CANTO MULIEBRE PER QUATTRO VOCI ED UN POETA

CANTO MULIEBRE PER QUATTRO VOCI ED UN POETA

By Martina Servidio

Come prevede il Regolamento del nostro Concorso Letterario “L’Arte della Parola e dell’Arte Coreutica” continuiamo a pubblicare le opere che si sono aggiudicate il 1° Premio.

Abbiamo già pubblicato i testi vincitori della Sezione Poesie e Racconti ed ora vi presentiamo il Corto Teatrale scritto da Giuseppe Raineri dal titolo CANTO MULIEBRE PER QUATTRO VOCI ED UN POETA

La Giuria tutta ha riconosciuto questo testo meritevole ed eccellente come è chiaramente scritto nella motivazione che trascrivo:

“il coraggio di portare in scena l’argomento, ancora irrisolto, dei diritti delle donne. Minuziosa la scenografia e la musica, i personaggi in scena ed i loro “alter ego”, che rappresentano donne scolpite nella storia, sono ben studiati e si muovono ottimamente all’interno della trama. Quattro personaggi femminili con le loro storie ed un poeta, il Vate, che suggerisce riflessioni e le accompagna nel finale a dire: “siamo donne ma…soprattutto persone”

CANTO MULIEBRE PER QUATTRO VOCI ED UN POETA

CANTO MULIEBRE PER QUATTRO VOCI ED UN POETA

Atto unico e due scene

Personaggi:

MADELEINE è Jeanne Hebutern

Vestiti scuri di inizio ‘900 sobri ma lisi, lunghi fino alle caviglie

CLAIRE è Simone de Bauvoir

Vestito del XX secolo

GERTRUDE è Ildegarda di Bingen

Veste da suora del XII secolo

SELENE è Ipazia

Indossa Peplo + Tribon (il mantello dei “filosofi” come nella raffigurazione probabile di Ipazia nella Scuola di Atene di Raffaello)

George è Jorge Luis Borges che indossa un vestito del XX secolo

Quelli elencati sono i vestiti di scena da un certo momento della scena in poi ma, in apertura, le attrici fanno il loro ingresso con lunghe vesti bianche tutte uguali.

La nuova vestizione rappresenta simbolicamente un ritorno temporaneo alla vita nel tempo in cui hanno vissuto.

Parte musicale:

Preludio e Fuga BWV 847 n° 2 in C minor di Johann Sebastian Bach

 

Scena prima

(Buio in scena. Musica: parte il preludio. Le luci si accendono mentre le attrici avanzano lentamente con lunghe vesti uguali dai quattro angoli, mantenendosi a distanza. Si guardano interrogative in silenzio. La musica sfuma dolcemente.)

 CLAIRE: Qualcuna di voi sa perché ci troviamo qui?

(Silenzio. Nessuna risponde, ma continuano a scrutarsi con sospetto e curiosità.)

CLAIRE: Insomma, vi hanno tagliato la lingua? Devo considerare il vostro silenzio come un no? No, non lo so? Oppure, lo so, ma non lo voglio, non lo posso dire?

GERTRUDE: Credo di essere nella tua stessa situazione. Non lo so, ma ho sentito prepotente la necessità di arrivare proprio qui. Come se mi avessero chiamato ed io non potessi negarmi.

MADELEINE: È curioso. Anche io ho vissuto la stessa sensazione. Mi hanno evocato. Non ho potuto resistere. Ho abbandonato qualunque cosa stessi facendo. Per quanto mi sforzi, non me ne ricordo. Poi, mi sono incamminata lungo un percorso, l’unico possibile davanti a me senza essere consapevole di dove stessi andando. Intorno a me la nebbia era fittissima e quando si è diradata mi sono trovata qui insieme a voi.

Vi ho osservate con attenzione, ma non mi sembra di conoscervi.

(Prendono la parola a turno.)

GERTRUDE: E allora diciamoci almeno chi siamo. Mi chiamo Gertrude.

MADELEINE: Io Madeleine. E voi due? Qual è il vostro nome?

CLAIRE: Il mio è Claire.

SELENE: Il mio… Selene.

CLAIRE: Quindi, ci troviamo tutte e quattro in un posto che non conosciamo e senza saperne il motivo? Spero che qualcuno si degni di darci spiegazioni. Non intendo rimanere qui a lungo alla mercé di chiunque voglia prendersi gioco di me. Chiunque esso sia.

MADELEINE: Aspettiamo ancora qualche minuto. Forse qualcuno si farà vivo per darci qualche spiegazione. Non credete?

GERTRUDE: Madeleine ha ragione. Cosa ci costa? Pensate che corriamo qualche pericolo?

SELENE: Che dici… Come ti chiami? Gertrude, non è vero? Non penso che ormai noi si possa temere nulla più. Non siete d’accordo?

(Si sente un ticchettio fuori scena.)

MADELEINE: Non sentite anche voi questi ticchettii? Questi rumori secchi e rapidi? Qualcosa o qualcuno si sta avvicinando.

GERTRUDE: Non muoviamoci da qui. Aspettiamo di vedere chi o cosa possa essere.

CLAIRE: Un’ombra, laggiù, non vedete anche voi? È una persona, forse potrebbe avere bisogno di aiuto.

SELENE: Sì, la vedo. Sembra muoversi con incertezza. Andiamogli incontro. Chi viene con me?

(Madeleine si fa avanti. Tornano accompagnando al centro del palco un vecchio con un bastone da ciechi, standogli ai fianchi. Poi ritornano ai loro posti.)

GEORGE: Sono stato fortunato, le vostre voci mi hanno fatto da guida. Ne ho distinte con chiarezza quattro. Siete quattro non è vero?

Grazie per avere accompagnato un povero cieco. Questo bastone mi è un po’ d’aiuto almeno per non inciampare negli ostacoli.

Scusate la mia invadenza. Non voglio essere indiscreto.

GERTRUDE: Desidera mettersi comodo, sedersi? Chi siete?

GEORGE: Grazie. Mi siederei proprio volentieri. È molto che cammino.

(Gertrude e Selene portano in scena una sedia girevole con i braccioli e aiutano George a sedersi in modo che nonostante la sua cecità possa volgersi verso chi parla.)

GEORGE: Comoda questa sedia. È molto che siete qui? Vi conoscete già?

(con una certa inquietudine)

Se la cosa non vi fosse di troppo disturbo, gradirei bere un po’ d’acqua.

(Le donne si guardano interrogative. Madeleine gli porge la sua bottiglia mettendogliela fra le mani dopo averla aperta. George fa un cenno di ringraziamento col capo.)

MADELEINE: Siamo arrivate anche noi da poco. Abbiamo avuto giusto il tempo di dirci i nostri nomi. Il mio è Madeleine, poi Claire, Gertrude e Selene.

(indicandole una ad una)

Voi piuttosto! Voi chi siete?

GEORGE: Avete ragione. Sono imperdonabile. Non mi sono presentato. Mi chiamo George.

(Lo pronuncia “Gheorg”. Sorride ironico. Pausa)

 Veramente quello non è il mio vero nome.

Come del resto non lo sono nemmeno quelli che mi avete indicato come vostri. Accetto di giocare al vostro stesso gioco. Rispetto il vostro desiderio di riserbo, comprendo una qual certa diffidenza, ma…

(indugia pensieroso)

alla fine, sono sicuro che qualcuno tra chi ci ascolta verrà vinto dalla curiosità e se lo vorrà, riuscirà a scoprire chi siete.

CLAIRE: Quindi voi sapete!

(Breve attimo di incertezza generale)

GEORGE: Sono io l’artefice di questo incontro. Ho fatto in modo che vi poteste trovare qui con me per parlare di voi, di voi come donne, quattro donne speciali.

Veramente dovevate essere cinque, ma all’ultimo momento una di voi non se l’è sentita di venire.

Il dolore è ancora vivo nella sua memoria e nella sua carne, una ferita ancora aperta.

Forse sono stato indelicato nell’invitarla e chiederle di parlarci della sua storia perché la violenza subita, i modi con cui è stata compiuta pubblicamente, davanti alla gente del suo villaggio, l’ha minata moralmente in modo direi, direi … irrimediabile.

Mi ha scritto una lettera, non sapeva ancora che non avrei potuta leggerla.

Qualcuna di voi vorrebbe farlo al posto mio?

(nessuna avanza)

Forza, coraggio, chi si fa avanti?

(si fanno avanti in due, poi Gertrude lascia l’iniziativa a Madeleine e torna al suo posto. George le porge una busta. Madeleine al centro della scena estrae la lettera, si schiarisce la voce e legge.)

MADELEINE: “Rispondo al suo invito pur avendo deciso di non essere presente. Le ragioni della mia assenza non hanno nulla a che vedere con le lodevoli intenzioni della sua iniziativa, ma sono di natura personale.

Essere tra voi mi sarebbe difficile, parlare di me, del modo disumano con cui sono stata ‘giustiziata’ secondo una visione chiaramente distorta di giustizia mi è ancora terribilmente penoso. Ancora oggi rivivo con un dolore insopportabile quello che mi è stato inflitto.

Non voglio però rinunciare a dare la mia testimonianza e per questo motivo mi sono decisa almeno a scrivervi. Quando, mio malgrado, la memoria torna a quel giorno provo ansia e sgomento.

La ferocia e i modi ancora mi offendono e mi feriscono più delle pietre che mi hanno sfigurata.

Incamminarsi però lungo sentieri di odio, di rivalsa servirebbe solo a perdermi, a generare altro odio e non mi restituirà la dignità e la vita.

Ricordare potrà servire almeno ad evitare qualche inutile massacro e rendere giustizia in tempo a chi l’ingiustizia non l’ha ancora subita.

Le mie parole non devono suonare come la condanna di un’etnia, di una cultura particolari.

Uccisioni come la mia sono una realtà quotidiana ovunque, l’approdo di reiterate piccole e grandi violenze ripetute nei millenni con ostinazione e senza pudore.

Chi crede di trovare spiegazioni e giustificazioni nelle differenze in una modalità piuttosto che in un’altra cavillando sui distinguo, appellandosi a legittimazioni o meno di regole sociali e religiose perde il suo tempo prezioso rincorrendo fantasmi.

Mentre si discute, si dibatte, si cerca, anche in buona fede, di capire, altre donne continuano a morire.

Mi ha offesa la crudeltà, il lancio della prima pietra dalla mano di mio padre, poi di mio marito, poi dei figli maschi, infine degli uomini del mio villaggio, istigati, annebbiati, accecati da un odio immotivato.

Ma che uomini erano nell’usarmi come un bersaglio, legata e immobile dentro una buca?

Non donne tra i miei carnefici, solo uomini che urlavano la manifestazione della giustizia divina.

La mia disperazione, la mia angoscia mi sopravvive.

Sono sfinita, sfiduciata.

La pena che mi hanno inflitto è un gesto osceno e sproporzionato anche fossi stata veramente colpevole del più orrendo dei delitti.

Non provo rancore, non mi rincuora la vendetta, non mi conforta sapere se sentiranno il peso della colpa.

Ogni pietra ha scavato un solco profondo e l’umiliazione fa più male di ogni colpo subito.

Scusatemi, ma non ho la forza di continuare.

Che possiate fare tesoro di tutto questo“

(Segue un attimo di silenzio.)

C’è uno scarabocchio, credo che sia il suo nome, ma non so leggerlo.

(Madeleine restituisce la lettera a George)

GEORGE: Cosa altro potrebbe essere se non una firma, il suo nome.

So bene chi fosse e chi siete voi ed è importante che lo diciate sommariamente almeno, anche senza pronunciare i nomi veri.

Però prima, vi chiedo una cortesia. Andate là dietro per cambiarvi.

Troverete i vostri vestiti di un tempo, il vostro tempo.

Mentre lo fate inizierò a dirvi io chi sono. Non che la cosa sia importante.

È un atto di cortesia, di correttezza nei vostri riguardi.

(Escono tutte e rientreranno con i vestiti descritti all’inizio.)

 Mi chiamano il Vate, l’Omero del ventesimo secolo per via del mio handicap e del mio poetare. Labirinti e biblioteche infinite sono casa mia.

Sono qui perché mi interessa il vostro punto di vista su voi stesse, su quello che il futuro vi riserverà anche se, nonostante le vostre legittime rivendicazioni e qualche progresso, avverto il pericolo di uno stallo, addirittura di un travisamento, di una deriva.

La corsa dissennata per raggiugere gli stessi traguardi del maschio rischia di snaturarvi. Commettendo l’errore tragico di diventare come lui, vi alienerete. Dovete trovare una via che sia la vostra via.

CLAIRE: George ancora un uomo nel ruolo di moderatore, per suggerirci cosa si debba fare? Sappiamo benissimo badare a noi stesse, il buonismo e le lusinghe non aiutano né chi le fa né chi le riceve se non nell’immediato, ma non elimina le cause del disagio.

Qualche magra consolazione non può smorzare l’impatto di una rivoluzione culturale e radicale. Io non mi sono spesa per ottenere privilegi, si tratta di fare giustizia ora e subito di una discriminazione storica e immotivata.

Nella mia vita ho fatto della parola lo strumento per generare consapevolezza e di tutte le etichette che mi hanno affibbiato non so cosa farmene.

È mio l’aforisma per cui donne non si nasce, ma lo si diventa.

La maternità è una potenzialità, non un obbligo di natura. Così ci ha marchiate l’uomo che sembra incapace di vedere oltre un ruolo ed una funzione.

Per ora può bastare.

Vuoi continuare tu Gertrude?

GERTRUDE: Sono monaca per vocazione e non ho mai temuto di mettermi a rischio con il mio operare. Altre donne in situazioni molto simili hanno pagato un prezzo altissimo con la persecuzione e con la vita. Penso di essere stata una rivoluzionaria, ma senza venire mai meno ai vincoli di obbedienza verso la Chiesa.

Prima le visioni, che mi hanno permesso di guadagnare rispetto e considerazione, poi gli scritti sulla medicina. Tutto mi veniva da Dio.

Alla fine, non ho detto di Dio altro che già non si sapesse.

Gli uomini mi hanno trattata da santa molto prima che lo diventassi di fatto. Non ho mai pensato di vivere “contro” qualcosa o qualcuno, ho agito nella Chiesa dall’interno godendo del consenso di Papi, Vescovi e del riconoscimento di uomini consacrati e di governanti.

Tutto mi è stato dato senza che lo chiedessi.

Alla fine dopo circa ottocento anni di alterne fortune, sono stata dichiarata Dottore della Chiesa, io che non conoscevo il latino né avevo potuto studiare teologia.

(Claire con tono acceso)

CLAIRE: Qualcuno facendoti questo, si è solo lavato la coscienza per poter dire che la femmina è riconosciuta e non discriminata anche se ricopre sistematicamente funzioni rituali minori rispetto ai maschi e su di lei pesi da sempre l’eredità di Eva come istigatrice al peccato.

La Chiesa è profondamente intrisa di maschilismo e talvolta misogina.

Dio è dipinto con tratti inequivocabilmente maschili, suo Figlio lo stesso.

Maria fa eccezione perché madre.

Forse gli angeli sono asessuati, ma hanno nomi maschili.

A qualche compromesso sarai dovuta pur giungere per ottenere consensi e il beneplacito delle autorità ecclesiastiche.

GERTRUDE: Questo è ciò che pensi tu. Non sono venuta a patti con nessuno perché i miei scritti fossero riconosciuti. Fui semplicemente creduta. Dichiaravo il vero quando affermavo che quanto scrivevo di medicina venisse da Dio, come le visioni. Ho parlato di argomenti che erano di scandalo e che nessuno si aspettava venissero trattati da una claustrale.

Devi riconoscermi del coraggio se pensi alla mentalità dell’epoca.

Ho vissuto in una società profondamente maschilista di cui erano intrise anche le regole monastiche che non tenevano conto della fisiologia femminile.

Facendolo, ho scritto liberamente e senza mentire o forzare nulla.

Ho cercato la verità e non il consenso.

Oggi le cose vanno un po’ meglio.

CLAIRE: Come può essere possibile che un Dio descritto come misericordioso, che vuole la felicità delle sue creature possa sentirsi gratificato nel chiedere o approvare di sacrificare la propria vita castrandola, amputandola di quelle possibilità che la renderebbero più gradevole?

GERTRUDE: Io non vedo le cose in quel modo. Se quando parli di “possibilità” intendi il matrimonio, la maternità, qui, proprio tu, hai detto con forza che vanno considerate come potenzialità e non obblighi.

Mi sono sentita libera nelle mie scelte, e sono stata felice.

Tu lo sei?

CLAIRE: Cosa c’entra ora questo! Non sono felice, ma a causa delle ingiustizie che vedo ripetersi da sempre sulle donne.

Dei miei pensieri, delle mie lotte non mi sono mai pentita.

Selene, ora parlaci di te.

SELENE: Io sono stata filosofa e scienziata nella patria della cultura ellenistica andata irrimediabilmente perduta.

Ho fatto della conoscenza la mia compagna di vita.

Ho sposato il sapere, la tolleranza e mai nessun uomo.

Anche io come Gertrude vissi secondo scelte mie e non imposte.

Ho pagato a caro prezzo la coerenza ai miei principi.

Fanatici e non uomini di fede come si proclamavano, mi hanno massacrata e ridotta al silenzio pensando di condannarmi all’oblio.

Vorrei essere ricordata per quello che sono stata: una donna coerente e libera.

GEORGE: Madeleine, lei è rimasta l’ultima. Che cosa può raccontarci di sé?

MADELEINE: Cosa posso dire, io? A dispetto di tutte voi non posso vantare nulla di eclatante. Di me esistono soprattutto i dipinti che mi fece un artista geniale italiano a Parigi di cui sono stata la compagna fedele e fidata fino alla fine. Quei ritratti mi hanno resa famosa.

Eppure, dicono che avessi talento per la pittura, doti artistiche che non ho espresso compiutamente con la dovuta forza e determinazione.

Gli ho fatto dono di tutta me stessa, della mia vita al punto di rompere i rapporti con la mia famiglia di origine e condividere con lui una vita di stenti.

(Claire prima di parlare guarda le altre poi si volge a Madeleine con aria infastidita)

CLAIRE: Ti sei immolata per lui, ti ha soggiogato alle sue necessità, al suo egocentrismo maschilista da genio incompreso ed incurante di chi gli stesse intorno, tutto ripiegato su sé stesso. Anche io ho amato un uomo di cui ho sempre riconosciuto una certa superiorità intellettuale, ma mai e poi mai ho fatto scelte che non avessi ponderato e fatte mie con indipendenza di giudizio.

(Con tono triste)

MADELEINE: L’avresti dovuto vedere! Era così malato nel corpo e nello spirito ed allo stesso tempo così estroso, profondo.

Non avevo scelta.

Io sola l’ho capito e liberamente amato anche quando lo vedevo consumarsi vittima dell’alcool e della malattia.

Il gesto, considerato da tutti folle, immorale, disperato, di gettarmi incinta dalla finestra di casa dei miei il giorno dopo la sua morte, lasciando orfana una figlia, l’ho vissuto come il naturale modo di condividerne la vita oltre la vita.

GERTRUDE: Come per Madeleine, la mia, che era fede in Dio, è stata una forma d’amore assoluta. Entrambe indiscutibili.

(Buio. Fine prima scena)

 

Scena seconda

(La scena si riapre con attrici/attore nelle stesse posizioni prima della pausa. Musica.)

GEORGE: Credevo che la letteratura potesse salvare il mondo, ma ha tempi lunghi, troppo lunghi.

Ci sono questioni urgenti da risolvere e voi donne, femmine forgiate dall’esistenza, avete il dono di un pragmatismo efficacissimo, quando non siete distratte dalla passione, e potreste avere più facilmente successo di noi.

SELENE: George, non è questione di sostituirsi a qualcun altro e risolverne i fallimenti e comunque la passionalità non può essere addotta come una colpa.

È mancata la metà del mondo che nella storia ha avuto poco o per nulla modo di farsi sentire, di dire le proprie ragioni.

Si tratta di assenza e soffocamento di un’opportunità.

Una chiara estromissione da parte di chi ci ha negato la dignità e trattate come un oggetto di proprietà considerandoci per quello che servivamo come fattrici o compagne nell’ombra.

MADELEINE: Non sarà necessaria una guerra, il femminismo non ha connotazioni violente ed esclusive.

La donna in potenza pensa al plurale; può mettere al mondo altri esseri sapendo che non sono una perfetta replica solo di sé stessa, ma una mescolanza che genera nuove identità.

CLAIRE: La libertà per la donna di essere sé stessa, aiuterà anche il maschio ad uscire da prigioni rassicuranti costruite su abitudini millenarie e liberarsi da ruoli che l’hanno relegato in stereotipi, mercé di un patriarcato imperante che spesso li ha costretti ad una forma di comunione, di cameratismo a vantaggio di solo una parte di loro. A tutti gli altri è stato insegnato, imposto in modo subdolo, che c’è un solo modo di essere uomo e da questo non ci si può discostare senza cadere nel disprezzo, nell’ironia, nella disapprovazione.

Ci aspetta un lungo e duro lavoro come madri perché dovremo imparare a crescere persone libere, soprattutto da pregiudizi, i maschi, non a discapito di sé stessa e delle altre donne che frequenterà.

Libere loro, prima di tutto, da un destino a cui si sono adeguate facendosi erroneamente una ragione del loro mal-essere perché convinte di non avere soluzioni: così doveva essere se così è andata.

SELENE: Avete parlato di identità femminile da trovare, da ricostruire.

Quella c’è, c’è sempre stata. È un falso problema.

Basterebbe il rispetto, la libertà di essere, di fare e la cosiddetta identità non avrebbe la necessità di essere descritta, venire sviscerata, scavata e riportata alla luce.

MADELEINE: Ha ragione Selene.

George, dove trova l’identità al femminile nelle nostre quattro storie?

C’è forse un unico modo di esserlo?

Poco o nulla sembra unirci. È inutile lo sforzo di trovarla in vite tanto diverse. L’identità è quella che emerge naturalmente, si trova nell’unicità delle nostre esperienze.

Semmai l’identità al femminile servirà di pretesto per far capire a tutti che un’identità di genere si rispecchia in quella della persona.

CLAIRE: Il Maschilismo è figlio del patriarcato. È un sistema di privilegi a cui anche le donne, poche, possono ricorrere per raggiungere risultati più agevolmente ed il sessismo ne rappresenta lo strumento che si inventa una superiorità di alcuni su altri ed in questo non è diverso dal razzismo. Pensare ad un matriarcato in contrapposizione non aiuterà però nessuno; servirà solo a far ricadere i piatti della bilancia dall’altra parte rispetto al patriarcato, ma è comunque un errore. Una bilancia non si riequilibra con la danza dei piatti che oscillano a turno prima da una parte e poi dall’altra, ma quando entrambi sono ben allineati.

(Le donne si riuniscono in un conciliabolo a voce bassa. George al pubblico)

GEORGE: Potremmo continuare a parlare per molto tempo ancora.

Non voglio abusare troppo della vostra pazienza.

Il nostro voleva essere una suggestione, un lievissimo gioco di teatro.

Magari qualcuno avrà riconosciuto chi si cela dietro i nostri nomi e sarà nata la curiosità di conoscere meglio loro, soprattutto.

Qualcun altro sentirà di essere d’accordo su poco o nulla di quanto è stato detto qui e rimarrà della propria idea.

Non è importante aver detto cose nuove né creare consenso a tutti i costi, lo fanno già altri per fama, per protagonismo, sfruttando bisogni e paure.

A noi basta aver gettato un sassolino nello stagno per dare vita a piccole onde di interesse.

Tornate alle vostre case.

La vita fuori di qui vi reclama…

(Breve pausa)

…ma non spetta a me l’ultima parola.

 (George fa un passo indietro e le quattro donne guadagnano la scena tutte allineate. Si scambiano un segnale guardandosi in volto. Poi si volgono verso il pubblico e parlano all’unisono.)

GERTRUDE, SELENE, MADELEINE, CLAIRE: Non chiediamo pietà, vendetta, riconoscimenti né il permesso di essere quello che siamo da sempre.

È solo questione di dignità, di cancellare ingiustizie e liberarsi della zavorra dei condizionamenti che vogliono far credere che nulla possa cambiare e che se le cose stanno così da tempi immemorabili è giusto che tali rimangano per colpe inesistenti e inique.

Non sappiamo che farcene di leggi speciali che ci favoriscano.

Leggi punitive, dichiarazioni forti e volitive di condanna, vengono tutte troppo prima o troppo tardi e sono il minimo che si possa fare, ma non spostano gli squilibri di millenni.

Non si tratta di togliere niente a nessuno, di pareggiare i conti come se fossimo vasi comunicanti con gli uomini e solo privandoli di qualcosa, a noi sia possibile acquisire quanto ci spetta, senza umilianti ed inutili contrattazioni.

Non cerchiamo compassione e nessuno sforzo di tolleranza.

Determinazione e coraggio non significano violenza, quella violenza che è solo capace di generarne altra in un girotondo infinito e che abbiamo subito ingiustamente ed ancora oggi subiamo per paura, per insicurezza, per ignoranza, figlie dei preconcetti che ci circondano.

Vogliamo essere libere di corteggiare, di essere corteggiate, di amare ed essere amate o di non esserlo affatto, di rispettare ed essere rispettate, di scegliere, di decidere.

Quattro vie, quattro possibili opzioni tra mille altre.

Nessuna migliore delle altre in assoluto.

Abbiamo prestato le nostre voci a tutte le donne che voce non l’hanno potuta avere e che ancora oggi la devono soffocare sotto il macigno di pregiudizi secolari.

Se tutti ci dessimo la mano per formare un’interminabile catena e ci guardassimo negli occhi, uomini e donne, in silenzio, con l’onestà che viene dalla verità, cadrebbero le lenti deformanti con cui siamo state guardate per secoli,

ed invece che…

MADELEINE: solo madri, sorelle e figlie

CLAIRE: il diavolo,

SELENE: le streghe,

GERTRUDE: le dissolute tentatrici di Adamo,

MADELEINE: le belle e sceme,

CLAIRE: le prostitute

SELENE: le brutte e intelligenti

GERTRUDE: quelle alienate ciclicamente con i ritmi della luna

GERTRUDE, SELENE, MADELEINE, CLAIRE: e quanto di limitante o di avvilente o di peggio si possa dire su di noi con insolenza e brutalità,

tutti vedrebbero finalmente

quello che semplicemente siamo:

donne… soprattutto persone.

 (Buio in scena mentre si riascolta la fuga del brano.)

FINE

CANTO MULIEBRE PER QUATTRO VOCI ED UN POETA Complimenti Giuseppe Raineri, un ottimo testo che merita di essere portato in scena; questo è il nostro augurio

 

Flavio Provini: 1° classificato nella Sezione Poesie

 

Flavio Provini: 1° classificato nella Sezione Poesie

del Concorso Letterario L’Arte della Parola e dell’Arte Coreutica

come presentare Flavio Provini autore?

E’ arduo perché ha mietuto successi, riconoscimenti, premiazioni in tutti gli innumerevoli Concorsi Letterari in Italia e all’estero a cui ha partecipato.

Appassionato di poesia e narrativa ed avido lettore di romanzi, racconti e saggi scrive poesia nelle più svariate forme: in verso libero, in rima, in metrica o nelle forme chiuse o brevi.

Alcune sue opere sono pubblicate online ed anche edite nelle antologie in formato cartaceo o e-book; di alcune di esse è stato gratuitamente realizzato un audio-video facilmente reperibile sul web.

A Flavio Provini sono stati assegnati circa 300 premi ai quali si aggiunge la nostra Targa di Premiazione

Flavio Provini: 1° classificato nella Sezione Poesie

e ci piace pensare, anzi, ne siamo certi, che Flavio le attribuisca l’identico valore che noi proviamo e che abbiamo espresso con la seguente motivazione:

componimento di forte impatto emotivo, possente intensità del messaggio, modalità di scrittura ricercata ma godibile, eccellente la forma e la competenza linguistica, la felice ripetizione di alcuni verbi dona musicalità al testo

Congratulazioni Flavio Provini.

“Il dono
(dedicata a Liliana Segre)

Non parlerò di sbuffi dai camini
su un cielo opaco di silenzio e polvere
né del brutale marchio sulla pelle
come se fossi bove al mattatoio,
del brancolare eretti sulle gambe
ossute come giunchi per inedia,
il collo stretto da un nodo scorsoio
che solo un Dio lontano districava.

Non parlerò delle urla alle torture

o delle sillabe acri nelle gole

vomitanti ansia sporca di morire,

né delle mutazioni dell’odiare,
né di quegli occhi persi a non vedere,
non parlerò di piombo o denti d’oro
o dei capelli a terra per sottrarli
alla fornace che le ossa scioglieva.

Porterò come strenna di Natale
al tempo sordo, cieco ai memoriali
il dono di chi da Auschwitz è tornato
e come agnello mai sacrificato
urla l’accento acuto della storia
di anime schiave di una folle legge,
nutre il ricordo di quella mattanza
affinché cali un raggio di speranza
che abbracci prati verdi non spinati.

Porterò un dono in nastro rosso sangue
e umida carta di innocenti lacrime,
con la sorpresa laica del perdono
per chi oggi ancora, nella notte ignora
chi lassù agli Inferi fu bestia e fumo.”

 

 

 

 

 

Non semplici Sponsor…

Non semplici Sponsor…

 

Non semplici Sponsor…

ma anche e soprattutto persone che, da sempre, credono e ci affiancano nella diffusione della cultura, della poesia, della letteratura, del teatro e della Danza.

Il profondo rapporto che il tempo ha consolidato si basa sulla stima, sull’unione degli intenti e sulla certezza che la Cultura – nelle molteplici espressioni – riesca a migliorare tutti noi parlando un linguaggio comune.

La Danza, la Poesia, il Racconto, il Testo teatrale sono tutte espressioni dell’anima ed il sentimento artistico si manifesta sia attraverso la parola scritta che con il movimento armonico del corpo.

L’Arte nelle sue varie declinazioni non ha un confine rigido, ben definito; è estremamente mobile e fluttuante come una piuma così come è il pensiero umano.

Cerchiamo di conoscere meglio i nostri sostenitori:

Non semplici Sponsor…

Il Teatro Barnum Gianicolense che insieme al Barnum Seminteatro hanno costituito la location dei nostri tradizionali incontri per la consegna dei premi; molti autori sono stati, nel corso degli anni, nostri graditi ospiti.

Il Direttore Artistico, Gabriele Mazzucco, membro della Giuria per la valutazione dei testi teatrali, insieme alla Compagnia teatrale ci hanno sempre accompagnato nella presentazione e recitazione delle poesie nelle varie edizioni del Concorso.

Il Covid 19 ha imposto la chiusura dei teatri ma il Barnum non si è perso d’animo ed ha continuato la sua attività “on line” con la sua formazione teatrale di recitazione, lezioni-spettacolo, e recentemente con il prestigioso progetto teatrale “on air” denominato RE.TE. FESTIVAL.

Complimenti a Gabriele, alla Compagnia e agli allievi tutti per aver saputo affrontare e superare con le dovute regole sanitarie le attività: il Teatro è vivo.

Grazie Gabriele

Non semplici Sponsor…

Nella persona del Dr. Dario Barchiesi e del suo Staff che hanno sposato il concetto della valorizzazione della Cultura.

Investire in Cultura, per una banca, evidenzia la sua volontà di credere e proporre nuovi riferimenti economici e sociali che si traducono nella “responsabilità sociale dell’impresa” oltre all’etica aziendale.

La BCC Roma ha recepito con lungimiranza la necessità di investire per la Cultura istituendo, tra l’altro, la Fondazione Enzo Badioli tramite la quale ha erogato Borse di Studio e promosso Concorsi delle Idee.

La BCC Roma è consapevole che il ritorno degli investimenti non si misura in termini economici ma solo in termini di crescita sociale, di accrescimento culturale che generano senso di appartenenza verso l’istituto di credito.

Particolare merito è da riconoscere alla BCC Roma che in questo periodo emergenziale ha messo in campo soluzioni aggiuntive e migliorative a favore di cittadini ed imprese; una preziosa banca “di comunità”

Grazie Dr. Barchiesi

Non semplici Sponsor…

Con la sua Direttrice Artistica Catia Di Gaetano che ha fatto parte della Giuria.

Sia l’Accademia delle Arti che la Direttrice sono Membri ufficiali CID (Conseil International De La Danse)

La Maestra Katia Dimitri, del Teatro Bolshoi di Mosca, è stata la sua prima insegnante. Catia si è recata poi presso la Royal Ballet School a Londra per seguire tutto il percorso professionalizzante fino a conquistare il livello Advanced sia come ballerina che insegnante. Il suo diploma di laurea in Advanced Teacher ha ricevuto l’onore di essere firmato dalla compianta “Dame” Margot Fonteyn. Catia di Gaetano segue il metodo Vaganova e si perfeziona in danza contemporanea. Non manca inoltre di diplomarsi in danza modern jazz. E’ chiamata come docente in varie scuole in Italia per poi fondare nel 2013 la “SuaAccademia delle Arti dove trasmette agli allievi professionalità e amore per la danza circondandosi di valenti maestri.

Poiché, come sopra detto, l’Arte non ha confini e si esprime nelle varie forme, fonda nel 2019 la sezione “Arti & Spettacolo” volta allo studio del Teatro, Musica, Canto.

Un altro prezioso accredito è stato recentemente rilasciato all’Accademia delle Arti la quale è stata nominata Centro RAV Ufficiale di Roma dove, oltre agli esami RAD, si svolgono anche gli esami Vocational

Grazie Catia

Non semplici Sponsor…

Luca Panzarella ha lanciato la piattaforma online www.concorsiletterari.net nel lontano 2005, sito che oggi raccoglie ogni anno circa 600 concorsi letterari di tutta Italia, totalizzando più di due milioni di pagine viste all’anno.

È la piattaforma più considerata e più affidabile e da qualche anno ha lanciato anche una sezione di corsi online di scrittura e un blog per aspiranti scrittori.

Grazie Luca Panzarella

Da parte nostra rinnoviamo i nostri ringraziamenti a tutti i partecipanti ed ai componenti della Giuria; un particolare saluto di benvenuto ai concorrenti della Sezione Danza introdotta per la prima volta nell’ambito di un Concorso Letterario.

A presto