diritti umani.

Sono necessari maggiori sforzi ed importanti cambiamenti culturali per mandare definitivamente in pensione i boia di tutto il mondo e cancellare per sempre la “Pena di morte”.

Il processo di sensibilizzazione contro la “Pena di morte” è ormai iniziato, è irreversibile, il mondo intero abolirà la “Pena di morte”; è solo una questione di tempo.

 

Giuseppe Loris Ienco