“Torino, ani 60′-70‘”. Una città operaia nel vero senso del termine. Buona parte del quotidiano ruotava attorno alla FIAT, l’icona ella filiera automobilistica italiana. Una città che, a partire dal primissimo dopo guerra fino a buona parte degli anni 80′, ha conosciuto i picchi più alti dell’immigrazione nostrana. Immigrazione che, purtroppo, fece conoscere anche i lati più oscuri, più brutti, fatti di odio e intolleranza. Sgomento e amaro in bocca regnarono per anni anche nella città Sabauda. Non solo questo e il lungo periodo degli “anni di piombo“.
“Via Botero”. Il cuore del centro storico torinese, a pochi passi da Corso Galileo Ferraris, Piazza Solferino e dal Museo Egizio. E’ qui che nacque, tantissimi anni fa, lo Swing Club. Un’isola felice? Un’incantevole oasi? Semplicemente un delizioso, piacevole angolo artistico-culturale e musicale che, per poco più di due decenni, è stato il luogo dove si son esibiti i nomi più importanti del jazz americano. Fondato da Marco Barazzotto, gestito successivamente da Nini Questa e Toni Lama, allo Swing Club sono approdati e sin esibiti nomi del calibro di Mal Waldron, Art Farmer, Lou Bennett, Dizzy Reece, Slide Hampton, Barry “Kid” Martin, Michel Roque, Charlie Beal, Phil Wood, la European Rhythm Machine capitanata da George Gruntz, Henry Texier e Daniel Humair, Kenny Clarke, Art Blakey, Gato Barbieri e Chet Baker. Fra i migliori interpreti di uno dei generi più amati in assoluto nel Grande Continente, Giorgio Bartolucci e Ruben Bellavia. Tutti mostri sacri che hanno scritto pagine importanti della storia musicale a stelle e strisce, raccontando però significativi aneddoti anche nel nostro paese. “Subito dopo Parigi, varcare le porte torinesi era, per loro, una missione d’obbligo”. Musica di altri tempi faceva da padrona dentro le mura del noto locale: uno stile musicale che spingeva le menti umane ad immergersi e concentrarsi solo sulle note e la melodia, senza minimamente lasciar spazio ad altre questioni o pensieri.
Il giornalista Piero Angela, il regista Pupi Avati, Tullio De Piscopo, Enrico Rava e Dino Piana, i testimonial d’eccellenza di un periodo particolare, bello e, forse, unico per la città di Torino. Oggi dello Swing Club rimane solo un nome che ha fatto storia e tanti ricordi. Il tempio musicale è stato sostituito da un esercizio commerciale “Compro Oro”, ma questo non ha impedito di far tornare alla luce quegli anni. “Compro Oro. Vivere jazz, Vivere Swing”. Da un’idea di Toni Lama, un film documentario, con la regia dello stesso Lama e di Marino Bronzino che cura anche la sceneggiatura insieme a Giulia Passera. I brani, componenti la colonna sonora, portano la firma di Fabio Giachino. Un’idea, un progetto che ha avuto il pieno appoggio del Piemonte Doc Film Fund; è disponibile, a partire da oggi, presso la sala cinematografica “Fratelli Marx”, fino al 01 novembre e dai primi del prossimo mese in poi, lo si potrà vedere scaricandolo dalla piattaforma Ownair. Presto e su richiesta, vedremo questo documentario anche in altri cinema d’Italia.
“Vivere Jazz, Vivere Swing”: “la Torino “jazzista” che fu”. Solo pochi intenditori, fortemente nostalgici, la ricordano. Letteralmente sconosciuta alle generazioni odierne.