By Martina Servidio
O anche crisi dei valori umani?
Questa riflessione è scaturita durante un interessante colloquio avuto recentemente con un mio mentore, Andrea.
Tutti noi parliamo sempre e soprattuto dell’attuale e profonda crisi economica e dell’altrettanta pericolosa crisi sanitaria causate ambedue dalla pandemia ma, ben pochi, mettono in primo piano una crisi più grave che ci corrode dentro.
Parlo della crisi dei valori umani.
Ritengo che ci dovremmo preoccupare molto di più della nostra società che attribuisce maggiore importanza ad una persona dotata di cospicue risorse economiche e dalla forza che gli deriva dalla posizione di previlegio che ricopre nella comunità mentre, il comune cittadino, viene perlopiù ignorato e a cui non vengono riconosciuti, o riconosciuti a prezzo di estenuanti battaglie, i suoi basilari diritti.
La vita quotidiana ci mette sempre davanti agli occhi dei “minuscoli esseri” che sono alla costante ricerca di beni materiali nel tentativo, spesso vano, di colmare un profondo vuoto interiore, una cronica insoddisfazione; essi si costruiscono una felicità di facciata nel tentativo di nascondere la loro solitudine “spirituale”
Molto spesso, questi, esercitano il loro potere soverchiando e soggiogando – spesso in maniera surrettizia – il proprio prossimo.
Possiamo dire che viviamo in una società in cui la tensione è puntata a produrre ricchezza ma che ci rende poveri dentro?
Dovremmo mettere un freno alla logica materialista ed accendere i riflettori anche sull’aspetto umano della società e sulla sua crescita morale.
Lo “Smart Working”, resosi necessario per reagire alla crisi sanitaria che imponeva il distanziamento anche negli uffici, è forse diventato un “mostro” che fagocita i tempi e la vita, anche familiare, delle persone?
Non lascia spazio né orari “sacri”, il PC è sempre on line perché si deve essere pronti a rispondere alle richieste di riunioni anche estemporanee.
Non è stato forse messo in piedi un sistema, inizialmente dettato dall’emergenza, che invece è ora diventato una routine di lavoro?
Non si corre il rischio di “overload work” come paventano gli analisti che stanno studiando il fenomeno e le sue implicazioni?
“Credo dipenda dal sistema che abbiamo implementato e che, volenti o nolenti, continuiamo ad alimentare perché lui alimenti noi”; queste sono le parole che mi hanno indotto alla riflessione.
Ritengo sia necessario auspicare una inversione di tendenza del comune pensiero e che proponga, soprattutto ai giovani, l’idea che la vera felicità non è solo avere beni materiali ma soprattutto la ricchezza interiore che si manifesta nell’altruismo, nella solidarietà, nella generosità e cosa ben importante nel rispetto di noi stessi e del prossimo. Queste qualità dell’animo vanno coltivate giorno per giorno; solo così potremo rendere il singolo individuo una persona migliore.
Certamente le risorse materiali sono importanti, ma niente e nessuno potrà mai privare una persona della sua ricchezza interiore, della sua reputazione, della sua figura stimata.
Queste ricchezze interiori lo accompagneranno nel tempo e nel ricordo, anche dopo il suo viaggio terreno.
Grazie, Martina Servidio.