La danza classica nel 700 si affrancò completamente da quella che possiamo ben definire la “danza di corte” nella quale i danzatori erano posti al centro di un apposito spazio e circondati dai cortigiani.
Assistiamo invece, ora, ad un nuovo concetto di visione ed esecuzione delle danze che si svolgono su un palcoscenico posto di fronte agli spettatori.
La coreografia doveva seguire delle linee prospettiche tali da favorire la migliore visione al pubblico.
La scenografia usava linee diagonali ed anche i movimenti e gli atteggiamenti degli artisti dovevano assumere posizioni denominate in “èpaulement” cioè di rotazione del busto in linea diagonale.
Scopo principale era stupire il pubblico e quindi fu data particolare, e forse eccessiva attenzione, alla mera eleganza delle linee, alla creazione di passi sempre più complessi capaci di colpire lo spettatore.
La danza classica nel 700 sviluppo la sua tecnica ed ampliò i virtuosismi , prevalentemente maschili, fino al punto di scadere in pura acrobazia spinta.
Fu quindi creato il “divo” del palcoscenico alla stessa stregua del “divo” della lirica.
La danza, la nobile arte, si tramutò in una pura esibizione di virtuosismi tecnici, in un esercizio artificioso.
Questa nuova visione della danza che tendeva ad una perfetta imitazione della natura per trasmettere così allo spettatore le emozioni naturali generò invece un nuovo concetto di esibizione, anch’esso artificioso.
La concezione dell’arte era basata sui concetti naturalistici; pittori, scultori, musicisti erano considerati eccelsi solo se sapevano imitare la natura.
Non a caso il settecento è chiamato il secolo delle riforme che influenzarono tutti gli aspetti umani; anche nell’ambito della danza fu avvertita la necessità di uscire dai canoni pre costituiti, rigidamente codificati ed artificiali per avvicinarsi all’essenza intima dell’uomo.
La danza classica nel 700 ha giovato dell’Illuminismo ed in questo periodo Jean Georges Noverre in Francia e Gaspare Angiolini in Italia ruppero con il passato esortando a liberare il corpo della ballerina dai pesanti ed ingombranti vestiti, dalle maschere, dalle scarpe con il tacco e dalle “molto improbabili” parrucche .
Furono due grandi ballerine dell’epoca , Marie Anne de Cupis de Camargo e la sua rivale artistica Marie Sallè, ad accogliere questa esortazione adottando leggeri abiti di velo eliminando anche le altre “sovrastrutture”.
Solo nei primi anni dell’ 800 un coreografo napoletano, Salvatore Viganò, mise mano ad una rielaborazione radicale del pensiero ma, di questo, ne parleremo in un prossimo servizio che tratterà la danza nell’ 800
Ringraziamo l’Accademia delle Arti di Roma, Via Isacco Newton e la sua Direttrice Catia Di Gaetano per la consulenza fornitaci.
A presto.