LA CRISI O LA GUERRA DEL GRANO?

LA CRISI O LA GUERRA DEL GRANO?

By Martina Servidio

E’ in corso il Forum economico di Davos che si chiuderà il 26 maggio 2022 e i lavori hanno posto in primo piano, come era prevedibile, il conflitto Russo Ucraino con le immancabili ricadute sul piano economico che vanno ad aggiungersi agli altri argomenti quali le pandemie, i mutamenti climatici, la transizione ecologica.

Probabilmente il mondo intero si trova per la prima volta, dopo la II guerra mondiale, ad aver paura del proprio domani.

L’apertura dei lavori è stata affidata al Presidente ucraino Volodymyr Zelensky e alla sua dichiarazione:

“Questo è il momento in cui si decide se la forza bruta dominerà il mondo; la comunità internazionale intervenga per eliminare il blocco imposto ai nostri porti se vuole evitare a moltissimi paesi una crisi alimentare subito dopo l’attuale crisi energetica”. 

Ed interviene il Presidente della Commissione europea, Ursula Von der Leyen:

“I Depositi di cereali sono stati bombardati e le navi da guerra russe nel Mar Nero stanno bloccando le navi ucraine piene di grano e semi di girasole. Le conseguenze di questi atti vergognosi sono sotto gli occhi di tutti, i prezzi globali del grano sono alle stelle e sono i Paesi fragili e le popolazioni vulnerabili a soffrirne di più. La Russia sta ora accumulando le proprie esportazioni di cibo come una forma di ricatto, trattenendo le forniture per aumentare i prezzi globali o scambiando grano in cambio di sostegno politico. Questo significa usare la fame come un’arma, l’impatto si sente non solo sull’Ucraina ma anche in Africa e Asia”

https://www.rainews.it/video/2022/05/cnn-navi-russe-caricano-grano-ucraino-nel-porto-di-sebastopoli-2f2012a9-4122-4121-8ddf-0aab2460a700.html

Nei porti ucraini sono oggi bloccate 25 milioni di tonnellate di grano del precedente raccolto e, con il raccolto nuovo, si aggiungeranno altre 30-35 milioni di tonnellate tra grano e colture oleose per un totale di circa 60 milioni di tonnellate di prodotto che deve essere esportato.

COME?

Una prima ipotesi al vaglio degli Stati Uniti e del blocco occidentale consiste nel far “scortare” i convogli che trasportano grano dall’Ucraina attraverso il Mar Nero da una coalizione navale su base volontaria ma questa ipotesi, altamente rischiosa, è resa ancor più irrealizzabile per effetto della applicazione del Trattato di Montreux da parte della Turchia che ha precluso il traffico attraverso gli stretti del Bosforo e Dardanelli alle navi da guerra.

Potrebbe essere utilizzata la cosiddetta “rotta ferroviaria” ma è un percorso estremamente lungo in termini chilometrici, pericoloso perché esposto agli attacchi missilistici russi, costoso e presenta difficoltà oggettive poiché l’Ucraina utilizza uno “scartamento ferroviario” differente dal resto d’Europa.

Un carico di grano di circa 800 tonnellate è partito dall’ Ucraina giungendo, con mille vicissitudini, in Lituania attraverso la Polonia ed ha raggiunto la città di confine di Sheshtokai per poi proseguire verso il porto di Klaipeda dove sarà caricato su navi mercantili.

Questa rotta consente di aggirare la Bielorussia, alleata della Russia.

La possibile “rotta autostradale” verso Polonia, Slovacchia, Ungheria, Romania e Moldavia è altrettanto pericolosa se non di più, martellata da bombardamenti aerei e missilistici a lungo raggio, dissestata, intasata dai profughi, con i prezzi del trasporto saliti alle stelle e con le infrastrutture europee impreparate ed insufficienti a gestire un volume di traffico incrementato esponenzialmente.

Dall’inizio delle ostilità il prezzo del grano è aumentato del 45% mentre la produzione dell’Ucraina è scesa – ovviamente – del 43%

Per contro la produzione in Russia è aumentata del 3%

Chi ha il controllo delle scorte alimentari ha, di fatto, il controllo degli equilibri geopolitici mondiali.

LA CINA

Il ministro degli Esteri Wang Yi ha proposto di creare un “canale verde” per l’export di grano da parte di Ucraina e Russia dicendosi inoltre disposta a mantenere aperta la comunicazione con le 2 parti coinvolte nel conflitto in Ucraina.

Il blocco delle esportazioni del grano: una tempesta perfetta.

I Grandi della Terra sapranno tornare ad un tavolo negoziale?

PH video foto: CNN, RaiNews, Maxar technologies

 

IL CAOS IN AFGHANISTAN ERA INEVITABILE?

IL CAOS IN AFGHANISTAN ERA INEVITABILE?

By Martina Servidio

Dopo una veloce marcia di avvicinamento, prevista ed osservata da tutto il mondo, le milizie talebane, fortemente armate, sono entrate a Kabul innescando così il caos e la paura di sanguinose rappresaglie.

Nella capitale dell’Afghanistan già sono avvenuti spargimenti di sangue, brutalità, episodi di vendetta nei confronti di figure istituzionali del precedente regime come ad esempio il capo della polizia giustiziato in pubblico per dare un chiaro segnale della riconquista del potere e “per regolare i conti”

IL CAOS IN AFGHANISTAN ERA INEVITABILE?

I talebani avvertono che nel paese non sarà mai incardinata la democrazia occidentale ma vigerà la tradizionale forma di governo.

Nel frattempo il Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, si difende per quanto possibile dalle accuse del tracollo dell’Afghanistan conseguente al ritiro delle truppe americane; c’è da notare che sono ritornati i talebani ma è ritornata anche la resistenza.

Joe Biden afferma che “il caos era il necessario prezzo da pagare per il ritiro americano dall’Afghanistan; il tracollo era inevitabile”

Il Congresso USA si appresta tuttavia ad avviare una indagine su tutto quanto accaduto e sulle modalità del ritiro disordinato, caotico e pasticciato.

Per contro il Pentagono smentisce l’esistenza di un rapporto dell’Intelligence che preannunciava i quasi certi rischi di un rapido collasso della situazione.

Gli americani, precisa Joe Biden, potrebbero mantenere anche oltre il 31 agosto nel martoriato Afghanistan un contingente di truppe al solo scopo di evacuare tutti i cittadini americani attraverso un ponte aereo già in atto verso gli Stati Uniti e le principali capitali europee.

IL CAOS IN AFGHANISTAN ERA INEVITABILE?Una sottile linea di comunicazione con i talebani è aperta ma i miliziani avvertono: “non saremo una democrazia, la nostra legge è la Sharia”.

L’ex presidente afghano Ghani, forse riparato negli Emirati Arabi Uniti fa trapelare un suo possibile ritorno nel Paese.

Il figlio del comandante Massoud, leggendario leader della lotta ai talebani, annuncia che in Panjshir è risorta la resistenza armata.

Si è intanto concluso il vertice G7 dei Ministri degli Esteri che era stato convocato dal segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg.

Nel comunicato diffuso dalla presidenza britannica del summit i Ministri degli Esteri si sono rivolti direttamente ai talebani chiedendo loro di “assicurare che l’Afghanistan non sarebbe diventato un rifugio per minacce terroristiche alla sicurezza internazionale” e che “I talebani devono garantire la sicurezza di chi intende lasciare l’Afghanistan dopo la loro conquista di Kabul

Il G7 si impegna a lavorare con altri “partner” internazionali per sostenere “una soluzione politica inclusiva” per il futuro del Paese, invocando la fine delle violenze e il rispetto dei diritti umani, in particolare quelli “delle donne, dei bambini e delle minoranze”

Cosa ci riserva il futuro per l’Afghanistan?  Per i suoi cittadini? Per le sue donne?

Sarebbe un dolore ed una sconfitta per l’intera società civile se l’Afghanistan piombasse nell’oscurantismo sociale.

 

 

Parole nella Guerra

guerra

Parole nella Guerra di Laura Poggi, segna una sorta di rivoluzione copernicana nella ricerca storica e sociale riguardante le vicende della guerra, poiché nel corso del XX Secolo le fonti ufficiali con le quali si ricostruivano le vicende storiche, vennero affiancate da fonti personali private, come autobiografie, lettere, corrispondenze, e cartoline di soldati, spettatori, e gente comune. Continua a leggere